Non succede spesso: una marcia per chiedere una nuova imposta. Ma è quel che è successo nel weekend in Australia dove, in tutte le capitali statali (a cominciare da Sydney, dove i dimostranti erano 10mila) la manifestazione ha chiesto l’introduzione di una carbon tax. L’idea (giusta) è che il prezzo dell’energia dovrebbe riflettere anche i costi indiretti legati all’inquinamento e alle emissioni. Il puro meccanismo di mercato non riflette questi costi (gli economisti li chiamano ‘esternalità’), ed è per questo che bisogna aggiungere una tassa. A questo punto ci si affida di nuovo al mercato, nel senso che sarà il prezzo – assortito di tassa – a rendere più efficiente il consumo di energia. Naturalmente, l’industria mineraria non è contenta e afferma che una carbon tax porterebbe a ridurre l’occupazione del settore. Una tesi che è stata contestata in un rapporto di prossima pubblicazione a opera del prof. Bruce Chapman, presidente della Economic Society of Australia.
Migliaia di australiani chiedono più tasse. Lo scopo? Rimediare ai danni causati dal carbone
I manifestanti sono scesi in piazza a Sidney e altre città per denunciare la mancanza di una carbon tax che tenga conto delle esternalità negative legate all’uso del combustibile fossile