Baratro rossonero. Solo la matematica, derivata dalle quattro partite che restano a disposizione prima della fine del campionato, impedisce ancora di accostare la parola ‘fallimento’ alla stagione del Milan, certo però che le sensazioni sono negative, proprio come le prestazioni dell’ultimo mese e mezzo, che ha quasi cancellato del tutto il buon lavoro fatto in precedenza.
La classifica, tanto per cominciare, non basta più: con la sconfitta di Torino i rossoneri sono scivolati dal quarto al sesto posto, peraltro in attesa che l’Atalanta giochi il posticipo contro l’Udinese (ore 19). Se oggi Gasperini raccogliesse anche solo un pareggio, ecco che il Milan si ritroverebbe addirittura fuori dall’Europa League, peraltro con la Lazio, vittoriosa ieri a Genova e in grande ripresa, alle calcagna. Insomma, lo scenario è da brividi ed è evidente che vada affrontato “a gamba tesa”, tanto che non si può escludere nessuna possibilità, nemmeno quella di un clamoroso cambio in panchina per tentare il tutto per tutto.
“Se mi sento a rischio esonero? Chiedetelo alla società – ha sospirato Gattuso – Io mi sento responsabile e non mi tiro indietro, in questo momento è una squadra che non riesce a reagire, che fa fatica. Quando vedo che i giocatori non riescono a reagire nemmeno in allenamento non posso venire in conferenza e raccontare quello che non vedo”.
Parole che pesano come macigni e che sanno tanto di resa anticipata: un bel problema considerando che mancano ancora quattro partite, peraltro non impossibili, da vincere per raggiungere un quarto posto (anche se non dipende più solo dal Milan) quantomai fondamentale. Servono lotta e spirito di sacrificio, oltre che idee di gioco: tutto ciò, insomma, che è mancato a Torino, dove i rossoneri si sono letteralmente squagliati sotto i colpi di Belotti (58’ su rigore) e Berenguer (69’), prima che Romagnoli mettesse un bel punto esclamativo sul disastro facendosi espellere per proteste (82’).
Ma i meriti dei granata, a questo punto in piena corsa per la Champions, vanno al di là dei gol e si sono palesati sin dall’inizio con una prestazione nettamente migliore, sotto tutti i punti di vista. Il Milan s’è limitato a ciondolare per il campo senza troppa convinzione, nella speranza che un episodio potesse volgere la gara a suo favore ma questo non è arrivato né sullo 0-0 né dopo aver preso il primo gol, come testimoniato dalla traversa colpita da Bakayoko.
Ora non resta che guardarsi in faccia (Gattuso e la dirigenza lo hanno già fatto nella notte) e capire come uscire dalla crisi, con la consapevolezza che i bonus, questa volta, sono davvero esauriti.
Se il Milan piange anche a Napoli non si ride di certo: la vittoria di Frosinone, infatti, non è bastata a rasserenare un ambiente molto deluso. Le ennesime avvisaglie si erano avute nella notte pre-gara, quando in Piazza del Plebiscito era apparso un enorme striscione che lasciava pochi dubbi sull’umore del popolo azzurro, o quantomeno della sua parte più rumorosa.
“Carletto ultimo prescelto per prendere in giro tutti senza un vero progetto” hanno scritto gli ultras, che dopo le parole sono passati ai fatti, respingendo la maglia che il capitano di giornata Callejon aveva portato sotto il settore ospiti dello Stirpe. Doveva essere un gesto di festa per celebrare il 2-0 ottenuto grazie ai gol di Mertens (19’, raggiunto Maradona a quota 81 gol) e Younes (50’), invece s’è trasformato nel simbolo di una contestazione difficile da spiegare, quantomeno a guardare la classifica.
“I giocatori erano dispiaciuti e sono sorpreso anch’io – ha ribattuto Ancelotti – Il progetto è chiaro, va avanti da tanti anni con questa società, provando a migliorare anno per anno, facendo il passo lungo quanto la gamba. Se la gente si aspetta il giocatore da 10 milioni di stipendio è giusto che sappia che non arriverà, questo però non significa che non se ne possano prendere altri bravi come quest’anno”.
Appuntamento al prossimo turno, quando Milan e Napoli si ritroveranno faccia a faccia con i propri tifosi: e viste le premesse non è detto che sarà un vantaggio… n1 \l