Dall’11 dicembre 2015 al 20 novembre 2016, per tutta la durata del Giubileo straordinario della Misericordia, voluto da papa Francesco, il Museo Diocesano ospita la Madonna della Misericordia di Antonio da Fabriano.
L’immagine della Vergine, di proprietà dell’Istituto Toniolo di Milano, è un dipinto, un olio e tempera su tavola, realizzato da maestro marchigiano intorno al 1470, è ed è stato recentemente oggetto di un accurato intervento condotto dallo Studio di restauro Carlotta Beccaria & C.
“Il Museo Diocesano – afferma il suo direttore, Paolo Biscottini, che ha nel tempo sviluppato una relazione con la Città, desidera offrire nel corso del Giubileo la possibilità di meditare sul significato e sull’intenzione stessa di Papa Francesco. Lo fa con una meravigliosa tavola del XV secolo, generosamente concessa dall’Istituto Toniolo, che ci consente di recuperare il senso iconografico della Madonna della Misericordia. L’immagine ci invita a riunirci sotto il grande manto di Maria, ad entrare nel suo spazio sacro. Lì può iniziare una nuova storia per ciascuno di noi ed anche per il Museo, che si pone idealmente in questo luogo.
L’opera rientra perfettamente in una tipologia di stendardi processionali dipinti su entrambi i lati, che risulta ampiamente diffusa nel Quattrocento marchigiano. Sul recto, appare la Madonna della misericordia che raccoglie sotto il suo manto uno stuolo di fedeli, rappresentativi della comunità fruitrice della tavola. Alla sua destra si stagliano in primo piano, emergendo dai numerosi copricapi colorati, un vescovo, che occhieggia da dietro il fusto della Vergine, un cardinale e un papa, cui fa seguito un signore di mezz’età e due membri di una confraternita, vestiti di bianco e incappucciati. Al laico fa specchio, sull’altro lato, una donna più giovane, verosimilmente la moglie, che si stacca dal gruppo delle altre devote e indossa un bell’abito rosso con le maniche aperte e pendenti, coerente con le tendenze della moda dopo la metà del Quattrocento.
Ai lati della Vergine si trovano San Sebastiano, trafitto da quattordici frecce, e un santo vescovo, non identificato da attributi specifici.
Del verso, fino a tempi recenti, si conosceva solo l’immagine di San Bernardino da Siena – a destra di chi guarda – e un frammento della figura di San Giovanni Battista, mentre la metà sinistra del dipinto era stata coperta per occultare le perdite della pittura originale.
In entrambe le facce del dipinto le figure campeggiano al di qua di un fondo blu, alternativo all’oro e forse scelto per ragioni di economia; caso unico in Antonio da Fabriano, ma visibile in almeno un altro stendardo francescano della zona di Fabriano. Solo sul recto è agganciato ai bordi del fondale grazie a quattro anelli un tessuto decorato, assimilabile al drappo d’onore che nelle figurazioni della Vergine seduta riveste il trono.
Per l’occasione è stato pubblicato un catalogo, edito da Scalpendi Editore, a cura di Paolo Biscottini.
Note biografiche
Antonio da Fabriano, documentato dal 1447 al 1489 prevalente nella sua città natale, fu tra i protagonisti della pittura del primo Rinascimento nelle Marche. Fondamentale per la sua carriera artistica fu l’esperienza maturata a Genova, ove è documentato nel 1447-48, ambiente nel quale venne in contatto con la pittura fiamminga diffusa in quel territorio. Rientrato poco dopo a Fabriano, eseguì nel 1451 il suo capolavoro, la tavola con San Girolamo nello studio del Walters Art Museum di Baltimore, profondamente influenzata dalla pittura di Jan van Eyck. Venne quindi in contatto con altri esponenti del Rinascimento marchigiano, l’urbinate fra Carnevale, i camerinesi Giovan Angelo di Antonio e Giovanni Boccati; ed ebbe forse la possibilità, forse per il tramite di questi artisti, di conoscere l’arte di Piero della Francesca. Tra le sue opere si ricordano il trittico della chiesa parrocchiale di Genga (1474), la pala del Museo di Belle Arti di Budapest, gli affreschi del convento di San Domenico a Fabriano (1480 circa). La pittura di Antonio da Fabriano, densa di verità luministiche, intrisa di riflessi lucidi e colori brillanti, si pone tra le voci più accattivanti del Quattrocento, per la sintesi originale di diversi moventi figurativi: dall’eredità di Gentile da Fabriano alla pittura fiamminga, dai riflessi del Rinascimento toscano all’intensa vena espressiva propria dei maestri della sua regione.