Neanche la morte di Castro è stata dispensata da un dibattito dai toni inutilmente beceri e che certo non potranno riscrivere la storia. Ormai è dall’esito del referendum inglese che assistiamo a campagne elettorali che non risparmiano niente e nessuno, neanche un ricordo nella giornata del No alla violenza contro le donne per quella deputata laburista Jo Cox uccisa brutalmente e già dimenticata.
I cittadini di questa nuova era da de-globalizzazione, dove l’Ocse registra un nuovo regresso del commercio internazionale, sono ormai immunizzati a valutazioni socio-politiche e come i mercati si posizionano con i portafogli razionalmente, e hanno reagito alla vittoria di Trump con una corsa al dollaro Usa, che ha visto oro e argento penalizzati nelle ultime due settimane, e poi alle azioni americane, protagoniste lo scorso venerdì dei massimi dei massimi su tutti i comparti. Sul lato ribassista “short” restano i tassi e i mercati emergenti. L’incertezza politica è vista come fumo negli occhi dagli investitori che prendono le distanze, tornando anche a considerare le azioni inglesi dopo le perdite post Brexit.
E non poteva essere diversamente dati gli appuntamenti elettorali che, partendo dal referendum costituzionale italiano sino alle elezioni in Francia, Germania ed Olanda, penalizzeranno il quadro europeo con una diffusa volatilità alimentata da un stallo politico degli organismi comunitari. Basti vedere la recente folle decisione del Parlamento europeo di Strasburgo inerente “i due agenti” che nella risoluzione del 23 novembre “lavorano contro la Ue, i suoi valori e la sua coesione: la Russia e l’ISIS”. Una risoluzione in stile pro Nato voluto da una stretta collaboratrice del Governo polacco e quindi espressione di un Paese che dei valori europei ha una visione alquanto personale se non per l’uso puntale dei fondi strutturali europei, che non si capisce perché vengano assegnati anche ai Paesi che non aderiscono ad Eurozona.
Schulz, presidente del Parlamento UE, si è dimesso all’indomani di questa decisione per concorrere contro la Merkel il prossimo ottobre, una buona notizia per il tentativo di un riassetto comunitario più efficiente e meno oscurantista ma un po’ meno per la Cancelliera che si presenta per il suo quarto mandato. Anche se Juncker pareva essere più a suo agio con Schulz, socialista moderato, alla Presidenza del Parlamento ed il suo compagno di partito Tusk alla Presidenza del Consiglio Europeo. Schulz, che contro la Merkel non ha speranze di vittoria ma certamente potrà afferrarsi come leader socialdemocratico, avrebbe già dovuto dimettersi dopo il voto per la Brexit e comunque ha gestito la questione immigrati ed in generale il Parlamento europeo malamente. Dovrebbe essere sostituito dall’olandese Frans Timmermans, attualmente First Vice President.
Intanto in Francia, Fillon ultraliberista conservatore, e molto vicino a Putin, ha ottime chance di battere la Le Pen al secondo turno e di dare una svolta ad un Governo francese che attualmente vede in Hollande il presidente con il più basso consenso al mondo. Ancora una volta così il fattore Russia giocherà un ruolo importante nelle prossime elezioni come lo è stato negli Usa.
Le destre avanzano al di qua ed aldilà dell’Oceano ed anche l’Olanda non ne sarà esente, con le prossime elezioni in marzo dove i centristi formeranno una coalizione rassicurante ma non freneranno l’avanzata inevitabile delle ultradestre della PVV, il partito anti europeista.
E se questa situazione politica non aiuterà i mercati europei a trovare tranquillità relativa nei mercati finanziari, il prossimo anno non bisogna dimenticare che la rottura inevitabile con la Turchia che ricatta l’UE pronta a lasciare partire i suoi 3 milioni di profughi siriani verso l’Europa e l’altrettanto inevitabile divorzio con la Gran Bretagna alimenteranno volatilità e tensioni valutarie ulteriori.
E come se non bastasse Trump a dicembre al meeting Wto, l’Organizzazione Mondiale del Commercio, non garantirà per lo stato di economia di mercato alla Cina dopo 15 anni di adesione e di trattative per eliminare le penalizzazioni che derivano dalla mancanza di questo importante riconoscimento di status. Tempi duri quindi per la globalizzazione 2.0 auspicata da molti ma sempre più lontana e per i portafogli che si preparano ad affrontare un 2017 che sarà un anno di transizione per nuovi equilibri mondiali e nuove alleanze e dove l’asso pigliatutto pare evidente sarà Vladimir Putin. E dai 100 giorni di Trump dipendono i destini dei mercati emergenti correlati ad una rottura o meno del livello del 2,5% sul decennale ed il realizzarsi degli obiettivi della maggioranza degli analisti che si attendono il dollaro Usa alla parità con l’euro, il rapporto USD/JPY a 118 e la sterlina a 1,10. Bisognerà capire a questo punto se gli amici di Trump potranno essere i migliori amici o peggio i nemici di un affrancamento dell’Unione Europea da una crisi strutturale profonda.