“Quest’anno non andrà come l’altra volta. Quest’anno faremo una partenza lanciata”. Sono passati poco più di due mesi da questa dichiarazione perentoria di Massimiliano Allegri, l’allenatore più detestato della storia del Milan dai tempi di Gustavo Giagnoni, reo di aver sbattuto in panchina Gianni Rivera (roba di 40 anni fa). Ma è andata addirittura peggio. Dopo 11 turni il Milan ha due punti meno dell’anno scorso, è staccato di 19 punti dalla Roma capolista, di 16 dalla zona Champions mentre la zona retrocessione è ben più vicina: 3 punticini. Si dirà: ma in fondo c’è poca differenza. E invece qualche piccola differenza c’è.
1) La partenza disastrosa dello scorso anno aveva convinto Berlusconi a far fuori Allegri, e la successiva rimonta non era servita a fargli cambiare idea. Ma alla fine il Cavaliere aveva dovuto fare marcia indietro. Non si era preparato alternative credibili (Seedorf non aveva neppure il patentino di allenatore), ma soprattutto si era misurato con la durissima opposizione di Galliani, che aveva fatto quadrato intorno al suo pupillo. Per questo motivo, oggi, sul banco degli imputati non c’è più Allegri, destinato presto o tardi (e si spera presto) a lasciare la panchina rossonera. C’è Galliani, l’indiscusso plenipotenziario di via Turati almeno dal 1994, ovvero da quando Berlusconi lasciò la presidenza del Milan per quella di Palazzo Chigi.
2) Un altro déjà vu riguarda Barbara Berlusconi, l’irrequieta BB della dinastia che già in passato aveva sparato a zero sulla gestione Galliani. Allora era stata liquidata come una ragazzina incompetente e viziata. Oggi il giochetto è più difficile. Barbara ha scelto un timing perfetto. La tifoseria inferocita di San Siro, Galliani costretto a lasciare la tribuna sotto le urla e gli insulti dei rossoneri vip. E poi le argomentazioni addotte sembrano più efficaci che in passato.
3) Di cosa accusa Galliani, la vice presidente? Di cose che sono sotto gli occhi di tutti. Leonardo allenatore non ha lasciato grandi rimpianti a Milanello. Leonardo osservatore del mercato sudamericano invece sì, visto che era stato lui a portare negli anni i vari Kakà, Pato e Thiago Silva. Non risulta che sia mai stato sostituito. La campagna acquisti ha assunto toni grotteschi. Dopo due anni di corteggiamento da parte di Galliani, la Juventus ha ingaggiato Tevez per 9 milioni di euro. E questo può capitare, in tempi di austerity. Quello che non può capitare è che il Milan acquisti poco dopo dalla stessa Juve, e per una cifra superiore (11 milioni) un attaccante come Matri, che di Tevez è la pallida controfigura. Inoltre, è difficile dimentica che due mesi fa, di fronte alle perplessità degli addetti ai lavori e dei tifosi, Galliani rassicurò: “Abbiamo la coppia di centrali più forte del campionato. Non occorrono rinforzi in difesa”. Undici partite e 19 gol più tardi si capisce chi aveva ragione.
4) Il Milan ha una storia ingombrante, fatta di tanti successi e di campioni di grande personalità. Alcuni di loro hanno cessato per limiti di età, altri sono stati accompagnati alla col beneplacito di Allegri. In almeno un caso si è trattato di un errore clamoroso: si pensi a Pirlo, il miglior centrocampista italiano degli ultimi vent’anni, ceduto a zero euro alla Juve che da allora non smette di vincere. Una cosa sola hanno in comune: il risentimento nei confronti di Allegri. Il quale, avendo il carisma e la personalità di un sommellier, non tollerava rivali nello spogliatoio. Ora a Milanello abbiamo tutto, creste orecchini tatuaggi, tranne gente che in campo sappia prendere per mano la squadra, a parte forse Kakà. E questa situazione non cambia, quale che sia l’esito della partita di stasera col Barcellona.
5) Da ultimo, girano oggi voci di liquidazioni stellari in caso di dimissioni di Galliani. Già il fatto che se ne parli dà l’idea della dimensione della crisi e l’ostinazione nella difesa di Allegri non ha fatto che allargarla. Nei fatti, in realtà, Galliani non rischia il posto. Berlusconi oggi fa la spending review anche sui fagiolini, ma a parte il folclore non ha mai rotto con il suo inner circle, quello dei Confalonieri, dei Doris, dei Dell’Utri e, appunto, di Galliani. Ma questa volta, a differenza di un anno fa, dal confronto con Barbara esce ammaccato. Per due buone ragioni. La prima è che il Cavaliere ha una straordinaria capacità di lasciare aperti tutti suoi problemi (giudiziari, politici, aziendali, familiari) senza mai chiuderli davvero, ed è questa la ragione per cui si trova nella situazione in cui si trova: per cui ha pochissima voglia di aprire una fronte con la figlia, alla quale tra l’altro non ha offerto poltrone paragonabili a quelle di Mondadori e Mediaset, ma il Milan più povero del ciclo berlusconiano. La seconda è che Barbara, in questo momento, parla la stessa lingua dei tifosi.