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Messico al voto, due donne si contendono l’eredità (in chiaroscuro) di Amlo: chi sono e cosa potrebbe succedere

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Finisce l’era di Andrés Manuel López Obrador, detto Amlo, presidente del Messico dal 1° dicembre 2018, e per la prima volta ad assumere la carica di presidente del Paese latinoamericano sarà con ogni probabilità una donna. Alle elezioni del prossimo 2 giugno si sfidano infatti Claudia Sheinbaum, l’ex governatrice della capitale Città del Messico, del partito di Amlo, Morena, e Xóchitl Gálvez, candidata del Fuerza y Corazón por México (Forza e Coraggio per il Messico), una coalizione che raccoglie tutti i partiti tradizionali che hanno caratterizzato la storia politica del Messico e dalla trazione tendenzialmente liberista, di centrodestra. Gàlvez sarebbe non solo la prima donna ma anche il primo presidente indigeno del Paese. La lotta dovrebbe essere circoscritta a loro due, con la Sheinbaum al momento avanti nei sondaggi, ma tutto può ancora succedere in un Paese che chiamerà al voto quasi 100 milioni di elettori e che esce da una fase contraddittoria.

Messico, l’eredità di Amlo in chiaroscuro

L’eredità di Amlo è infatti decisamente in chiaroscuro. Da un lato il Messico è in una fase di buona crescita economica, beneficiando soprattutto del nearshoring statunitense che ha riportato l’epicentro delle attività economiche a stelle e strisce sul continente americano e più lontano dalla Cina, al punto che il Messico nel 2023 è tornato dopo 20 anni ad essere il primo partner commerciale degli Stati Uniti, scavalcando proprio Pechino e vedendo il Pil crescere del 3,1%, contro le previsioni che a inizio anno erano ben più prudenti e pronosticavano un +1,6%. Invece il Paese centrocamericano è diventato secondo le proiezioni del Fondo monetario internazionale la dodicesima economia del mondo (era la quattordicesima) e saldamente la seconda dell’America Latina dietro al Brasile, con il Pil che secondo le stime crescerà ancora quest’anno tra il 2,1 e il 2,5%. Il nearshoring peraltro dovrebbe portare benefici a cascata a tutto il continente sudamericano, e per questo motivo le elezioni presidenziali sono seguite con molta attenzione in tutta l’area, visto che in gioco c’è di diventare la catena di fornitura degli Stati Uniti e anche il possibile luogo di delocalizzazione di molte aziende, anche high tech, che in passato sceglievano la Cina. Solo per fare un esempio, Tesla ha annunciato la costruzione di una gigafactory proprio in Messico, dove investirà 5 miliardi di dollari.

Messico al voto, la candidata auspicabile secondo gli analisti

Da questo punto di vista, molti analisti considerano preferibile l’affermazione della candidata dell’opposizione, Galvez, che ha una postura decisamente più business-oriented e meno statalista rispetto a Amlo e alla sua delfina Sheinbaum. Anche se molto dipenderà pure da chi vincerà la corsa alla Casa Bianca a novembre: nel caso di un ritorno di Donald Trump, le relazioni tra Usa e Messico potrebbero complicarsi a causa della questione dell’immigrazione. Amlo tuttavia, pur essendo formalmente “di sinistra”, non si è fatto mancare in questi anni scelte da conservatore, come la crescente militarizzazione del Paese e la realizzazione di opere infrastrutturali importanti per l’economia e il turismo ma devastanti per l’ambiente. Viene da pensare al discussissimo Tren Maya, chiamato a collegare le principali aree turistiche di cinque stati del Sudest (Yucatán, Campeche, Quintana Roo, Chiapas e Tabasco) attraverso la foresta umida tropicale mesoamericana (la seconda più estesa dell’America Latina, dopo l’Amazzonia), mettendo a rischio l’ecosistema carsico; ma anche al Corredor Transístmico, la grande infrastruttura ferroviaria pensata per mettere in collegamento gli oceani Pacifico e Atlantico, offrendo un “canale terrestre” alternativo al canale marittimo di Panama.

Il ruolo geopolitico del Messico in America Latina

Inoltre una scelta in continuità con Amlo potrebbe non facilitare i già tesissimi rapporti politico-diplomatici con il resto dell’America Latina: il presidente uscente è di quelli ideologicamente vicini o comunque non ostili a Cuba e al Venezuela, in un momento storico in cui invece si sta affermando un’onda conservatrice capeggiata dall’Argentina di Javier Milei e in cui proprio il Venezuela va al voto tra mille polemiche. Lopez Obrador ha peraltro già discusso aspramente con lo stesso Milei e ha interrotto le relazioni diplomatiche con l’Ecuador di un altro leader di destra emergente, il giovane Daniel Noboa, dopo che ad aprile questi ha ordinato l’assalto della polizia ecuadoregna all’interno dell’ambasciata del Messico a Quito, per catturare l’ex vice-presidente Jorge Glas, condannato per associazione a delinquere e corruzione. A “tifare” convintamente per la vittoria dell’erede di Amlo è praticamente rimasto solo il presidente del Brasile Lula, la cui leadership nell’area, secondo la stampa del proprio Paese, verrebbe invece indebolita nel caso in cui a vincere non dovesse essere Sheinbaum.

Messico al voto, preoccupa la criminalità

Ma al di là dell’economia e delle questioni internazionali, per i cittadini messicani il grande tema della campagna elettorale è la criminalità. Come detto, Amlo ha militarizzato il Paese con la promessa di portare più sicurezza, ma questo non ha impedito l’escalation della violenza, anche ad alto livello: 25 candidati (contando anche quelli delle amministrative che si svolgeranno contestualmente) sono già stati assassinati, e altri 300 politici si trovano attualmente sotto scorta. I sei anni di governo Amlo, secondo i dati ufficiali, sono stati i più violenti della storia del Messico: gli omicidi sono stati più di 182.000, una media di oltre 30.000 l’anno, mentre negli anni Duemila il dato era sceso sotto i 10.000. Eppure, forse proprio perché Amlo ha dato molto potere e dunque credibilità alle Forze Armate, la percezione di insicurezza tra la popolazione non è così alta, anzi è paradossalmente diminuita dal 73% al 61% con l’attuale presidenza. La fiducia dei cittadini nell’Esercito è ai massimi storici, oltre l’82%. Questo perché Amlo ne ha aumentato gli stipendi, rendendolo almeno in apparenza meno corruttibile. Ecco perché, nonostante tutto, il presidente uscente gode ancora di una popolarità molto alta, intorno al 60%. Ne beneficerà la sua candidata o si aprirà una nuova fase della storia del Messico?

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