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Migranti e asilo: la Ue trova l’accordo. L’Italia dà l’ok, solo Ungheria e Polonia votano contro

Imagoeconomica

I ministri Ue hanno raggiunto un testo di compromesso sui due pacchetti di norme che costituiscono il cuore del nuovo Patto su migranti e asilo dopo ben 12 ore di maratona negoziale. La riunione del Consiglio Affari Interni della Ue è stata lunga e segnata da tensioni ma alla fine è arrivato il voto a maggioranza qualificata: contrarie solo Polonia e Ungheria, astenute Malta, Lituania, Slovacchia e Bulgaria. “Si tratta di un grande giorno”, ha sentenziato la ministra svedese per l’Immigrazione Maria Malmer Stenergard, presidente di turno che, anche grazie alla posizione assunta dall’Italia, ha deciso di forzare con il voto a maggioranza qualificata, a tarda ora. Quello raggiunto ieri è un accordo del Consiglio dei ministri che poi dovrà trattare con il Parlamento Ue, ma da sette anni che gli Stati membri discutevano senza trovare un’intesa. Il, dunque, passo è sicuramente importante. “Abbiamo avuto una posizione di grande responsabilità, trovando corrispondenza da altri Paesi e ottenendo consenso sulle nostre proposte”, ha dichiarato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.

Migranti e asilo: cosa hanno deciso i ministri Ue

La decisione presa ieri notte ruota infatti intorno alla procedura d’asilo (Apr) e alla gestione dell’asilo e della migrazione (Ammr). Non si tratta dunque dell’intera riforma del Patto sull’immigrazione, ma dei punti-cardine, quelli su cui vi era maggiore interesse e tensione. L’Apr prevede l’istituzione di un percorso rapido con regole condivise europee per trattare le domande di asilo che provengono da quei Paesi con un basso grado di accettazione – sotto il 20% – e la creazione di una quota, da definirsi attraverso una formula, secondo la quale ognuno dei 27 è obbligato ad applicare la procedura accelerata. Il nuovo regolamento, dunque, acentua controlli e responsabilità.

Il tetto ai migranti: si parte da 60.000 persone

Ora l’Ue si doterà – riferisce l’Ansa – di una capacità di gestione fissata a 30mila ‘posti’ con un coefficiente di moltiplicazione progressivo di 2, 3 e 4 volte nell’arco di tre anni. A contare non è il migrante singolo ma il ‘posto’ e siccome la domanda di richiesta d’asilo dovrà essere evasa entro 12 settimane si calcola che il primo anno il tetto sarà di 60mila persone, poi 90mila e infine 120mila. Il tutto ripartito tra i 27 sulla base di Pil e popolazione. Sarà poi la Commissione a stabilire se un Paese ha bisogno della solidarietà in caso di crisi (boom di arrivi). In quel caso sarà esentato dalla procedura di frontiera Ue e potrà accedere al bacino di 30 mila ricollocamenti, da ottenere in forma pratica oppure con un finanziamento da 20 mila euro per ogni migrante non trasferito.

Sui migranti un fondo Ue per la solidarietà ai Paesi più esposti

La novità sta nel fatto che l’Italia ha ottenuto che questi denari confluiscano in un fondo gestito da Bruxelles per “attuare progetti concreti per la cosiddetta dimensione esterna”. Insomma, Roma non voleva che i Paesi del sud diventassero il “centro di raccolta degli immigrati per conto dell’Europa”. Ma la solidarietà si trova anche in altri passaggi. Come la responsabilità ridotta – 12 mesi invece di 24 – per le persone salvate in mare con operazioni SAR che poi presentano (e ottengono) la protezione internazionale. Poi c’è un’intesa sulle misure di sostegno finanziario per la realizzazione operativa (comprese infrastrutture) delle procedure di frontiera.

Le maggiori tensioni sono state sui Paesi sicuri

Il passaggio più controverso però, che ha rischiato di far saltare tutto, è stata la possibilità di stilare accordi con Paesi terzi, diversi da quelli di origine, dove inviare i migranti una volta negata la protezione. I cosiddetti Paesi sicuri per il respingimento. Alcuni Stati membri, come la Germania, volevano un’interpretazione molto stretta, altri più lasca. Un particolare non da poco perché permetterebbe di liberare molto più velocemente gli hot-spot e dunque snellire il sistema. L’Italia, sulla questione, è stata sostenuta da diversi Paesi, come ad esempio l’Olanda.

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni si dice “soddisfatta di essere riuscita a far capire che c’è un modo di affrontare la questione insieme”. Dunque legando la questione della dimensione esterna a quella interna. L’intesa prevede ora una clausola di revisione da 1 a 2 anni, a seconda delle parti.

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