Se non fosse in gioco la reputazione dell’Italia in Europa, nel mondo e sui mercati finanziari, le beghe tra comari – come ironicamente le chiamava Giovanni Spadolini ai suoi tempi – di Giorgia Meloni e Matteo Salvini farebbero solo sorridere. Ma anche molto indignare. Perché tutti hanno già capito benissimo due cose: 1) che il rifiuto di firmare il Mes – non di utilizzarlo, che non è minimamente in discussione – non ha nulla, ma proprio nulla, a che vedere con la difesa dell’interesse nazionale. Anzi il recentissimo documento tecnico del Mef dimostra l’esatto contrario e cioè che la ratifica del Mef rafforzerebbe la credibilità dell’Italia sui mercati, migliorerebbe il nostro rating e permetterebbe di finanziare il nostro debito a condizioni più favorevoli e di ridurre lo spread Btp-Bund; 2) che prima o poi l’Italia ratificherà, obtorto collo, la riforma del Mes pur giurando e spergiurando che mai e poi lo userà. Su questo punto i bookmaker scommettono che la firma, salvo incidenti di percorso, avverrà non oltre settembre.
Mes: dopo la propaganda elettorale Meloni e Salvini non sanno come fare i conti con la realtà
Ma allora, se così stanno le cose, che ci vuole a farla finita e a sottoscrivere l’odiato e pur utilissimo Mes? Odiato perché nell’ultima campagna elettorale nazionale sia la Meloni che Salvini hanno in tutti i modi accarezzato il vento anti-europeo a caccia di qualche voto in più e in questa narrazione populista e sovranista del Mes hanno detto peste e corna. Hanno fatto credere agli italiani che aderendo al Mes ci saremmo portati la Troika in casa e avremmo fatto la fine della Grecia: spudoratezza pura e bugie a grappoli. Poi, una volta arrivati al Governo, sia la Meloni che Salvini – ma più la premier che il leader della Lega – si sono resi conto che i loro atteggiamenti anti-Mes erano pure “baggianate populiste”, come le chiama l’economista renziano Luigi Marattin e che comunque non erano politicamente sostenibili in Europa. Un Paese è liberissimo di non utilizzare i fondi del Mes, che servono a fronteggiare eventuali crisi bancarie sistemiche (come ha fatto con successo la Spagna) che speriamo non avvengano mai in Italia, ma quello che non può fare è impedire all’Europa di dotarsi del Mes che gli altri 26 partner comunitari hanno già approvato nei rispettivi Parlamenti nazionali. Questo è insostenibile e questo colpisce al cuore la credibilità di un Paese che non può scherzare col fuoco con l’alto debito pubblico che si ritrova. La Meloni l’ha capito benissimo e forse l’ha capito perfino quel genio della politica planetaria che tutto il mondo ci invidia e che si chiama Matteo Salvini ma che per un pugno di voti in più venderebbe anche la madre. E infatti Salvini sta speculando sulle difficoltà della Meloni, scavalcandola a destra per recuperare i voti perduti in chi crede alla favola dell’Europa matrigna. Non ci sono parole invece per le capriole di Antonio Tajani che, per tenere bordone a Meloni e Salvini, dimentica che fu proprio l’ultimo Governo Berlusconi ad avviare il Mes. Quanto a Giuseppe Conte l’opportunismo è l’unica sua bussola e non stupisce che all’entusiasmo con cui nel 2020 i grillini brindarono alla riforma del Mes oggi si sostituisca l’annuncio di una loro bocciatura parlamentare: c’è chi la chiama schizofrenia politica ma è un film già visto tante volte.
Mes, Meloni e Salvini non hanno ancora trovato una narrazione presentabile per giustificare la loro retromarcia
Ma i due capi del Governo di destra-centro, per la verità più la Meloni che Salvini, hanno un problema: di pura immagine. Come capovolgere le bufale che hanno raccontato in campagna elettorale facendo ora accettare al Paese l’adesione al Mes senza perdere la faccia? Finora l’unico straccio di tattica che la Meloni ha saputo inventarsi è quello di temporeggiare e di trattare con la Ue sul nuovo Patto di stabilità e sul Pnrr sperando di ottenere qualche concessione che, agli occhi degli italiani (ma quali se non i farlocchi?) nasconda la capitolazione sul Mes. Capitolazione che non potrà non avvenire, pena l’isolamento politico in Europa su cui il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella avrebbe sicuramente qualcosa da dire. Il finale della commedia all’italiana è già scritto, è solo questione di tempo e, presumibilmente a settembre, sulla patetica diatriba sul Mes calerà il sipario. Il che non esclude un percorso accidentato e magari qualche incidente parlamentare. Se poi tutta questa assurda vicenda susciterà in Meloni riflessioni suggestive sul futuro e sull’inaffidabilità dell’uomo del Papeete lo capiremo in seguito.
L’articolista è talmente in malafede e ignorante che non sa che i Paesi eventualmente interessati dalla riforma (peggiorativa) del MES non sono 27 bensì 20.
Spero per lui che sia solo ignoranza.
I commenti dei lettori, anche se in dissenso, sono sempre molto apprezzati ma le polemiche pretestuose no: nell’articolo in questione si dà conto del fatto che 26 Parlamenti dei 27 partner europei hanno già approvato il MES, non del fatto che siano o meno interessati all’eventuale utilizzo dello strumento stesso