Stefano Micossi, oltre a ricoprire l’incarico di direttore generale dell’Assonime, è un valente economista che conosce bene l’Europa per aver ricoperto un importante incarico al vertice della tecnostruttura di Bruxelles. In quest’ultima veste ha partecipato lunedì sera ad un incontro tra economisti italiani e tedeschi organizzato dall’ambasciata tedesca a Roma. Incontri utili perchè mirano a mantenere aperto un canale di dialogo tra i due mondi che invece sembrano in questa fase allontanarsi sempre di più, e la fiducia che è alla base della costruzione europea progressivamente venire meno.
A margine dell’incontro che verteva sui rischi di instabilità nell’eurozona e nel quale la relazione di Micossi ha svolto un ruolo centrale mettendo in evidenza le carenze sia dei paesi deboli sia quelle derivanti dalle spinte in funzione ulteriormente restrittiva sui debiti pubblici che vengono da quelli più forti, abbiamo chiesto allo stesso Micossi un’opinione sulla nuova rottura tra l’Italia e la Ue che si è prodotta dopo il vertice di Bratislava. “Rottura? Effettivamente il linguaggio usato dal nostro premier Renzi è stato piuttosto aggressivo. Certo i rapporti sono tesi, ma spero che non sia vera rottura. Del resto finora alle parole non sono seguiti fatti che fanno ritenere che si sia deciso di rompere le regole comuni su temi fondamentali come la politica di bilancio o l’immigrazione. Insomma per ora mi sembrano più pallottole sparate a salve, più per uso interno che vere bordate volte a distruggere l’edificio europeo.”
Non si può negare però che le opinioni pubbliche dei vari paesi, non solo in Italia, sono inquiete e critiche verso le politiche europee. Questo sta dando fiato a tante formazioni politiche che vogliono apertamente staccarsi dall’Europa e chiudersi dentro le frontiere di casa.
“Capisco le difficoltà politiche contingenti che spingono ad alzare i toni per tagliare l’erba sotto i piedi all’antieuropeismo più o meno
esplicito di altre forze politiche ed importanti settori della pubblica opinione, specie in vista di importanti consultazioni elettorali. Tuttavia un paese debole come l’Italia dovrebbe fare attenzione a non danneggiare la propria credibilità internazionale faticosamente riconquistata ma sempre in forma precaria. E soprattutto bisognerebbe tener conto che anche dal punto di vista strettamente politico inseguire sul loro terreno i nazionalisti anti-europei potrebbe portare i cittadini a votare l’originale e scartare il succedaneo.”
Anche Draghi non fa che richiamare gli Stati a politiche più appropriate, non solo economiche, per aumentare la coesione e la fiducia dei cittadini verso l’Europa che certamente su molti dossier appare in ritardo.
“Sì ma non è esatto dire che la Germania con il suo enorme surplus della bilancia commerciale non rispetta le regole. Infatti quelle sul commercio internazionale non hanno la stessa natura delle altre regole, si tratta solo di raccomandazioni. E poi facendo bene due conti non è affatto detto che la riduzione del surplus tedesco possa giovare davvero ai paesi più deboli. Per quel riguarda l’immigrazione bisogna ricordare che già lo scorso anno la Commissione ed il Consiglio hanno approvato le politiche per la distribuzione delle quote di migranti e per un sistema comune di controllo delle frontiere. L’ attuazione di queste decisioni incontra difficoltà, tuttavia sarebbe bene ricordare che in queste materie i nostri interessi e quelli tedeschi sono pienamente coincidenti, come lo stesso Renzi aveva nei mesi scorsi pienamente riconosciuto in più occasioni pubbliche”.
E per quanto riguarda l’economia? Anche qui Draghi continua ad invocare riforme e sui bilanci pubblici raccomanda prudenza ai paesi indebitati ed un pò più di coraggio a quelli che sono in attivo.
“Temo che questa enfasi posta da Renzi sulla flessibilità possa portarci su una strada perigliosa. Non vedo vantaggi nello sfidare le regole in pubblico mentre si negozia un accordo in privato. Parlare poi della possibilità di agire anche senza l’accordo con Bruxelles mi pare un messaggio distruttivo per l’Europa e per la credibilità dell’Italia. In generale credo sarebbe bene interrogarci sulla efficacia di politiche di distribuzione di spiccioli a lavoratori e pensionati sia come stimolo alla ripresa sia come contrasto alle tendenze politiche estremiste. Se poi queste politiche dovessero rendere più difficile la sostenibilità del nostro bilancio pubblico, sarebbe più difficile arrivare a superare la stagnazione italiana in atto da almeno due decenni”.
Quindi la crescita da cosa può essere innescata?
“In generale mi sembra che si sottovaluti i positivi risultati del piano Juncker che infatti ora andrà potenziato. Ma sono convinto che una crescita più elevata possa essere solo il risultato di efficaci politiche domestiche e su questo credo che si possa dire che, dopo un buon inizio, ora temo che Renzi rischi di smarrire la strada.”
Ma bisogna pure dire che la strada delle riforme è lunga ed impervia e che per farle ci vuole un forte appoggio da parte delle forze politiche e della pubblica opinione. Sotto questo aspetto il referendum sarà una prova decisiva della volontà dell’Italia di continuare su un percorso virtuoso.