In un’intervista all’Huffington Post, Marcello Messori – economista, direttore della Luiss School of European Political Economy e presidente delle Ferrovie di Stato Italiane – spiega quali sono le ragioni del Black Monday iniziato a Shanghai e Shenzhen, dove i due principali mercati cinesi hanno trascinato giù gli indici borsistici europei e americani e avverte:”Il tasso di crescita europeo è stato trainato più dalle esportazioni che non dai consumi interni. Non è un caso che uno dei Paesi più colpiti dal punto di vista borsistico sia stata proprio la Germania, che ha un avanzo di partite correnti estremamente forte rispetto alle aree esterne all’area euro. E questo vale in parte anche per l’Italia. Non saremo lo Stato più colpito, però certamente quel poco di crescita che abbiamo conosciuto e la riduzione della recessione registrata sono entrambe dovute alle esportazioni”.
Messori sostiene che “la locomotiva cinese si è inceppata perché ha cercato, prima tra le grandi aree economiche mondiali, di passare da una situazione di forte sostegno alla crescita da parte del pubblico – che in questo caso si configurava come un intervento molto accentrato da parte della Banca Centrale cinese controllata dallo Stato – a un rilancio dei consumi interni. Si è fatto, in sintesi, un tentativo di decentramento economico. Questo passaggio era molto difficile”.
Ecco perchè “la svalutazione dello yuan va letta come una presa d’atto che questa transizione da una crescita trainata soltanto dagli investimenti a una crescita sostenuta anche dai consumi interni era molto più problematica di quanto non si pensasse”.
Quali saranno perciò le conseguenze della mossa cinese per l’Europa? Secondo Messori “certamente l’area dell’euro è colpita dal rallentamento cinese e di quello dei Paesi emergenti perchè il tasso di crescita europeo è stato trainato più dalle esportazioni che non dai consumi interni. E quindi non è un caso che uno dei Paesi più colpiti dal punto di vista borsistico sia stata proprio la Germania, che ha un avanzo di partite correnti estremamente forte nei confronti alle aree esterne all’eurozona. E questo vale in parte anche per l’Italia. Tutti i sistemi economici con una crescita modesta trainata dalle esportazioni rischiano di risentire di questa crisi”.
Sul futuro dell’economia molto inciderà anche la Fed ed è per questo che, secondo Messori, “nel breve termine sarebbe positivo che non rialzi i tassi, sarebbe una spinta alla crescita internazionale e un argine a una possibile recessione. Sul medio e lungo periodo ci sarebbe il rischio di ricreare bolle finanziarie. Questo è il passaggio stretto in cui si trova la Fed: non rialzare troppo presto i tassi rispetto a una congiuntura che all’inizio del 2015 forse era inattesa, ma non ritardarli così tanto da creare una bolla irreversibile”.