Giovedì 11 dicembre 2014, alle ore 18.00, all’Istituto Svizzero a Milano (via Vecchio Politecnico 3), si terrà la conferenza di Noah Stolz, dal titolo The Orgosolo Laboratory Project.
Nel corso del suo intervento, Noah Stolz, curatore di Voglio vedere le mie montagne, un progetto realizzato nell’ambito di “Viavai – Contrabbando culturale Svizzera-Lombardia”, utilizzerà i materiali e le documentazioni audio e video raccolti durante lo shooting del film, prodotto dallo stesso Stolz, “Una Cuba mediterranea” dell’artista e filmaker italo-svizzero Marco Poloni di cui è in corso, fino al 20 dicembre, all’Istituto Svizzero, la personale Codename: Osvaldo, case study #1: The Pistol of Monika Ertl.
The Orgosolo Laboratory Project nasce con l’intento di allacciare rapporti con la popolazione di Orgosolo, luogo che è stato tra la fine degli anni ’60 e i primi anni ’70 teatro di una rappresentazione spontanea della resistenza allo stato italiano. La rivolta di Pratobello è stata messa in atto dai cittadini di Orgosolo nel giugno del 1969 aprendo in quei tempi un capitolo di speranza e di rivalsa anelato da molti intellettuali di sinistra. Tra questi vi era anche Giangiacomo Feltrinelli.
Sul soggiorno di Feltrinelli ad Orgosolo sono state fatte molte ipotesi; al vero evento si sovrappone la leggenda i cui tratti rimangono poco chiari. Il fatto storico consiste però nel successo politico che i militanti del Circolo Giovanile Orgosolo ottennero per mezzo della lotta, respingendo a suon di manifestazioni il progetto d’insediamento di un poligono di tiro della Nato.
A questo fatto si aggiungono le mitologie createsi attorno alle vicissitudini di alcuni banditi e presunti militanti della stessa regione, ritratti da Vittorio de Seta e diventati il simbolo della ferma ed autentica determinazione all’autonomia dei sardi. Si dice che Feltrinelli andò appositamente ad Orgosolo per incontrare i banditi. In quegli stessi anni Orgosolo diventa il luogo di proiezione di desideri intimi e sfrenati di utopia da parte degli artisti che vi giungono, tra questi la Compagnia di Teatro Dionisio.
A Orgosolo rimane la tradizione del murale politico, una traduzione locale del muralismo messicano, ma anche una tradizione che aveva già radici popolari in questa regione. La città diventa poi, anche se con tutti i paradossi del caso, un museo a cielo aperto, in cui la rappresentazione figurativa serve ad esprimere le idee politiche di una collettività o almeno di certe parti di essa. Pian piano però quella che era soprattutto una contestazione al potere precostituito diventa la manifestazione mediata di un rapporto del borgo con il resto del mondo. I temi si fanno più internazionali e su alcuni dipinti compaiono marchi come Coca Cola, Kodak e persino il sigillo del comune che commissiona alcuni murali con scopi in parte anche ambigui, mentre la didattica delle scuole propone workshop in cui i bambini dipingono vicoli interi ricopiando opere astratte di artisti famosi del passato o ispirandosi alle immagini della cultura popolare globalizzata.
Al centro di Orgosolo vi è l’ex-municipio, un grande palazzo bianco con tutte le persiane sprangate, su di esso alcuni tra i graffiti più importanti e anche molti spari.
Se i graffiti storici trasformano l’edificio in un monumento legato alla rivolta di Pratobello e alla cacciata del sindaco di allora; gli spari datano invece diverse epoche, alcuni risalgono ai fatti storici mentre altri testimoniano un continuo ripetersi del gesto in assenza di una reale coscienza delle sue origini.
Sono passati quasi 50 anni dai fatti di Pratobello e il “vuoto del potere” che l’immagine del municipio trasmette pienamente, come anche l’incontro con alcune volenterose e disponibilissime persone del posto, hanno spinto Noah Stolz a decidere di dar luogo ad un evento a conclusione dello shooting del film.
Il risultato è appunto il laboratorio di Orgosolo.
Voglio vedere le mie montagne è un progetto realizzato nell’ambito di “Viavai – Contrabbando culturale Svizzera-Lombardia”, un programma di scambi binazionali promosso dalla Fondazione svizzera per la cultura Pro Helvetia e realizzato in partenariato coni cantoni Ticino e Vallese, la città di Zurigo, la Fondazione Ernst Göhner e con il patrocinio degli Assessorati alla Cultura della Regione Lombardia e del Comune di Milano.
L’evento, strutturato in tre tappe, sta già vivendo il suo primo appuntamento con la personale dell’artista italo-svizzero Marco Poloni che presenta, fino al 20 dicembre 2014 all’Istituto Svizzero di Milano (via Vecchio Politecnico), il ciclo Codename: Osvaldo e proseguirà, dal 7 febbraio al 15 marzo 2015 al Museo MA*GA di Gallarate e al Museo Cantonale di Lugano, dal 14 febbraio al 15 marzo 2015, con la mostra che dà il titolo all’intero progetto.