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Migranti: Meloni cerca nuovi alleati in Europa per le “soluzioni innovative”, tipo Albania 

Con l’arrivo della nave Libra in Albania, Giorgia Meloni cerca alleati europei per le sue cosiddette “soluzioni innovative” sul fronte migratorio. Tuttavia, la chiusura del confine polacco con la Bielorussia presenta nuove sfide all’orizzonte

Migranti: Meloni cerca nuovi alleati in Europa per le “soluzioni innovative”, tipo Albania 

Sta attraccando nel porto albanese di Shengjin la nave Libra della Marina Militare italiana con a bordo i primi 16 migranti (10 bengalesi e 6 egiziani) intercettati giorni fa in acque internazionali a Sud di Lampedusa. Un viaggio di due giorni che tra carburante ed equipaggio è costato circa 200mila euro alle nostre casse. I migranti verranno identificati e sottoposti alle procedure per la richiesta di asilo nella struttura di Gjader, a 20 km dalla costa, di cui saranno i primi ospiti. L’effetto deterrenza affidato al centro in Albania (capienza massima non oltre 3mila persone per un costo di oltre 700milioni di euro) cui si è richiamato più volte il Governo italiano non sembra però avere funzionato se è vero che nelle ultime ore nei porti siciliani son approdati altri mille migranti.

E, tuttavia, la soluzione “innovativa” dell’Italia per i centri fuori dall’Unione europea, nonostante i numerosi dubbi sulla mancata tutela dei diritti dei migranti, sta guadagnando sempre più simpatie a Bruxelles. Un cambio di rotta che la Meloni ha subito captato e che intende ora cavalcare per frenare nuove partenze di migranti sulle nostre coste.

Meloni e i suoi alleati: un summit per soluzioni migratorie

Insieme ai Primi Ministri danese Mette Frederiksen, e olandese Dick Schoof, la Meloni ha promosso un incontro informale tra alcuni degli Stati membri più interessati al dossier migratorio e “in particolare al tema delle soluzioni innovative”. La riunione avrà luogo nei locali della delegazione italiana presso l’Europa Building giovedì 17 ottobre mattina prima dell’inizio dei lavori del Consiglio Europeo. “Obiettivo dell’incontro – viene spiegato da fonti italiane – è coordinare le reciproche posizioni in vista della discussione strategica prevista tra i leader così come approfondire i diversi filoni di lavori su cui puntare per rafforzare e rendere sempre più efficace la politica migratoria dell’Unione Europea”.

Costi e benefici: Meloni svela il vero prezzo dell’accordo albanese

Ieri la Meloni in Parlamento ha illustrato la posizione italiana in vista del Consiglio europeo smentendo le notizie che davano il costo dell’accordo con l’Albania in circa un miliardo di euro. “Il protocollo con l’Albania costa 670 mln, ovvero 134 l’anno – ha precisato la Meloni – nel sistema di accoglienza italiano sono circa il 7,5% di quello che noi spendiamo ogni anno per accogliere gli immigrati che sbarcano da noi, che sono quasi 1,8 miliardi di euro”.

I centri di espulsione esterni alla Ue non dispiacciono neppure alla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen secondo la quale “la Ue dovrebbe prendere in considerazione l’idea di legiferare sui centri di rimpatrio nei Paesi terzi per accelerare le espulsioni degli immigrati clandestini”. È quanto la von der Leyen scrive in una lettera alle capitali in vista del dibattito sull’immigrazione dei leader della Ue previsto nel Consiglio europeo. “La Ue – argomenta la presidente dell’esecutivo europeo – non è efficace nell’espellere le persone che arrivano illegalmente. Solo uno su cinque dei cittadini extracomunitari a cui è stato ordinato di andarsene lo ha fatto. Per affrontare questo problema è necessario un nuovo quadro giuridico per rafforzare la nostra capacità di agire”.

Per la von der Leyen “rivisitare il fallito sforzo della Ue del 2018 per allineare le politiche di espulsione sarebbe una priorità immediata per il commissario per l’immigrazione in arrivo”.

Espulsioni o accoglienza? La Commissione Ue sotto i riflettori

Insomma, la proposta dei centri nei Paesi terzi, sulla falsariga del protocollo italiano con l’Albania potrebbe segnare una svolta epocale nelle politiche migratorie dell’Ue. La settimana scorsa la commissaria per gli Affari Interni, Ylva Johansson ha sdrammatizzato la prospettiva dei campi di espulsione, aggiungendo che “nessuno l’ha proposta in maniera formale”. Ma ora al von der Leyen indica l’iniziativa italiana come un’opportunità per “trarre lezioni da questa esperienza nella pratica”.

La Commissione aveva già ritenuto questo tipo di offshoring sostanzialmente contrario alla legge Ue nel 2018. E nel 2022 la stessa Johansson si era espressa in maniera ferma sul piano del Regno Unito di deportare le persone in Ruanda: “Inviare richiedenti asilo a più di 6.000 chilometri di distanza ed esternalizzare le procedure di asilo – affermava la commissaria – non è una politica migratoria umana e dignitosa”.

Emergenza migratoria e ritorni: la Polonia e il dilemma del confine

In una prima bozza delle conclusioni del prossimo Consiglio europeo i leader della Ue sembrano intenzionati a chiedere “azioni determinate a tutti i livelli per aumentare e accelerare” le deportazioni. Ma le soluzioni innovative proposte dall’Italia dovranno forse cedere il passo a un’emergenza ben più immediata e che si intreccia con la crisi ucraina, ossia la decisione della Polonia di chiudere il confine con la Bielorussia ai rifugiati che vengono scaricati sul territorio europeo in una sorta di “guerra ibrida” che utilizza i migranti per destabilizzare i Paesi di frontiera dell’Unione europea. Questa settimana Varsavia ha raddoppiato i piani per respingere i richiedenti asilo spinti oltre il confine ma Bruxelles ha avvertito che la mossa di Varsavia è quasi certamente incompatibile con le regole della Ue. “Gli Stati membri- osserva la Commissione – devono affrontare le provocazioni di Bielorussia e Russia senza compromettere i nostri valori”. Ma già la Finlandia all’inizio di quest’anno ha esteso a tempo indeterminato la chiusura del suo confine con la Russia. Lettonia, Lituania ed Estonia hanno lasciato aperta l’opzione e forse seguiranno la stessa strada.

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