La corsa all’oro è finita, a dispetto dei massimi raggiunti dalle quotazioni del metallo prezioso negli ultimissimi giorni come temporanea risposta alle turbolenze borsistiche. A sancirlo è l’ultimo rapporto del Consiglio mondiale dell’Oro (Cmo), che rileva come la domanda globale del metallo prezioso per antonomasia non sia mai stata così bassa da sei anni a questa parte: -12% nel solo secondo trimestre di quest’anno, con meno di mille tonnellate richieste (915 per la precisione).
A determinare la fine del primato come ben rifugio è innanzitutto la preferenza dei risparmiatori per altre forme di investimento, in particolare il mercato azionario, sempre più interessante rispetto alle commodities, i cui flussi – in particolare quello del metallo aurifero – sono tendenzialmente calati. Ma soprattutto nel calo dell’oro c’è ancora di mezzo l’Asia, in particolare la Cina e l’India.
Il Cmo ha rilevato che la domanda nei due maggiori consumatori di oro al mondo è notevolmente scesa, di circa la metà, tra aprile e giugno di quest’anno. Circostanza dovuta, per quanto riguarda Pechino, alle turbolenze della Borsa, mentre nell’ex colonia inglese le piogge torrenziali prima e l’anomala siccità dopo hanno minato l’imponente fatturato dell’agricoltura, determinando dunque un calo di acquisti di gioielli (del 23% nel secondo trimestre).
Anche le banche centrali hanno detto addio al metallo pregiato, riducendo gli acquisti dell’11% nell’ultimo anno, a 137 tonnellate complessive. Persino la banca centrale cinese, che pure ha acquistato 600 tonnellate dal 2009, di cui ancora una ventina a luglio, ha deluso le aspettative degli esperti: “La Cina avrebbe dovuto acquistare molto più oro della Russia, ad esempio”, ha sentenziato Commerzbank.