I mercati asiatici sono ancora in crisi e questa volta il primum movens è stato il dato sull’indice Pmi (manifatturiero) della Cina, che è caduto appena al di sopra della quota 50, che separa il regresso dall’espansione. Tutto è relativo, comunque, dato che la linea divisoria è calibrata sulla passata esperienza, e la ‘normalità’ per la Cina è un’espansione industriale a due cifre: allora anche un indice di 49 o 48 (in effetti l’altro dei due indici Pmi-manifatturiero per la Cina segna a maggio quota 48,7) è compatibile con una dinamica della produzione industriale anche di poco al di sotto delle due cifre.
Anche in India sono preoccupati per un’economia che cresce poco. Ma pur in questo caso, bisogna guardare alle cifre con un certo distacco: quando si è abituati a crescere all’8 o 10% è facile farsi prendere dal panico se la crescita rallenta al 5 o 7%. Per consolarsi, in Asia invece sia le Filippine che l’Indonesia stanno crescendo più del previsto. E paradossalmente, la Borsa di Shanghai è salita e non scesa dopo la notizia sull’indice Pmi perché, in una mostra di ottimismo, il rallentamento rende più probabile il supporto di Pechino, che ha una santabrbara ben fornita per stimolare l’economia.
http://www.bloomberg.com/news/2012-06-01/asian-stocks-oil-slump-on-china-manufacturing-dollar-advances.html
http://www.bloomberg.com/news/2012-06-01/china-manufacturing-grows-at-weakest-pace-since-december.html