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Mercati, il “Trump put” esiste. Ecco quali sono stati i triggers della retromarcia del tycoon sui dazi, oltre a Wall Street

Se da una parte, Trump potrebbe anche permettersi un crollo di Wall Street, (forse), il macigno del debito pubblico Usa è un’altra storia. Lo spaventoso aumento dei rendimenti dei T-bond di ieri ha impensierito non poco il tycoon. Ecco perchè

Mercati, il “Trump put” esiste. Ecco quali sono stati i triggers della retromarcia del tycoon sui dazi, oltre a Wall Street

Da quando è iniziato il potente sell-off dei mercati, investitori e strategist si domandavano fino a che punto il presidente degli Stati Uniti sarebbe stato in grado di sopportare le perdite come conseguenza della sua politica commerciale: quello che è stato chiamato il “Trump put“, legato alla convinzione che Trump avrebbe cambiato politica se i mercati si fossero trovati in difficoltà. Ma dopo settimane di crolli, che cosa esattamente è scattato ieri nella mente di Trump da indurlo a cambare rotta?

I crolli di Wall Street e la paura degli investitori

Il Trump put sembrava una favola, per come si stavano muovendo le cose. La scorsa settimana i trader e gli investitori di Wall Street sono stati spinti sull’orlo del baratro dalla politica tariffaria di Trump e hanno dovuto elaborare strategie e tranquillizzare i clienti mentre migliaia di miliardi di dollari venivano spazzati via dai valori del mercato azionario. Dall’annuncio di dazi generalizzati il ​​2 aprile, l’S&P 500 ha quasi compiuto un giro di andata e ritorno di proporzioni storiche. L’indice di riferimento ha prolungato il suo calo dal massimo di febbraio fino a sfiorare la linea di un mercato ribassista, poiché gli investitori hanno scontato scenari disastrosi, inclusa la possibilitàdi una recessione globale. L’indice di volatilità (.VIX),detto anche l'”indicatore della paura” di Wall Street, è salito alle stelle all’inizio di questa settimana, raggiungendo il livello di chiusura più alto dalla pandemia di COVID-19 di cinque anni fa.

Il crollo dell’obbligazionario ha fatto tremare Trump

Ma proprio ieri è successo qualcosa di più: la volatilità si è concentrata sul mercato obbligazionario, che ha subito una forte svendita di titoli del Tesoro Usa, con alcuni partecipanti al mercato che hanno segnalato che gli investitori esteri stavano vendendo in velocità i titoli di Stato americani, iniziando una corsa alla liquidità. Il rendimento dei titoli del Tesoro Usa a 10 anni hanno visto un aumento di 50 punti base in due giorni e il maggiore balzo in tre giorni dal 2001 Il rendimento del Treasury trentennale Usa è salito al 5% in crescita di circa 30 punti base da inizio settimana. Ha fatto paura un’asta di titoli a tre anni che ha mostrato un risultato tiepido. Così, mentre le tariffe “reciproche” entravano in vigore poco dopo la mezzanotte di mercoledì, il presidente stava tenendo d’occhio il mercato obbligazionario.

Il presidente si è trovato di fronte allo scenario peggiore: gli elettori che lo avevano riconfermato alla Casa Bianca a causa dell’inflazione si trovavano ora ad affrontare sia un aumento dei prezzi che un aumento dei costi dei finanziamenti, mutui compresi. “Il mercato obbligazionario è molto insidioso. Lo stavo osservando” ha detto Trump ieri sera. “Ho visto che la gente iniziava a sentirsi un po’ a disagio”. In una conferenza stampa improvvisata fuori dalla Casa Bianca, a Trump è stato chiesto perché avesse detto ai mercati di “stare calmi” in un post su Truth Social mercoledì mattina.

Poi, in un sorprendente dietrofront, Trump ha dichiarato che avrebbe temporaneamente ridotto i pesanti dazi su decine di paesi, aumentando ulteriormente la pressione sulla Cina, il che ha innescato un’enorme rimbalzo, facendo salire l’indice S&P 500 di quasi il 10%, il suo più grande balzo in un giorno dall’ottobre 2008. “Se lo si guarda ora, il mercato obbligazionario è bellissimo” ha detto subito dopo Trump. “Beh, ho pensato che la gente stesse un po’ esagerando. Stavano diventando un po’ nervosi, sapete, stavano diventando un po’ nervosi, un po’ spaventati”, ha detto Trump. La realtà è che lo erano. Dopo la decisione di invertire la rotta sui dazi, la temuta asta di Treasuries a 10 anni di ieri sera ha avuto un risulato soddisfacente. Stasera si attende l’asta di T-bond a 30 anni, ma il mercato sembra essersi tranquillizato.

La paura per il debito Usa: tassi alti e timori per la disaffezione degli investitori esteri

La realtà è che se da una parte, Trump può anche permettersi un crollo di Wall Street, (forse), il macigno del debito pubblico Usa è un’altra storia: se dovesse cadere quello sarebbe molto difficile trovare un argine. Da una parte una risalita dei tassi rischia di diventare un nuovo fronte pericoloso e molto salato per l’amministrazione Usa con il Tesoro americano che quest’anno dovrà rinnovare svariate migliaia di miliardi di debito. Ma a pesare, soprattutto in questo momento di aperta guerra commercale tra i paesi del mondo, è la fortissima presenza proprio di investitori stranieri nel debito Usa. Che potrebbero essere pronti a usare anche quest’arma come ritorsione ai dazi.

L’enorme debito pubblico Usa ha raggiunto i 36.200 miliardi di dollari e quasi un quarto di questo ammontare è in mano a investitori esteri (23,5%). E’ una cifra che in valore assoluto è pari a circa 8.512 miliardi di dollari, secondo i dati di fine 2024 del Dipartimento del Tesoro Usa.

Il Vecchio Continente è il più grande detentore dei bond Usa con una quota complessiva vicina al 7% di T-bond e, al contrario di altre aree, in questi ultimi anni ha anche aumentato la propria esposizione al debito Usa e oggi, complessivamente, detiene circa 2.733 miliardi di Treasuries americani. Ciò è stata sempre considerata una dimostrazione di sostegno agli Usa nel gioco delle alleanze internazionali.

Tra i Paesi europei con più debito Usa in pancia c’è il Regno Unito, un altro grande alleato di Washington. Londra è al terzo posto della classifica dei creditori internazionali degli Usa con una consistenza di 722 miliardi di dollari. L’Italia non è presente nella classifica dei primi venti sottoscrittori globali del debito Usa.

Al primo posto nella lista dei singoli Paesi c’è il Giappone con 1.059 miliardi pari a oltre il 2,93% del totale del debito a stelle e strisce mentre la Cina, che in questi anni ha già ridotto la propria esposizione, è seconda con 759 miliardi di dollari (non lontana dal Regno Unito quindi). Il Canada è sesto con 378 miliardi (1%). Lussemburgo (1,17%) e Isole Cayman (1,16%) sono rispettivamente quarti e quinti in lista.

Taiwan detiene una quota enorme di asset statunitensi e coglie ogni occasione per ricordarlo agli investitori e all’America in particolare. Il governatore della banca centrale dell’isola, Yang Chin-long, ha appena dichiarato ai legislatori che oltre l’80% delle sue riserve estere è costituito da titoli del Tesoro statunitensi, definendolo un livello ideale. Taiwan aveva quasi 580 miliardi di dollari di riserve estere a marzo. “C’è sicuramente sensibilità a ciò che accade nel mercato dei titoli del Tesoro”, ha affermato Matt Orton, responsabile della strategia di mercato di Raymond James Investment Management. “Se qualcosa si rompe nel mercato dei titoli del Tesoro, le cose potrebbero andare molto, molto male”.

Chi ha suggerito a Trump a cambiare linea

Martedì sera, prima dell’entrata in vigore dei dazi, il senatore Lindsey Graham della Carolina del Sud, suo alleato di lunga data, ha chiamato il presidente per esprimergli le sue preoccupazioni in merito alle conseguenze. L’amministratore delegato di JPMorgan Chase & Co., Jamie Dimon ha avvertito che le mosse di Trump potrebbero portare a una recessione e che le aziende stanno riducendo i costi a causa dell’incertezza. Elon Musk, il suo consigliere miliardario, ha trascorso gli ultimi giorni criticando duramente la decisione sui dazi e prendendo in giro Peter Navarro, il consigliere del presidente per le questioni commerciali, in termini profondamente personali. Prioprio Bill Ackman, il gestore di hedge fund che aveva sostenuto la campagna di Trump, aveva recentemente lanciato l’idea di una sospensione di 90 giorni dell’estensione dei dazi per consentire accordi.

Con il passare della mattinata, Trump ha desiso frettolosamente di riunire alla Casa Bianca alcuni dei suoi principali consiglieri economici. Il rappresentante commerciale statunitense Jamieson Greer, che stava testimoniando davanti a una commissione della Camera, venne informato che Trump stava riconsiderando i livelli dei dazi. Il Segretario al Tesoro Scott Bessent, che avrebbe dovuto parlare al Comitato di Studio Repubblicano del Congresso per discutere di legislazione fiscale, ha velocemente annullato la sua presenza per tornare alla Casa Bianca. Anche il Segretario al Commercio Howard Lutnick è stato convocato. I mercati finanziari gli pesavano molto. “Negli ultimi giorni la situazione sembrava piuttosto cupa”, ha detto Trump.

Non è detto che si sia aggiustato tutto. Regola d’oro: molta prudenza

Ma mentre alcuni hanno accettato la volatilità, altri mettono in guardia dal fatto che il mercato resta fragile, la politica statunitense resta imprevedibile e che gli Stati Uniti non sono ancora fuori pericolo. Molti investitori dicon che la persistente incertezza sulla politica tariffaria potrebbe comunque avere ancora ampie ricadute, ostacolando la capacità delle aziende di pianificare e influenzando il comportamento dei consumatori. “Hanno premuto il pulsante pausa e il mercato ha esultato”, ha dichiarato Alex Morris, Chief Investment Officer di F/m Investments. “Ma ovviamente non c’è alcuna garanzia che riusciremo a risolvere qualcosa in 90 giorni.”

Deutsche Bank ha scritto in una nota che, sebbene l’atteggiamento di Trump sembri ristabilito, i continui andamenti della politica commerciale causeranno danni duraturi. “Anche se i dazi venissero sospesi definitivamente, il danno all’economia sarebbe stato causato da una costante sensazione di imprevedibilità”.

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