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Metalmeccanici, chi sono i veri conservatori

Nicola ECCHER

Quando nel dibattito si scomodano le categorie relative all’innovazione e alla conservazione, per verificare l’appropriatezza degli appellativi, non c’è che un faro, i fatti e il merito del contendere. Il contratto nazionale dei metalmeccanici, che coinvolge oltre 2 milioni di lavoratori, è tra quelli più significativi nel nostro Paese, ma anche tra quelli più difficili, a causa della situazione critica in cui versa l’industria ma anche in ragione della storica resistenza di Federmeccanica, la Confindustria del settore, a misurarsi con relazioni sindacali avanzate.

Non solo, viste le difficoltà di contesto e l’estrema eterogeneità del nostro settore per andamento economico e taglia dimensionale delle imprese, il nostro Contratto raccoglie tutta la necessità di svolta delle relazioni industriali su basi innovative. In troppi pensano che sia sufficiente fare un accordo, qualunque esso sia. In realtà se non faremo qualcosa di nuovo agevoleremo il declino delle relazioni industriali.

Il sindacato inizia a fare i conti con i problemi della rappresentanza. Le associazioni datoriali reagiscono come un “pugile suonato” di fronte a uscite dalle sue file senza pensare che, anche su quel versante bisogna radicalmente cambiare. Rappresentanza e sistema di relazioni industriali non sono più “rammendabili” vanno rigenerati su basi nuove.

Prima della presentazione della piattaforma, a luglio del 2015, eravamo consapevoli che sarebbe stato un rinnovo complesso, per il contesto di deflazione, di crisi industriale, di assenza di regole del sistema contrattuale, di tessuto produttivo a prevalenza di piccole imprese, e questi mesi di round negoziali hanno confermato tutte le difficoltà.

INNOVAZIONE VERA

Di innovazione parlano tutti, ma pochi la scelgono con il coraggio necessario e con le priorità giuste. Il cammino tracciato dalla FIM-CISL con i rinnovi del 2009 e 2012 va sviluppato ulteriormente, puntando su nuovi diritti, per rispondere alle esigenze delle persone e anticipare i cambiamenti, e sperimentando un nuovo assetto contrattuale nella realtà della categoria. Abbiamo ben chiaro che anche la struttura contrattuale insita negli ultimi rinnovi dei metalmeccanici va profondamente ripensata.

Ciò significa riscoprire la centralità della persona, insieme alla tutela imprescindibile della salute e del benessere, e la necessità della sua valorizzazione e realizzazione nel lavoro, con la piena assunzione della dimensione umana nella realtà del lavoro. Terreni che altri lasciano alla convegnistica e che devono essere riscontrabili nelle condizioni di lavoro.

Sul piano contrattuale, abbiamo operato come FIM-CISL con forza e convinzione in questi anni, spesso in solitudine, per il rilancio della formazione professionale come diritto soggettivo del lavoratore, per il consolidamento dell’apprendistato e dell’alternanza scuola-lavoro, per la realizzazione di un nuovo inquadramento professionale in grado di riconoscere le competenze e i ruoli, per il rafforzamento del welfare, in particolare della sanità integrativa, per migliorare il livello di tutela, e della previdenza complementare, per dare sicurezza soprattutto ai giovani, per nuove forme di orario, anche con le modalità di lavoro agile, per la conciliazione tra vita e lavoro, per rendere effettivo il coinvolgimento dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro e la partecipazione alle scelte aziendali.

Tutte innovazioni importanti e decisive che guardano al futuro del lavoro e della contrattazione collettiva, e va certamente apprezzato il fatto che nella proposta di di Federmeccanica vi siano, finalmente, aperture su tali rivendicazioni storiche della FIM-CISL e del movimento sindacale.

SALARIO E STRUTTURA CONTRATTUALE

Sul salario le posizioni sono ancora molto distanti. Federmeccanica è passata da un’offerta iniziale di 2,67 euro di aumento in tre anni, alla volontà di scontare il differenziale tra gli aumenti acquisiti con il Contratto 2012 stipulato da FIM-CISL e UILM-UIL rispetto all’inflazione consuntivata, fino alla proposta del salario di garanzia presentata il 22 dicembre scorso. Una proposta, rimasta pressoché immutata in questi lunghi otto mesi, tutt’altro che innovativa, che ripropone ricette di improbabile efficacia e sostenibilità. Ma il problema non è banalmente di quantità, noi, che non inganniamo mai i lavoratori, abbiamo detto nelle assemblee che il centro del rinnovo non sarà nel solo capitolo salariale.

Federmeccanica pensa di adeguare i minimi contrattuali per solo il 5% dei lavoratori, attraverso il meccanismo del cosiddetto salario di garanzia, che di fatto esclude dagli aumenti tutti i lavoratori che hanno superminimi individuali e contratti aziendali. Un meccanismo non solo ingiusto, ma che grava maggiormente sulle piccole aziende e quelle più in difficoltà, lasciando libere tutte le altre di erogare superminimi individuali in modo unilaterale, senza alcun aggancio a criteri trasparenti di professionalità e meritocrazia.

Si cela, dietro il salario di garanzia, un vecchio obbiettivo delle imprese, quello dell’alternanza e del superamento dei due livelli contrattuali. Una sovrapposizione sbagliata, che porterebbe a perdere finalità e specializzazione dei due livelli di contrattazione, con il doppio esito negativo di rendere residuale la rappresentanza collettiva e di impedire il pieno dispiegarsi dell’impegno per il miglioramento dei processi produttivi e delle realtà aziendali.

Alternatività dei livelli che c’è in altri paesi, come la Germania, dove accanto al crollo della copertura della percentuale dei lavoratori (in 10 anni dall’80% al 30% dei lavoratori coperti dalla contrattazione di Lander) è stato inserito nel 2015 il salario minimo legale, alternativo alla contrattazione. Su questo la Germania non rappresenta un esempio da imitare.

Nella proposta di Federmeccanica si smonta il Contratto Nazionale senza nessuna spinta verso il decentramento contrattuale. L’unica spinta è, appunto verso la finta meritocrazia che è il salario ad personam, senza alcun criterio e nessuna trasparenza. Esattamente come nell’800.

Oggi, si configurerebbe il via libera ad una sostanziale deregolazione contrattuale, prima sul piano salariale e poi inevitabilmente su quello normativo, con l’esito di accentuare la tendenza alla fuoriuscita delle aziende dal sistema e di mettere in discussione il ruolo di rappresentanza e contrattazione collettiva delle parti sociali e la tenuta stessa del sistema di relazioni industriali.

La strada che abbiamo percorso in Fca è virtuosa e innovativa, da allora, purtroppo, molti hanno spinto il vertice di Federmeccanica a fare un contratto “valigie in mano”, proprio per uscire agevolmente da Federmeccanica e dal sistema contrattuale pensando che le imprese se la possano cavare da sole con una proliferazione dei minimi salariali. Balcanizzazione giuridica utile solo al contenzioso e all’instabilità normativa. Giva sa bene che la tenuta del contratto nazionale (erga omnes), anche della parte normativa, anche dei lavoratori delle imprese non associate si basa sulla parità dei minimi retributivi. Le aziende il giorno dopo diranno, ma se non sono vincolato sui minimi salariali, perché lo devo essere sulla normativa?

Condivido, tuttavia che bisogna osare di più, ma osare non significa ne chiudersi nei tabù ne ossessionarsi dai totem. Il Contratto Nazionale riportato ad una funzione di garanzia, come chiediamo sulla difesa dall’inflazione (peraltro bassissima) non sequestrerà nessuna risorsa alla Contrattazione decentrata. La vera innovazione è superare i “ma anche” che ci ha imposto il cerchiobottismo tra il sindacalismo ideologico e la vecchia cultura aziendalista dagli anni’90.

Proprio dentro un nuovo Contratto Nazionale può costruirsi la spinta a diffondere contrattazione aziendale e territoriale. Occorre definire con nettezza i ruoli e la non sovrapponibiiltà dei due livelli per quanto riguarda le materie e la natura del salario proprio di ogni livello.

Siamo consapevoli che, fermo restando l’obbiettivo della piena tutela del potere d’acquisto, attraverso l’incremento dei minimi salariali per tutti i lavoratori, occorre maggiormente valorizzare tutta la gamma degli strumenti di salvaguardia del reddito disponibile, quali il welfare, e puntare decisamente all’incremento del salario reale attraverso la contrattazione e redistribuzione a livello decentrato della ricchezza che si produce.

SALARIO E PRODUTTIVITÀ

Come FIM-CISL sosteniamo da tempo e con convinzione la necessità di collegare la contrattazione alle sfide della produttività e della qualità, per intervenire sui fattori di criticità, per il miglioramento della qualità e dell’innovazione, e per costruire così le condizioni di prospettiva e di sostenibilità del nostro sistema industriale.

Siamo favorevoli al massimo a liberare e dispiegare in tal senso la contrattazione sui luoghi di lavoro, ma quanto sostiene Federmeccanica, che peraltro riconferma rigidità e difficoltà anche all’istituzione della contrattazione territoriale per i lavoratori delle piccole aziende, contraddice e impedisce che tale processo avvenga.

NUOVE RELAZIONI INDUSTRIALI

Il sistema va rinnovato su basi solide e questo è fondamentale per sostenere una nuova fase di rafforzamento, rilancio e innovazione del nostro apparato manifatturiero.

La sfida è rivolta a tutti, anche a Federmeccanica. Va rilanciata la partecipazione e il coinvolgimento dei lavoratori, con una scelta vera di qualità delle relazioni sindacali, di un terreno più avanzato e virtuoso di incontro tra impresa e lavoro organizzato. Non esiste nessuna innovazione se non si fa presto e bene il Contratto.

Proseguiremo quindi con determinazione la battaglia contrattuale, che consideriamo vitale per le prospettive del nostro sistema, perché siamo il sindacato che non si rassegna e che intende concorrere a costruire la speranza e il futuro per i lavoratori, le relazioni industriali e il movimento sindacale del nostro Paese. Sul terreno dell’innovazione siamo nati pronti, ma alla discrezionalità senza regole contrapporremo sempre la responsabilità della partecipazione.

In Fca molti passi in questo senso sono stati avviati ma ora è il momento del salto di qualità. Si chiama partecipazione e richiede nuove culture aziendali e sindacali e un terreno più alto di incontro tra i due.

Federmeccanica sa bene che ognuno, a casa propria ,deve mettere a tacere chi ha, puntando sull’intransigenza, sempre scommesso sulle sconfitte comuni.

È il momento del discernimento e della responsabilità, di poche sfide da giocare tutti insieme.

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Marco Bentivogli è segretario generale della FIM-CISL.

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