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Mes e l’Italia, le vere ragioni della sfiducia europea

Il pericolo di inserire parametri automatici rigidi sulla ristrutturazione del debito è stato sventato. Ma il dibattito politico in corso dimostra che siamo lontani dal capire le ragioni della nostra crisi. Se non pensiamo ora a ridurre il debito, come potremo mai superare nuovi futuri scossoni?

Mes e l’Italia, le vere ragioni della sfiducia europea

Sul MES continua ad esserci grande confusione: Di Maio farfuglia frasi senza senso dimostrando di non conoscere la questione (per un ministro degli Esteri è il colmo ) ed anche commentatori qualificati si perdono dietro alla complessità oggettiva della materia finendo per ingenerare equivoci e sospetti (si veda Ricolfi su Il Messaggero o Barbara Spinelli sul Fatto).

Provo a spiegare in termini semplificati il cuore della questione della ristrutturazione del debito di un Paese che fa richiesta di avere un sostegno dal MES qualora questo fosse ritenuto non sostenibile cioè se si giudica che il Paese in questione potrebbe essere in grado di non ripagarlo.

E fin qui nulla di strano: è normale che un creditore prima di dare i suoi soldi a qualcuno voglia valutare se questo è in grado di restituirli nei termini concordati. Quello che ha suscitato l’opposizione degli esperti italiani fin da quando alcuni economisti franco-tedeschi proposero dei meccanismi automatici per costringere il debitore a ristrutturare il debito, era la considerazione che inserendo in un trattato internazionale dei parametri rigidi di valutazione del debito, si sarebbe fornito agli operatori di mercato un bersaglio ben chiaro per attivare la speculazione e quindi per mettere quel determinato paese nella condizione di dover ristrutturare.

Insomma simili target avrebbero peggiorato le aspettative del mercato e aumentato la percezione del rischio da parte dei compratori. In definitiva se fosse passata una clausola di ristrutturazione automatica del debito gli effetti avrebbero potuti essere opposti a quelli voluti : invece di evitare una crisi sistemica, l’avrebbe resa più probabile e più vicina. Ed è proprio questo il rischio che il ministro Tria è riuscito ad evitare per cui si può ragionevolmente sostenere che la riforma non peggiora sostanzialmente la situazione precedente dell’ operatività del Fondo salva Stati, il quale nel complesso è un opportuno strumento di stabilizzazione del sistema europeo. Uno strumento di “solidarietà” e non parteciparvi sarebbe per noi una dichiarazione di debolezza.

Ci sono altri aspetti che rendono poco soddisfacente il MES rispetto alla costruzione europea. Il primo riguarda un certo trasferimento di poteri dalla Commissione di Bruxelles al MES che è un organismo intergovernativo. Quindi si rafforza la tendenza verso il sistema intergovernativo a scapito della Commissione che invece è uno strumento sovranazionale europeo. In secondo luogo tutto l’impianto sembra dominato dalla sfiducia dei paesi europei nei confronti dell’Italia, e teso a creare un meccanismo capace di evitare il contagio nel caso l’ Italia dovesse dichiarare fallimento ed uscire dall’ Euro.

Questo è quello che economisti come GP Galli intendevano segnalare alla politica italiana: attenzione che l’ Europa, a furia di chiedere “flessibilità” di bilancio, di non rispettare le regole comuni sulle spese statali e sul debito, si va convincendo che l’ Italia non ha alcuna voglia di stare insieme agli altri. La cosa è stata enfatizzata lo scorso anno dal governo Conte 1 con atti e dichiarazioni che hanno fatto chiaramente intendere che il nostro paese era pronto ad imboccare una strada autonoma, magari con l’ aiuto di Putin o della Cina.

A questo punto i Paesi del nord Europa hanno reagito cercando di mettere regole fisse e brutali che nella loro schematicità, avrebbero però portato a risultati opposti a quelli dichiarati : invece di evitare la crisi italiana, l’avrebbero sera più probabile e più vicina.

Tecnicamente il pericolo è stato sventato, ma il dibattito politico di questi giorni dimostra che siamo lontanissimi dal capire le vere ragioni della nostra crisi economica e della sfiducia europea. Queste stanno nel livello del nostro debito , ed ancor più, nella dichiarata volontà della stragrande maggioranza delle forze politiche di continuare a sperperare denaro pubblico promettendo soldi e sgravi fiscali a destra e a manca, senza curarsi delle vere riforme per servirebbero per ritrovare un po’ di efficienza nel nostro sistema pubblico (ed in parte anche in quello privato), e quindi nel persistente rifiuto di imboccare una strada per la riduzione, sia pur graduale, del peso del nostro debito. E la cosa è tanto più grave in quanto oggi le condizioni sono eccezionalmente favorevoli a cominciare dai tassi d’interesse bassissimi. Se non pensiamo di fare qualcosa ora per riequilibrare la nostra economia puntando su una crescita più elevata ed una riduzione del debito, quando mai penseremo di farla? E se una crisi internazionale dovesse investirci di nuovo come nel 2008, come potremo superarla?

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