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Meta: evasione da oltre 887 milioni secondo i pm di Milano, indagati i legali rappresentanti

La Procura di Milano ha chiuso le indagini nei confronti dei rappresentanti legali di Meta, titolare di Facebook e Instagram. Chi sono gli indagati per una presunta evasione fiscale da oltre 887 milioni di euro

Meta: evasione da oltre 887 milioni secondo i pm di Milano, indagati i legali rappresentanti

Meta: evasi oltre 887 milioni di euro, indagati i legali rappresentanti. La Procura di Milano, infatti, ha chiuso le indagini nei confronti dei rappresentanti legali di Meta Platforms Ireland Limited, titolare dei social network Facebook e Instagram, per una presunta evasione fiscale di oltre 887 milioni di euro. Lo ha reso noto con un comunicato stampa il procuratore Marcello Viola. La somma è emersa in seguito agli accertamenti del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf in base alla mancata presentazione della dichiarazione dell’imposta sul valore aggiunto da parte del colosso per gli anni che vanno dal 2015 al 2021.

I pm Giovanni Polizzi e Cristian Barilli, come si legge in una nota del procuratore Marcello Viola, hanno notificato oggi l’avviso di conclusione delle indagini “nei confronti dei rappresentanti legali della società di diritto irlandese Meta Platforms Ireland Limited, titolare dei social network Facebook e Instagram”, a seguito degli accertamenti del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Milano.

Le indagini hanno accertato, si legge, “come il gruppo Meta, per consentire agli utenti l’utilizzo del proprio software e dei correlati servizi digitali, acquisisca e gestisca, per scopi commerciali, dati, informazioni personali e interazioni sulle piattaforme di ciascun iscritto, così da instaurare con i fruitori del servizio, in virtù della connessione diretta in termini di proporzionalità quantitativa e qualitativa tra le contrapposte prestazioni, un rapporto di natura sinallagmatica”.

Rapporto “ricondotto, ai fini dell’applicazione dell’Imposta sul valore aggiunto, all’interno della cornice normativa di cui all’articolo 11 del Dpr numero 633/72, quale operazione permutativa”.

Le indagini hanno permesso “di evidenziare gli analitici elementi di fatto e di diritto idonei a supportare la configurazione, in capo ai rappresentati legali” di Meta, “soggetto erogatore del servizio e titolare del trattamento dei dati conferiti dall’utente, del reato di ‘omessa dichiarazione’ ai fini Iva di cui all’articolo 5, comma 1, del D. Lgs. n. 74/2000 per i periodi d’imposta dal 2015 al 2021″. Avrebbero “omesso di dichiarare un imponibile pari ad euro 3.989.197.744,05”, ossia quasi 4 miliardi di euro, “cui corrisponde un’Imposta sul valore aggiunto evasa pari ad euro 887.623.503,69”.

In sostanza, l’Iva non versata riguarda l’iscrizione degli utenti sulle piattaforme social. Iscrizioni che avvengono sì gratuitamente, ma con l’utente che in realtà paga una sorta di “fee”, perché mette a disposizione i propri dati personali e con tanto di potenziale profilazione di quei dati. Ed è proprio attraverso questo scambio, formalmente gratuito, che Meta può trarre comunque un profitto. Guadagni che, in base a valutazioni giuridiche e fiscali, devono essere tassati, secondo i pm, con l’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto, che Meta, invece, negli anni non ha mai versato.

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