L’Asia non è più l’eldorado del tessile. Inizia a costare, e la Cina non è più così vicina come sembrava. E soprattutto inizia a produrre anche per se stessa. E c’è chi invece, molto più vicino all’Europa, a davvero pochi passi, potrebbe inserirsi nel settore della moda: è il Marocco, finora fornitore quasi esclusivamente dei vicini spagnoli (37%) e dei francesi (35%).
Ma gli industriali marocchini vogliono di più. Col sostegno delle associazioni e delle autorità, i produttori di abbigliamento vogliono aumentare il loro livello tecnologico, passare dalla sub-fornitura alla co-fornitura.
“L’industria del tessile e dell’abbigliamento vale 7 miliardi di euro, di cui 3 provenienti dall’export. In ottobre, le esportazioni sono cresciute del 7,3% rispetto a ottobre 2010“, a parlare è Mohammed Tazi, direttore generale dell’AMITH (Associazione Marocchina degli Industriali del Tessile e dell’Abbigliamento). Maroc in Mode e Maroc Sourcing, che si sono svolti dal 16 al 18 novembre, sono quindi stati l’occasione per mostrare ai buyer europei la diversità dei prodotti e dei profili delle aziende locali.
Tre sono i punti di forza del modello marocchino: l’originalità dei prodotti e la vicinanza geografica per i buyer europei.
“L’industria marocchina ha la tendenza a trarre vantaggio dagli effetti della crisi. Le centrali riducono i propri ordini con dei fornitori lontani e lavorano sul breve termine, vale a dire con delle nazioni vicine come la Tunisia, la Turchia e il Marocco“, spiega Aziz Elkouhene, direttore di Quattro, specialista in camicie. Gli espositori sono persuasi che il Marocco sia un Paese fatto apposta per trarre d’impaccio dai problemi del momento, ma che, con la crisi attuale, sarà sempre più richiesto, e questo anche se i distributori europei in questa fase stanno affrontando molte difficoltà.
Lo conferma Gildas Minvielle, direttrice dell’osservatorio economico dell’Istituto Francese della Moda, ha così descritto la situazione: da una parte, i costi di produzione in Cina stanno aumentando notevolmente e i produttori si orientano verso il loro mercato interno di 1,3 miliardi di abitanti. In parallelo, i consumi sul Vecchio Continente soffrono e ristagnano”. In poche parole, c’è un vuoto in Europa. E in questo vuoto vuole inserirsi, perché no, il Marocco.
In volume, l’incremento delle esportazioni marocchine verso l’Europa è stato del 9%. “I marchi europei realizzano ancora l’85% del loro sourcing in Asia – spiega Khalid Boujida di Modaline, che lavora in particolare per La Redoute, Pimkie, Phildar, Inditex ed H&M – ma alcuni clienti iniziano ad avere una politica di sourcing molto chiara, con la volontà di mantenere dei siti produttivi tessili nelle vicinanze. In questo modo, possono affrontare dei rischi quali le contingenze o altri eventi imprevisti”.
L’unico problema: la contrattazione dei prezzi: i tessuti marocchini sono molto pregiati, mentre qualcuno pensa di poter andare lì a fare affari “alla cinese”: “Qualcuno vuole il caviale al prezzo delle sardine…”, si sussurra dalle parti di Marrakech.
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