Da due a tre
Il Metaverso è uno spazio di realtà virtuale persistente. Può essere considerato una combinazione tra una realtà virtuale e un massively multiplayer online game (MMOG, gioco online multigiocatore di massa).
In questo mondo virtuale possono esistere simultaneamente molti utenti e interagire in modi infiniti. Le persone possono giocare, lavorare, incontrarsi, collaborare, fare acquisti, passeggiare, guardare film e concerti, e fare tutto ciò che potrebbero fare nel mondo reale e, cosa fondamentale, il Metaverso interagisce con il mondo reale in innumerevoli e imprevedibili modi.
Il Metaverso è visto dai futurologi come il prossimo passo nell’evoluzione di Internet da un’esperienza interattiva bidimensionale a un’esperienza immersiva tridimensionale.
Quanto siamo lontani dal Metaverso
Ci vorranno ancora degli anni prima che il Metaverso diventi una realtà. Richiede un’infrastruttura e una potenza di calcolo che non esiste ancora, poiché deve essere in grado di gestire le innumerevoli connessioni di persone impegnate in un’esperienza condivisa, simultanea e sincrona.
Occorreranno anche molte nuove tecnologie specifiche, protocolli, innovazioni e scoperte perché possa funzionare al meglio.
Per esempio, una enorme potenza di calcolo deve essere incorporata in una minuscola montatura di occhiali. Ci vogliono chip grafici e di rete, generatori di guide d’onda olografiche, sensori, batterie e altoparlanti e tutto deve stare in uno spazio miniaturizzato.
Dove stiamo adesso
Ci sono già diverse aziende che stanno sviluppando hardware per la realtà virtuale, aumentata e mista, come cuffie e occhiali.
I sognatori della Silicon Valley, convinti che questo mondo immersivo, in rete e tridimensionale finirà per prendere il posto dell’internet bidimensionale che esiste oggi, stanno già investendo risorse finanziarie e umane in questo progetto.
Il Metaverso è più vicino alla realtà di quanto si possa pensare. Basta guardarsi intorno: a Fortnite o a Horizon di Facebook — un gioco di realtà virtuale in beta-testing — e ad altri progetti di grandi aziende tecnologiche in prodotti analoghi. Per non parlare del modo in cui la pandemia ha incoraggiato milioni di persone a trascorrere le loro giornate immerse nel ciberspazio,.
Ci sono già alcuni MMOG che hanno già mostrato tendenze multiversali. Reporters Without Borders, una ONG, ha costruito una biblioteca in Minecraft, un MMOG, contenente opere censurate nel mondo reale. Una clip del più recente film di Star Wars ha avuto la sua anteprima in Fortnite. In molti MMOG, la gente spende soldi veri per comprare cose del mondo metaverse.
Il Metaverso nel romanzo di Neal Stephenson
Il termine viene da Snow Crash, pubblicato nel 1992, il terzo, e probabilmente il migliore, romanzo di Neal Stephenson, uno scrittore americano di fantascienza. In Italiano nella traduzione di Paola Bertante è nella BUR di Rizzoli, purtroppo esaurito. Ne esiste una buona disponibilità di copie di seconda mano, per esempio su eBay.
Il personaggio principale del libro, Hiro Protagonist, consegna la pizza per la mafia, che ha preso il controllo il territorio di quelli che erano gli Stati Uniti.
Quando non lavora, Hiro si collega al Metaverso: una realtà virtuale, in rete, in cui le persone appaiono con il loro “avatar” impegnati in attività sia mondane (conversazione, flirt) che marziali (combattimenti con la spada, spionaggio ecc.).
Come Internet, il Metaverso di Stephenson rappresenta uno mondo collettivo e interattivo che è sempre online e va oltre il controllo di qualsiasi persona o istituzione. Come in un videogioco, sono le persone che lo abitano e controllano personaggi a determinarne le dinamiche.
Ecco come nel romanzo Snow Crash, Neal Neal Stephenson introduce il Metaverso:
Dentro il computer ci sono dei laser, uno rosso, uno verde e uno blu. Sono abbastanza potenti da emettere una luce brillante, ma non tanto da bruciargli la papilla ottica, cuocergli il cervello, friggergli le ossa frontali e fondergli i lobi.
Come si impara alle elementari, le luci di questi tre colori possono essere combinate a diverse intensità per produrre tutte le tinte visibili da Hiro.
In tal modo, dall’interno del computer, può essere emesso, attraverso la lente a occhio di pesce, un piccolo raggio del colore desiderato, in qualsiasi direzione. Gli specchietti elettronici collocati dentro la macchina fanno schizzare il raggio avanti e indietro sulle lenti degli occhialoni di Hiro, proprio come un raggio elettronico all’interno di un televisore colora la superficie interna del Tubo eponimo.
L’immagine che ne risulta resta sospesa nello spazio tra Hiro e la Realtà. Disegnando un’immagine leggermente diversa di fronte a ognuno degli occhi è possibile creare un effetto tridimensionale.
Cambiando l’immagine settantadue volte al secondo si genera l’impressione del movimento. Disegnando l’immagine tridimensionale in movimento a una risoluzione di 2K pixel per lato si raggiunge il massimo grado di nitidezza percepibile a occhio nudo e pompando il suono di uno stereo digitale nei piccoli auricolari è possibile dotare le immagini tridimensionali in movimento di una perfetta colonna sonora.
Quindi, Hiro non è affatto lì dove si trova, bensì in un universo generato dal computer che la macchina sta di segnando sui suoi occhialoni e pompando negli auricolari. Nel gergo del settore, questo luogo immaginario viene chiamato Metaverso. Hiro trascorre molto tempo nel Metaverso. Lo aiuta a dimenticare la vita di merda del container.
Ci sarà un unico Metaverso
Passi di un intervista di Vanity Fair a Neal Stephenson
Vanity Fair: Mentre la Silicon Valley compete per costruire il miglior Metaverso, pensi che i consumatori saranno più attratti da esperienze immersive nella realtà virtuale (VR), come quella che Mark Zuckerberg sta commercializzando con l’auricolare Oculus di Facebook, o da dispositivi di realtà aumentata (AR), come Tim Cook della Apple è interessato a sviluppare?
Neal Stephenson: Penso che queste due opzioni differiscano tra loro molto più di quanto molti si rendano conto. Due persone, una che indossi un dispositivo VR e l’altra che indossi invece un’attrezzatura AR, indipendentemente dal prodotto ora sul mercato, potrebbe sembrare che facciano la stessa cosa. Ma ciò che esse vedono e sperimentano è del tutto diverso. In una simulazione VR, ogni fotogramma che il tuo occhio vede e che tu percepisci, è un oggetto virtuale costruito da zero da un sistema di computer grafica. In un’applicazione AR, resti dove sei, nel tuo ambiente fisico: vedi tutto ciò che ti circonda naturalmente, anche se ci sono “cose” aggiunte. La VR è capace di portarti in un luogo fittizio del tutto diverso e nuovo rispetto alla realtà dalla quale provieni: è il tipo di realtà descritta nel Metaverso di Snow Crash. Quando migri nel Metaverso, sei per strada, sei nel Sole Nero, e l’ambiente circostante scompare. Nel libro, Hiro vive in un container malandato, ma quando va nel Metaverso, è “qualcuno” ed ha accesso a immobili di lusso. L’AR è tutta un’altra cosa.
Vanity Fair: La VR e l’AR sono concorrenti, come VHS e Betamax, o sono piattaforme tecnologiche distinte?
Neal Stephenson: Totalmente separate. Quasi non correlate. Scopo della VR è portarti in un luogo inventato di sana pianta. Scopo dell’AR è di cambiare l’esperienza del luogo in cui ti trovi. È qualcosa di completamente differente sia riguardo al modo in cui si pensano i contenuti e si narrano le storie, sia riguardo a ciò che si può effettivamente fare con questi dispositivi.
Vanity Fair: Una delle cose che è stato interessante osservare con l’ascesa dei social media è il modo in cui le stesse tecnologie che inizialmente sembravano unirci ci hanno di fatto ulteriormente allontanato. Ritieni che la realtà virtuale contribuisca anch’essa alla polarizzazione politica che abbiamo visto su Twitter e Facebook?
Neal Stephenson: Beh, in primo luogo, devo confessare che non me l’aspettavo proprio. Non ho saputo riconoscere l’avvento della “bolla” che sono divenuti i social media neppure pochi anni fa, figurarsi 25 anni fa. E anche quando me ne sono accorto consapevolmente non ne ho capito davvero il significato… fino all’8 novembre 2016. Quindi, questo me lo sono perso. Il modo in cui il Metaverso è stato progettato è tale che — tenendo conto che è avvenuto nell’era pre-Internet e pre-Worldwide Web (no, sono il solo ad avere inventato stronzate) — esiste un solo Metaverso. È lì che devi andare: non puoi crearne uno tuo.
Sono tentato di dire che se esistesse davvero, sarebbe meno esposto alla formazione delle bolle sociali come le conosciamo ora e nelle quali chiunque può creare la propria pagina web o il proprio feed di social media. La cosa non intuitiva che rende le bolle dei social media così ingannevoli è che non si vede ciò che non si vede. Quindi, in modo invisibile, dietro le quinte, viene filtrato tutto ciò che si preferisce non vedere, e non si è consapevoli che sta avvenendo un filtraggio. Questo è ciò che causa le bolle. Non è tanto il filtraggio, quanto il fatto che esso avviene in modo invisibile.
Il Metaverse secondo Mark Zuckerberg
Estratto da una conversazione tra il CEO Casey Newton e Mark Zuckerberg
Newton: Hai detto ai tuoi dipendenti che la tua visione futura di Facebook non è la versione bidimensionale che si sta usando oggi, ma qualcosa si differente, qualcosa chiamato metaverso. Cos’è un metaverso e quali parti di esso Facebook ha intenzione di costruire?
Zuckerberg: Si tratta di un grande tema. Il metaverso è una tecnologia che abbraccia molte aziende, anzi l’intera industria. Si può dire che è il successore dell’internet mobile. E certamente non è qualcosa che sarà una sola azienda a costruire, penso, però, che una grande parte del nostro prossimo capitolo sarà quella di contribuire a costruirlo, in collaborazione con molte altre aziende, creatori e sviluppatori. Si può pensare al metaverso come ad un internet immersivo e incarnato, dove, invece di visualizzare semplicemente il contenuto, ci sei proprio dentro. E ci sei insieme ad altre persone come se tu fossi in un altro luogo, dove fai esperienze diverse che non potresti fare su un’app 2D o su una pagina web, come ballare, per esempio, o praticare diversi tipi di fitness.
Penso che molte persone, quando pensano al metaverso, pensano solo alla realtà virtuale — che sicuramente sarà una parte importante di questo fenomeno. Ed è chiaramente una parte molto coinvolgente, perché è la tecnologia che offre la forma più chiara di presenza virtuale. Ma il metaverso non è solo realtà virtuale. Sarà accessibile attraverso tutte le nostre diverse piattaforme informatiche; VR e AR, ma anche PC, e anche dispositivi mobili e console di gioco. A questo proposito, molte persone pensano al metaverso come qualcosa che riguarda principalmente il gioco. E penso che l’intrattenimento sarà chiaramente una grande parte di esso, ma non credo che questo sia solo intrattenimento. In realtà si tratta di ambiente persistente e sincrono dove possiamo stare e agire insieme. Probabilmente darà una sorta di ibrido tra le attuali piattaforme sociali e la realtà virtuale, sarà soprattutto un ambiente della propria incarnazione.
Il metaverso secondo Matthew Ball
Matthew Ball. Matthew Ball è il Managing Partner di EpyllionCo, un fondo di rischio early stage. Il portafoglio di EpyllionCo include anche One More Multiverse, e molte altre aziende impegnate nella tecnologia Multiverso.
La differenza fondamentale tra Internet e il metaverso è l’idea di “presenza”. Matthew Ball, che ha svolto ampie riflessioni sul concetto di Metaverse, raccolte in una pubblicazione dal titolo Metaverse Primer , ha elaborato la definizione di Metaverso che consiste di sette particolarità:
1) Persistere — vale a dire che non si “resetta” o “mette in pausa” o “finisce”, ma continua all’infinito.
2) Essere sincrono e dal vivo — anche gli eventi pre-programmati e auto-conclusivi accadranno, proprio come nella “vita reale”; il Metaverso sarà un’esperienza viva che esiste costantemente per tutti e in tempo reale.
3) Non avere alcun limite per gli utenti, e fornire contemporaneamente ad ogni partecipante un senso individuale di “presenza” — ognuno può essere parte del Metaverso e partecipare ad uno specifico evento/luogo/attività insieme ad altri, allo stesso tempo e con un’impronta individuale
4) Essere un’economia pienamente funzionante — gli individui e le imprese saranno in grado di creare, possedere, investire, vendere ed essere ricompensati per una gamma incredibilmente ampia di “attività” che producono “valore” riconosciuto da altri.
5) Essere un’esperienza che attraversa sia il mondo digitale che quello fisico, reti/, esperienze private e pubbliche, e piattaforme aperte e chiuse.
6) Offrire un’interoperabilità senza precedenti di dati, oggetti digitali, asset, contenuti, e così via attraverso ciascuna di queste esperienze — la tua skin per la pistola di Counter-Strike, per esempio, potrebbe anche essere usata per decorare una pistola in Fortnite, o essere regalata a un amico su o attraverso Facebook. Allo stesso modo, un’auto progettata per Rocket League (o anche per il sito della Porsche) potrebbe essere portata a operare in Roblox. Oggi, il mondo digitale si comporta fondamentalmente come se fosse un centro commerciale in cui ogni negozio usa la propria valuta, richiede carte d’identità proprietarie, ha unità di misura proprietarie per cose come scarpe o calorie, e diversi codici di abbigliamento, ecc.
7) Essere popolato da “contenuti” ed “esperienze” create e gestite da una gamma incredibilmente ampia di contributori, alcuni dei quali sono individui indipendenti, mentre altri potrebbero essere gruppi organizzati informalmente o imprese focalizzate sul commercio.