Non credo che vedro’ il derby. Meglio un cinema, e meglio ancora un film di genere etnico, dove gli spettatori non se ne stanno perennemente connessi e sussultano a ogni gol. Sospetto che non saro’ il solo. La tifoseria rossonera, pur con tutta la simpatia per Inzaghi, e’ profondamente depressa, e non e’ difficile capirla.
Per anni siamo stati a pasteggiare a caviale e champagne anche per colazione. Da qualche tempo il menu prevede pane e acqua anche per il cenone di Natale. Dal punto di vista dell'”origination”, come direbbe un banchiere, la struttura della squadra che mettiamo in campo ogni maledetta domenica e’ presto fatta: 6 o 7 parametri zero, 2 o 3 giocatori del vivaio, 2 o 3 pagati (poco: il piu’ costoso, ovvero Matri, l’abbiamo prestato al Genoa per disperazione). I parametri zero possono andare bene (De Jong) o male (Essien) ma si tratta in tutti i casi di scarti degli altri, e con gli scarti non si va lontano.
Per dirne una, il Palermo che tre settimane fa ci ha dato una dura lezione a San Siro, ha un organico nel quale Zamparini ha investito piu’ di quanto abbia fatto Berlusconi per questo Milan. Investito, non speso, perche’ e’ evidente che Berlusconi spende piu’ di Zamparini: per esempio, spende 9 milioni l’anno per lo stipendio di Mexes. Ma questo non e’ un investimento, e’ appunto solo una spesa o meglio uno spreco.
Per dirne un’altra, il Milan che Berlusconi rilevo’ a costo zero dal Tribunale fallimentare trent’anni era esattamente una societa’ fallita ma la squadra, in difesa schierava Tassotti, Baresi, Galli e Maldini (da destra a sinistra): era quindi una squadra nettamente superiore a quella che scendera’ in campo domenica.
E poi c’e’ l’Inter, o meglio gli interisti, per i quali vale una vecchia definizione: l’interista, prima di essere interista, e’ anzitutto un antimilanista. E’ il sentimento di rivalsa di quelli che non hanno nulla da dire fin dal nome (che significa Inter? boh) ma lo dicono con tutto il fiato che hanno in gola, condannati a prescindere a essere la seconda squadra di Milano, perche’ chi e’ di Milano e ama Milano si riconosce nella squadra della citta’. Al punto che se, legittimamente, il simpatico Thohir decidesse di iscrivere l’anno prossimo l’Inter al campionato indonesiano, Milano resterebbe sempre una delle capitali del calcio, con 7 Champions vinte, seconda in Europa solo a Madrid.
Quindi, pur con tutte le polemiche e le dita negli occhi con la Juve, per gli interisti sono solo due le partite che contano davvero in una stagione: il derby di andata e quello di ritorno. Si levan le tombe, si svuotano le infermerie, si cambiano gli allenatori: tutto, pur di vincere il derby e sentirsi, anche solo per un giorno, i padroni della citta’. Ed e’ esattamente quello che e’ successo anche questa volta: via Mazzarri, dentro Mancini, e l’entusiasmo torna a serpeggiare, il ricordo di un’epopea. E pazienza se a propiziare quell’epopea fu una sentenza della Federcalcio che azzero’ tutti gli avversari della Beneamata, compresi quelli che non avevavo nulla da rimproverarsi, ovvero il Milan.
Forse hanno ragione loro, forse non resta che il derby per una citta’ che e’ stata il faro del calcio europeo (Inter e Milan insieme le 10 Champions le hanno raggiunte prima del Real) mentre oggi sommando i punti di rossoneri e nerazzurri siamo dietro le due squadre di Roma, Torino e persino Genova. E allora meglio il cinema. Una vittoria interista non insegnera’ a Nagatomo a stoppare la palla, ne’ Vidic smettera’ di fare figure ridicole in area di rigore.
Meglio il cinema, e via coi ricordi. Tutti sanno che cos’e’ stato l’11 settembre 2001, ma vi ricordate il ben piu’ importante 11 maggio 2001? Milan-Inter 6 a 0, il piu’ grande divario della storia del derby, l’Inter allenata da Tardelli schierata a uomo, ultima squadra professionista a farlo in Italia. Zanetti su Serginho, un mezzofondista a guardia di uno scattista che fece quattro assist e un gol. L’ottimo X avier riusci’ a intercettare il brasiliano solo al 90.mo, per stringergli la mano a fine partita. Che tempi….