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Migranti, Meloni ci riprova: dopo l’Albania spunta l’idea di un hub in Uganda. La tela della premier con altri dieci Paesi Ue

Imagoeconomica

Nonostante tutti si sforzino di ripetere a più riprese (e in varie sedi) che il dossier migranti va depurato di ogni aspetto ideologico e riportato alla sua natura tecnica, la riunione di giovedì mattina nella sede della delegazione italiana al Consiglio dell’Unione europea testimonia la necessità per ogni Paese Ue di fare i conti con le proprie opinioni pubbliche e con il proprio elettorato. Costi quel che costi.

Migranti, le mosse di Meloni

Così, se da un lato Giorgia Meloni sta cercando di rispondere alla domanda di sicurezza dei cittadini italiani non più con velleitari e impraticabili “blocchi navali” ma con i centri in Albania, analogamente austriaci, olandesi, danesi e soprattutto polacchi sfruttano le “soluzioni innovative” dell’Italia per fare pulizia in casa propria e chiedere alla Commissione una riscrittura integrale delle norme europee su migrazioni ed asilo. Tanto che la parte delle conclusioni del Consiglio europeo sui migranti che inizialmente richiamavano le norme europee attuali è stata bloccata dal premier polacco Donald Tusk che ha sospeso gli accordi sull’asilo per impedire che la Bielorussia scarichi immigrati che poi cercano di raggiungere la Germania attraversando il territorio polacco come forma di “guerra ibrida” di Mosca che utilizza anche i flussi migratori.

Migranti, Meloni e gli altri dieci Paesi Ue: chi sono?

Ai rappresentanti di 10 dei 27 Stati membri, prima del Consiglio europeo Meloni ha illustrato i punti essenziali dell’intesa bilaterale Italia-Albania, all’indomani dell’arrivo nel porto albanese di Shengjin dei primi migranti soccorsi da un’unità della Marina militare italiana sottolineando “il ruolo nell’azione di contrasto ai trafficanti di esseri umani”. Alla riunione, promossa, oltre che da Meloni, dai premier danese, Mette Friedriksen e olandese, Dick Schoof erano presenti i leader di Austria, Cipro, Grecia, Malta, Repubblica Ceca, Polonia, Slovacchia e Ungheria e la presidente della Commissione Ursula von der Leyen.

Quest’ultima, in particolare, ha illustrato i principali filoni di lavoro indicati nella lettera sulla migrazione inviata alle capitali lunedì scorso, incluso il tema delle “soluzioni innovative” tipo centri in Albania. La discussione si sarebbe concentrata sul concetto di Paese terzo sicuro in vista dell’attuazione delle regole del nuovo Patto Migrazione e Asilo, sulla collaborazione lungo le rotte migratorie con Unhcr e Iom in tema di rimpatri volontari assistiti e sui cosiddetti “return hubs”.

Ovviamente più che soddisfatta Meloni che, al di là, dei risultati, è riuscita a riunire allo stesso tavolo nella delegazione italiana i rappresentanti di altri dieci Paesi ottenendo un risultato finora mai raggiunto dai suoi predecessori. E ha avuto facile gioco Meloni nel liquidare le critiche dell’opposizione di sinistra all’accordo con l’Albania.

“Insieme al primo ministro di Danimarca, Mette Frederiksen, e dei Paesi Bassi, Dick Schoof, – ha scritto su X Meloni – ho ospitato un incontro per parlare di contrasto dei flussi migratori irregolari e in particolare di soluzioni innovative. Un incontro molto positivo con chiari obiettivi comuni: prevenire l’immigrazione irregolare, combattere il traffico di esseri umani e rendere più efficace la politica europea dei ritorni. Ringrazio la Presidente Ursula von der Leyen e i leader di Austria, Cipro, Grecia, Malta, Repubblica Ceca, Polonia, Slovacchia e Ungheria per aver partecipato con spirito concreto e costruttivo”.

Anche da parte degli altri Paesi l’incontro viene giudicato molto produttivo, così come viene sottolineata la soddisfazione per i contenuti della lettera sulla migrazione di Ursula von der Leyen, che ha preso parte all’incontro. Tra le soluzioni innovative sul tavolo degli 11 leader, tra i quali Giorgia Meloni, anche le modifiche alla direttiva rimpatri e la definizione di Paese terzo sicuro.

Migranti, dopo l’Albania spunta l’ipotesi di un hub in Uganda

In una fase iniziale vi sarebbe anche l’idea di creare in Uganda un “hub” in cui i richiedenti asilo dell’Africa subsahariana – le cui domande sono state esaminate e respinte – possano essere deportati prima di essere rimpatriati nei rispettivi Paesi di origine. Da parte di Kampala per ora non si sarebbero registrate chiusure.

Ma l’Italia si è occupata anche dei rifugiati siriani a Bruxelles. La premier ha sostenuto quanto indicato nelle Conclusioni del Consiglio europeo dell’aprile 2024 ovvero la necessità di creare le condizioni per un rimpatrio sicuro, dignitoso e volontario in Siria dei rifugiati siriani così come definito da Unhcr. L’esigenza emersa già in aprile oggi è più pressante, visti gli sviluppi regionali che stanno spingendo centinaia di migliaia di rifugiati siriani presenti in Libano, ma anche decine di migliaia di cittadini libanesi a cercare riparo in Siria. L’Italia ha chiesto una revisione della Strategia Ue per la Siria già nello scorso luglio.

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