Che farà il premier Conte se a fine mese una mozione parlamentare di approvazione del nuovo Mes senza condizioni sarà approvata da Italia Viva, dal Pd e perfino da Forza Italia di Silvio Berlusconi, ma non dai Cinque Stelle? In una situazione di normalità politica, sarebbe inevitabile l’immediata apertura della crisi di governo, ma ora c’è l’emergenza Coronavirus e Giuseppe Conte, accusato due giorni di cadornismo dal Pd ma ieri riabilitato dal segretario Nicola Zingaretti, è maestro di trasformismo, come ha già dimostrato nell’ultima estate, quando passò senza arrossire da un’alleanza di governo con la Lega a una con Renzi, il Pd e Leu oltre che, in entrambi i casi, con i Cinque Stelle.
La correzione di tiro del premier, fino a due giorni fa acriticamente sdraiato sulla linea anti-Mes dei Cinque Stelle, è cominciata un minuto dopo la fine del temporeggiamento del Pd e il pronunciamento pro-Mes non solo di Matteo Renzi, che ancora una volta ha fatto da apripista al riallineamento europeo del Governo, ma dello stesso Zingaretti. Ieri infatti Conte ha cominciato l’inversione a U, sostenendo che al prossimo Consiglio europeo si batterà per escludere clausole vessatorie del Mes, che in realtà non ci sono, e che solo dopo esprimerà “una valutazione compiuta ed avveduta” sul suo utilizzo. Anticamera dell’ennesima capriola che tuttavia non rende meno stretto – almeno per due ragioni – il sentiero che condurrà Conte sotto le Forche caudine del Mes.
In primo luogo, perché sul Mes ieri è affiorata un’altra novità politica e cioè la spaccatura del centrodestra, con Silvio Berlusconi, che nel 2010 avviò l’adesione dell’Italia al Mes prima versione (quello con condizionalità) e che ieri ha preso nettamente le distanze dai sovranisti Matteo Salvini e Giorgia Meloni, pronunciandosi a favore del nuovo Mes.
In secondo luogo perché, almeno a parole e almeno per ora, i Cinque Stelle, che sanno di giocarsi la faccia sul No al Mes, non demordono e insistono sul rifiuto pregiudiziale dei 36 miliardi di euro che il nuovo Fondo Salva-Stati potrebbe assicurare da subito all’Italia.
Il Presidente del Consiglio si trova dunque a fare i conti con le sue ambiguità ed è stretto tra due fuochi: da un lato il Sì al nuovo Mes dell’ala riformista del Governo a cui si aggiunge Berlusconi e dall’altro l’opposizione non solo dei Salvini e delle Meloni, ma dei Cinque Stelle, che hanno portato l’avvocato pugliese a Palazzo Chigi. È evidente che, se non vuole perdere la Presidenza del Consiglio, il premier non può deludere il Pd, che si è subito affrettato ad apprezzare la correzione di tiro di Conte, ma non può deludere nemmeno Sergio Mattarella, che non gradirebbe un incomprensibile isolamento europeo anti-Mes del nostro Governo.
Occorrerebbe però convincere i Cinque Stelle alla capitolazione, ma qui la commedia degli equivoci ha il fiato corto. Alla fine o perdono la faccia i grillini o la perde Conte. L’importante è che sul Mes non la perda l’Italia. Ma c’è già chi parla di crisi strisciante e di un governo per ricostruire il Paese dopo l’emergenza sanitaria che non potrà essere guidato da Conte. Il crollo della Borsa di ieri parla da solo.