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Mercato dell’arte, da collezionismo a investimento. Una questione strettamente legata ai mercati finanziari

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È il momento di fare un po’ di chiarezza sulla gestione patrimoniale che attira molti collezionisti e investitori sempre più alla ricerca di consigli e indicazioni per gestire e aumentare la propria ricchezza attraverso una varietà di alternative. Già un precedente rapporto Deloitte Art & Finance indicava che il 64% dei consulenti patrimoniali offre servizi relativi all’arte e ad altri oggetti da collezione. Un processo delicato che però necessità da parte dei consulenti una continua e necessaria formazione per come meglio espandere i portafogli includendo anche l’arte.

Un po’ di storia per capire meglio non guasta

Era il 1974 il British Rail Pension Fund decise di investire nell’arte, destinando all’impresa circa 40 milioni di sterline (oltre 48 milioni di euro), ovvero circa il 3% delle sue partecipazioni all’epoca. British Rail si impegnò con Sotheby’s, che offrì consulenza “gratuita” a condizione che qualsiasi vendita dal portafoglio di British Rail passasse attraverso Sotheby’s. L’importanza dell’esperimento della British Rail, il cui successo rimane discutibile, fu che fu il primo tentativo sistematico e su larga scala di trattare l’arte come veicolo di investimento. Chi non ricorda gli anni ’80 e i primi anni ’90 dove avvenne improvvisamente un boom del mercato dell’arte, facendo leva sulla moda che cavalcava la passione verso quadri impressionisti e postimpressionisti. Ma la vera e grande escalation dei prezzi la registriamo tra il 1987 e il 1990, dopo il crollo del mercato azionario del 1987. Interessante la strategia di mercato che portò Van Gogh a diventare l’artista più interessante del momento con la vendita di Sunflowers nel 1987 alla compagnia di assicurazioni antincendio giapponese Yasuda per 39,9 milioni di dollari. Subito dopo registriamo la vendita di Iris all’imprenditore australiano Alan Bond per 53,9 milioni di dollari e infine – ma è ancora l’inizio – la vendita del dipinto Portrait del dottor Gachet per 82,5 milioni di dollari sempre per un magnate d’affari giapponese, Royei Saito.

Mercato dell’arte nei mercati monetari

In realtà, il periodo giapponese vedeva prezzi forzati artificialmente da un afflusso di denaro da parte di istituzioni, singoli speculatori e, come è emerso in seguito, da un’elaborata operazione di riciclaggio di denaro giapponese. Fu anche il momento d’oro per le case d’asta che cominciarono a presentarsi in forme sempre più organizzate, mentre molti commercianti o gallerie faticavano a competere con i prezzi posti al dettaglio. E così mentre le sale d’asta prosperavano, molti commercianti che operavano nei settori più tradizionali del mercato secondario non riuscivano più a tenere il passo con la spirale dei prezzi o a competere con le incursioni delle case d’asta nel mercato al dettaglio. Da quel momento, o meglio dagli anni ’90, tutto cambiò ed è l’arte contemporanea ad entrare e aggiudicarsi l’interesse finanziario e l’andamento dei mercati per una possibile rivalutazione, anche se resterà sempre un segmento “volatile” da tenere costantemente sotto controllo.

Fiere e Case d’Asta

In tutto questo nuovo modello di mercato entrano in gioco anche le fiere come Art Basel, la Frieze Art Fair, l’Armory Show di New York per evidenziare TEFAF, la European Fine Art Fair di Maastricht che tra i capolavori accuratamente selezionati non è difficile notare tra visitatori, investitori internazionali dai nomi di spicco. Una vera kermesse di gallerie dove tutto è accuratamente controllato da esperti che valutano l’accesso alle opere, ma non dimentichiamo la forza pubblicitaria che le fiere offrono rispetto ad una tradizionale galleria d’arte.

Popolarità e scandali

La crescente popolarità delle fiere può anche essere attribuita a uno scandalo che scosse il mercato dell’arte a partire dal 2000, quando l’allora amministratore delegato (CEO) di Christie’s, Christopher Davidge, fornì agli investigatori federali un file di documenti che indicava che le due società avrebbero potuto violare le norme antitrust a causa delle commissioni. Tutto per aggiudicarsi un’intera collezione. Un fatto che vide le due case d’asta più potenti del mondo far fronte a multe e imposte per un totale di quasi 590 milioni di dollari. Anche se l’anno successivo i profitti di Sotheby’s furono all’incirca dimezzati, a chi pensava che il dominio di Sotheby’s e Christie’s sul mercato mondiale dell’arte sarebbe finito, si sbagliava, dopo una breve pausa tutto tornò come prima consegnando alle case d’asta nuovamente il primato per numero di opere offerte, qualità e prezzo offerto su stime che invitano a concorrere all’aggiudicazione, ovviamente nel controllo e nel rispetto delle regole. Anche se ci viene da interpretare il mercato dell’arte con attori come i Montecchi e i Capuleti degli ultimi giorni, impegnati in un’eroica battaglia all’ultimo sangue, il mondo esterno tende ad osservare cosa succederà ancora in questo mercato che avrebbe bisogno di una vera “deregulation“.

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Categories: Arte