Dopo la ratifica tedesca, giunta sabato una volta ottenuto il via libera della Corte Costituzionale tedesca, l’Italia resta l’unico paese a non aver ratificato la riforma del MES deliberata dal Consiglio ECOFIN nel 2020. Il MES, o meccanismo europeo di stabilità, fu istituito nel 2012 con un accordo intergovernativo tra i paesi partecipanti all’euro per dotare l’Eurozona di un meccanismo di intervento a sostegno di stati membri colpiti di instabilità finanziaria capace di mettere in pericolo l’appartenenza all’euro o la stessa sopravvivenza della moneta unica. L’assistenza finanziaria del MES fu attivata con successo per salvare la Grecia dal default e per riportare in equilibrio finanziario l’Irlanda e il Portogallo – senza onere alcuno per i paesi partecipanti al suo capitale – sventando la crisi potenziale da contagio dell’intera zona euro.
Il Mes e la Grecia: perché ha suscitato ostilità
Tuttavia, la durezza delle condizioni imposte alla Grecia e, soprattutto, il fatto che il governo greco in carica fu obbligato a inghiottire un severo programma di stabilizzazione in completo contrasto con gli impegni politici assunti nella campagna elettorale che ne aveva assicurato l’elezione ha fatto del MES la bestia nera dei paesi più indebitati e anche del parlamento europeo. Tale ostilità emerse in maniera macroscopica durante la crisi pandemica, quando gli stati membri rifiutarono di servirsi della nuova linea di credito istituita per aiutare gli stati membri a sostenere le spese sanitarie, la quale non richiedeva altra condizione che quella di essere spesa per sostenere i maggiori oneri sanitari legati alla pandemia. Il rifiuto dell’Italia di ratificare la riforma del Trattato istitutivo del MES sembra figlio dello stesso sentimento di rigetto verso le politiche comuni europee per la stabilizzazione dei debiti pubblici eccessivi.
Cos’è il Mes e cosa prevede la riforma
Che cosa prevede, dunque, la riforma del MES? Essenzialmente tre cose. La prima è l’introduzione della possibilità per il MES di finanziare il Fondo unico di risoluzione delle crisi bancarie, fino a un massimo di 68 miliardi di euro, con una linea di credito triennale (estensibile fino a. 5 anni) da rimborsare attraverso contributi obbligatori imposti alle banche.
La seconda è un rafforzamento dei criteri per l’assistenza finanziaria, da un lato resi più flessibili, ma dall’altro sottoposti alla condizione di sostenibilità del debito pubblico. Questo è l’aspetto più problematico, dato che, alimentando i timori egli investitori, può diventare esosi stesso fonte di instabilità. Infine, viene introdotta una nuova linea di credito precauzionale, con condizionalità ‘leggera’, che consente di agire per prevenire l’instabilità e può essere concessa senza bisogno di un programma macroeconomico completo.
Bloccare la riforma del Mes: l’Italia rischia l’isolamento
La domanda che ora sorge spontanea è se sia una buona idea bloccare la riforma del MES – cosa che l’Italia può almeno temporaneamente fare bloccando la ratifica della revisione del Trattato istitutivo – con l’effetto di lasciare il Trattato istitutivo così com’è, dunque rinunciando ad alcuni miglioramenti certi. Va notato, al riguardo, che il problema della sostenibilità del debito pubblico uscirebbe forse dalla porta per rientrare dalla finestra, dato che la questione sarà inevitabilmente inclusa anche nella riforma del Patto di stabilità e crescita. Più importante, la mancata ratifica costituirebbe, o comunque sarebbe percepita come, un rifiuto delle politiche comuni di difesa dell’euro. Non proprio un bel viatico per gli obbiettivi di rispettabilità europea del nuovo governo.