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Mercato dell’arte: ecco come si finanzia

Ormai sono anni che il mercato dell’arte cresce a ritmi impressionanti. Le opere sono state valutate fino a mezzo milione di dollari, facendo corrispondere al grande valore artistico dei prodotti una notevole misurazione economica.

Ma come funziona il finanziamento di questo mercato? Quali sono i fondi a cui possono attingere gli operatori? Ce lo spiega l’Art Dealer Finance, lo studio realizzato da Tetaf (la fiera internazionale d’arte e antiquariato che si tiene ogni anno a Maastricht) e presentato il 4 maggio da Anders Petterson, fondatore di Art Tactic, con il commento di Tim Schneider, giornalista di Artnet e fondatore di Gray Market.

Lo studio è stato effettuato raccogliendo le opinioni di 142 operatori del settore ( tra cui Michael Plummer, managing Director di Tetaf New York e uno dei fondatori di Artvest, Adriano Picinati di Torcello, Global Art &Finance coordinator di Deloitte, Evan Beard di US Trust, Andrea Danese e Nigel Glenda di Athena Art Finance, Freya Stewart di Fine Art Group) e ha cambiato strategia virando verso analisi più approfondite e mirate già dal 2017, anno in cui è stato firmato da Rachel Pownall, professoressa di Economia e Commercio dell’Università di Maastricht.

Ciò che risalta nell’analisi è che prestiti e finanziamenti agli operatori e alle gallerie non sono così cospicui come ci si immaginerebbe in un mercato che è cresciuto tanto negli ultimi anni. Si può dire che tra il 2000 e il 2017 il Mercato dell’Arte sia diventato una vera e propria industria con un giro di affari che ha superato i 63 milioni di dollari.

Il punto è che per l’arte esistono periodi storici più o meno favorevoli e gallerie che riescono a farsi finanziare più facilmente di altre, tra cui quelle impressioniste, moderne, del dopoguerra e contemporanee. Di questi tempi, ad esempio, nel 2017 case d’aste come la Sotheby’s, Christie e Phillips hanno registrato il 50% del loro giro di affari. Le vendite dunque rappresentano una variabile imprevedibile, per cui risulta preferibile servirsi dei propri utili o rivolgersi ad investitori privati, anziché chiedere prestiti alle banche.

Da una dichiarazione nel report del 2017 di Deloitte Art&Finance emerge che la metà dei collezionisti intervistati compra per il rendimento dell’investimento, e più del trenta per cento acquista per diversificare. Dallo stesso rapporto emerge che i beni dell’arte sono estimati 1,62 trilioni di dollari, e potrebbero arrivare a 2,71 trilioni nel 2026.

Inoltre negli ultimi anni si sono affermati gli High Net Worth Individuals, persone con cospicui patrimoni netti che hanno iniziato a dominare e imporre nuove regole sul mercato, determinandone la crescita a partire dal 2004.

Dunque questo mercato è visibilmente in crescita con cifre a molti zeri, ma resta pur sempre imprevedibile, dato che il valore dell’arte, come sostiene Evan Beard dell’Us Trust, è basato sulle convinzioni.

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