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Micossi (Assonime): “Modello americano per la ricapitalizzazione delle banche euro”

AUDIZIONE DI STEFANO MICOSSI AL SENATO – Pubblichiamo i capitoli finali e alleghiamo il testo integrale dell’intervento di Micossi sulla ricapitalizzazione delle banche euro e sull’assicurazione dei depositi e la risoluzione delle crisi bancarie – Secondo il dg di Assonime il modello TARP usato negli Stati Uniti può essere un punto di riferimento per l’ESM

Micossi (Assonime): “Modello americano per la ricapitalizzazione delle banche euro”

L’approccio alla ricapitalizzazione delle banche

Il comunicato del summit dell’area euro del 29 giugno 2012 prevedeva la possibilità per l’ESM (European Stability Mechanism) di ricapitalizzare direttamente le banche dell’area euro, una volta che fosse stato istituito il meccanismo di supervisione unico con il coinvolgimento della BCE. Come è certamente ben noto a questa Commissione, nelle scorse settimane l’attuazione delle decisioni dell’Eurosummit di giugno si è arenata in una discussione poco costruttiva sul trattamento dei cd. “legacy assets” delle banche spagnole: perché la Germania e altri paesi non vogliono che l’ESM copra le perdite pregresse delle banche spagnole (e poi, subito dopo, quelle delle banche irlandesi); ma se non si interviene, il circolo vizioso tra crisi bancaria e crisi del debito sovrano rischia di travolgere la Spagna e riaccendere l’instabilità.
Il principio fondamentale da seguire nella gestione e risoluzione delle crisi è che non si dovrebbe mai iniettare in una banca risorse finanziarie destinate a salvare gli azionisti e i creditori: solo in tale modo, infatti, si eliminerebbe dal sistema l’azzardo morale e la disciplina di mercato potrebbe funzionare efficacemente. L’implicazione di questo principio è che ogni trasferimento di denaro a banche in crisi nell’ambito di un programma europeo di assistenza finanziaria non dovrebbe essere utilizzato per coprirne le perdite, ma dovrebbe essere costruito come un sostegno finanziario temporaneo, per dare il tempo ai necessari processi di ristrutturazione, dunque con forte condizionalità. In questa ottica vanno disegnate le modalità d’intervento dell’ESM nel capitale delle banche.

Al riguardo, un utile esempio è rappresentato dal Troubled Assets Relief Program (TARP), adottato dal governo degli Stati Uniti nell’ottobre del 2008 per ricapitalizzare banche e altre istituzioni finanziarie sistemiche (per es. AIG) e frenare la crisi di fiducia. Secondo quel modello, gli interventi di ricapitalizzazione avvennero con l’acquisto di azioni privilegiate, a un costo molto conveniente, ma con stringenti condizioni e vincoli alla gestione (per esempio alle politiche di remunerazione e di distribuzione di dividendi, e alla nomina di consiglieri di amministrazione). Al termine del periodo prestabilito, le banche che non fossero in condizione di riacquistare le azioni diverrebbero di proprietà dell’ESM, il quale ne assumerebbe il controllo; le perdite residue sarebbero coperte con la cancellazione delle azioni ordinarie e la ristrutturazione dei debiti della banca diversi dai depositi bancari.

Questo modello ha il vantaggio di offrire agli azionisti privati la possibilità di risanare la banca, evitando la nazionalizzazione immediata; ma se la ristrutturazione non dovesse riuscire, azionisti e creditori privati manterrebbero la piena responsabilità per le perdite della banca. Si noti, peraltro, che il programma di intervento potrebbe offrire dei rendimenti positivi per l’ESM, come è accaduto con il TARP americano.

Assicurazione dei depositi e risoluzione delle crisi bancarie

L’unione bancaria europea richiede i tre pilastri della vigilanza, dell’assicurazione dei depositi e della risoluzione delle crisi bancarie. La proposta della Commissione, pur con le criticità discusse, rappresenta un significativo progresso sul fronte della vigilanza; il lavoro è ancora incompleto per le altre due componenti.

Per quanto concerne la garanzia dei depositi, la proposta della Commissione europea del luglio 2010 prevede un’armonizzazione degli schemi nazionali di garanzia dei depositi, introducendo un obbligo di finanziamento ex-ante dei fondi da parte delle banche, con contributi basati sul profilo di rischio, e prevedendo anche la possibilità di prestiti tra gli schemi nazionali dei diversi paesi.

Non siamo ancora, però, alla costruzione di un sistema europeo integrato di garanzia dei depositi, comprendente sia un livello europeo, sia un livello nazionale. Il primo requisito fondamentale è che la garanzia copra esclusivamente i depositanti e non possa essere usata per coprire le perdite delle banche e proteggere i manager, gli azionisti o i creditori diversi dai depositanti. Inoltre, serve un fondo europeo di assicurazione, che garantisca un adeguato pooling dei rischi di fallimento, o almeno di perdite significative, delle grandi banche cross-border. È importante sottolineare, a questo riguardo, che l’accumulazione e il pooling del fondo assicurativo europeo inizierebbero con il nuovo sistema e non riguarderebbero le risorse già accumulate dagli schemi nazionali di garanzia dei depositi. L’istituzione di un fondo europeo pone delicati rapporti di raccordo con i fondi nazionali, che probabilmente dovrebbero continuare ad esistere, ma sarebbero impoveriti per lo spostamento al livello europeo della tutela delle banche di maggiori dimensioni.
Come per la garanzia dei depositi, la proposta della Commissione per la creazione di un quadro giuridico europeo di risoluzione delle crisi bancarie prevede un’armonizzazione dei sistemi nazionali, con strumenti comuni di prevenzione (ad esempio, elaborazione di recovery e resolution plan), di early intervention (ad esempio, le procedure per l’attuazione dei recovery plan, la convocazione d’urgenza dell’assemblea degli azionisti, la nomina di un amministratore speciale, e simili) e di risoluzione (bridge bank, vendita di attivi, strumenti di bail-in). Ma la gestione dei processi di risoluzione viene lasciata alle autorità nazionali; è anche prevista l’istituzione di fondi nazionali di risoluzione, che dovrebbero servire per sostenere le riorganizzazioni aziendali.

Dunque, come per gli schemi di garanzia dei depositi, si ragiona per ora in termini di armonizzazione dei sistemi nazionali, invece che di creazione di un sistema unico europeo. Ma senza un sistema europeo di gestione delle crisi, il problema dell’azzardo morale non potrà essere risolto, per la tendenza delle autorità nazionali a proteggere le proprie banche maggiori.

La chiave della soluzione sta nell’attribuire alle autorità europee di vigilanza tutti i poteri di gestione delle crisi – non solo quelli di intervento precoce, come ha fatto la Commissione con la sua proposta; allora, quel che resta della banca dopo tutti gli interventi di risoluzione può effettivamente essere affidato alle autorità nazionali, senza timori di “perdoni di vigilanza” (supervisory forbearance).

Un tale sistema presuppone, anzitutto, l’adozione del modello americano di vigilanza della Prompt Corrective Action (PCA), sviluppato dalla Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC). Secondo tale modello, quando il capitale di una banca scende sotto certi livelli, i supervisori sono obbligati ad agire (sistema della mandated action), con interventi di natura progressivamente più invasiva con il deterioramento della solidità patrimoniale.


Allegati: Il testo dell’audizione di Stefano Micossi al Senato -Banking Union – 6 novembre 2012.pdf

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