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Mercati emergenti, un Natale senza luci per Turchia, India, Brasile

FIRSTonline

Sarebbe fin troppo facile spiegare i flussi in uscita dai mercati emergenti come frutto di una virata decisa sull’entità di prossimi rialzi dei tassi da parte della Fed, e quindi descriverli come il capro espiatorio di una nuova fase di super dollaro supportata dal programma stellare di Trump per i suoi prossimi 100 giorni che inizieranno subito dopo l’insediamento del 20 Gennaio.

La verità va oltre le evidenze macro e valutarie e si spinge sugli effetti ed il ruolo che il rischio politico ha assunto nell’ultimo anno, nel quale, se le mosse delle Banche Centrali erano scontate, gli esiti di eventi politici cruciali – come l’entrata dello Yuan cinese nel paniere dell’ FMI , il referendum inglese e italiano e le elezioni USA – lo erano decisamente di meno.

Ci dispiace per la categoria dei sondaggisti caduti in crisi di identità, ma il 2017 vedrà ancora eventi di enorme valenza e significato politico sugli equilibri mondiali. Come si diceva, i flussi di portafoglio cercano rifugio da queste variabili impazzite e quindi i recenti avvenimenti in Brasile, India e Turchia hanno ridotto l’appetito soprattutto su certe scelte di opportunità su rendimenti elevati legati al rischio valutario. Politica e valute vanno a braccetto, si sa, e il Superdollaro ha amplificato il divario tra rendimenti USA ed Europei catalizzando grossi interessi sui mercati azionari americani .

Con il decennale dei Treasuries americani al 2.5% molti erano pronti a tornare sui mercati emergenti ma eventi recenti li hanno dissuasi.

Anche se la Turchia ha ridotto i toni di ricatto verso l’Europa per la questione dei migranti nel 2016, Istanbul ha visto una pesante fuga di capitali esteri che hanno portato ad un evidente deprezzamento della divisa e ad una drastica riduzione delle previsioni di crescita economica. Una situazione ben lontana dal migliorare e con Erdogan sempre più isolato dalla diplomazia internazionale a causa della pesante repressione dei diritti civili in un Paese in stato di emergenza e delle drammatiche iniziative intraprese a spese dei curdi fuori e dentro il territorio. Non c’è quindi da stupirsi che il tragico omicidio del l’ambasciatore russo veda Erdogan costretto a ricucire con un partner scomodo ma necessario alla sopravvivenza del Paese.

In Brasile i deflussi di investimenti dai titoli obbligazionari sono apparsi evidenti nell’ultimo dato della bilancia dei pagamenti, d’altronde il mercato brasiliano e’ stata la sorpresa del 2016 sull’onda di un impeachment liberatorio che lascia lo spazio ora a drastiche misure sociali e fiscali di ridimensionamento di bilancio per combattere una recessione che continua inesorabile a minare il futuro di un Paese uscito a pezzi dal gigantesco scandalo Lavajato, legato a Petrobras ed ormai con effetti globali, che sta a galla solo grazie ad una bilancia commerciale florida, un debito estero contenuto ed alla ripresa dei prezzi petroliferi.

In effetti se i BRICS dovevano salvare il comparto dei mercati emergenti e guidare una riscossa grazie all’abbandono dell’oro come bene rifugio ciò non accadrà, se non per eccezione della Russia che del risiko politico ha fatto la migliore “politica economica”.

Tra questi anche l’India alza bandiera bianca alla fine di quest’anno a causa degli effetti nefasti di un processo di demonetizzazione, lanciato dal Premier Modi come campagna anti-corruzione, che non ha tenuto conto che la gran parte degli indiani non sono bancarizzati e che ha visto un crollo degli acquisti di oro per la necessità impellente di concambiare i biglietti dichiarati fuori corso dalla notte alla mattina.

Ma anche la pessima performance del peso messicano, in parte contenuta dall’azione della banca centrale, e le tensioni dello zloty polacco su rinnovate tensioni sociali interne mettono in guardia gli investitori sulla necessità di prendere le proprie cautele prima di affrontare un rischio valutario eminente alla leggera.

La Deregulation e i Piani infrastrutturali di Trump, unitamente al rientro di capitali negli USA, sono stati anche la salvezza dei mercati europei in questa fine anno, rifocalizzando gli investitori sul ritorno degli USA come nuova locomotiva della crescita globale, ma i mercati emergenti ne escono perdenti se non cambieranno modello, tornando attrattivi per gli investimenti e cavalcando l’apprezzamento del petrolio atteso per il 2017.

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