Rinviata più volte, la conferenza stampa di inizio anno della premier Giorgia Meloni era attesa ma, come ha argutamente scritto sul Corriere della Sera Aldo Grasso, “con tutto il rispetto, le conferenze stampa del Festival di Sanremo sono più vivaci”. Quarantadue domande e 42 risposte non sono bastate a dare un po’ di sprint alla performance della premier, la cui visione del futuro resta avvolta nella nebbia ma fortemente condizionata dai fantasmi sovranisti del passato e dall’ossessione di non perdere voti a vantaggio del suo alleato-rivale Matteo Salvini. Il prevalere dell’interesse di partito su quello nazionale è affiorato su tutti i versanti ma lo si è visto chiaramente anche sui temi finanziari, a partire dal Mes e non solo. Sul Mes Meloni ha sfiorato l’ipocrisia addossando l’onere della bocciatura al Parlamento, come se Fratelli d’Italia e Lega vivessero sulla luna e non rispondessero ai segnali della premier e di Salvini, che – senza alcun rispetto verso gli altri Paesi che hanno ratificato la riforma del Trattato – condannano l’Italia a scongiurare ogni giorno nuove crisi finanziarie e bancarie, rispetto alle quali il nostro Paese resterebbe autolesionisticamente indifeso. Meloni giura che la bocciatura del Mes, benché contrario al galateo internazionale, non isola l’Italia dall’Europa ma dimentica che, in ogni riunione del Consiglio dei ministri, c’è un convitato di pietra che è rappresentato dai mercati finanziari. Lei sostiene che il No al Mes non li ha turbati ma finge di non sapere che l’inaffidabilità di un Paese è un male sottile e subdolo che può manifestarsi quando meno te l’aspetti.
Privatizzazioni senza strategia
L’assenza di visione è emersa anche dagli orientamenti di Meloni sulle privatizzazioni il cui obiettivo di raccogliere 20 miliardi di euro in tre anni resta una scommessa al limite del temerario. Fare cassa va benissimo se non si perde il controllo dei pochi asset strategici di questo Paese, ma giustamente Francesco Giavazzi, che di privatizzazioni ha qualche esperienza fin dai tempi in cui Mario Draghi era il Direttore generale del Tesoro, scrive sul primo quotidiano italiano che “dovrebbe essere chiarito che cosa rende strategica per il nostro Paese un’azienda piuttosto che un’altra. Il Monte dei Paschi, ad esempio, oggi tornato all’utile, resterà pubblico o sarà privatizzato e se sì, completamente o parzialmente? Solo rispondendo a domande come questa, si cammina su un percorso di trasparenza, primo requisito della fiducia”. Ma la trasparenza richiederebbe idee chiare e non la semplice e banale navigazione a vista.
Lista del Cda: un assist a Caltagirone
Qualche riflessione particolare merita poi l’avallo che la Meloni ha dato al tribolato testo del Ddl Capitali uscito dalla Camera e destinato all’esame del Senato. E’ in gioco la governance della grandi società del capitalismo italiano e in particolare quella di Generali e di Mediobanca. La maggioranza di destra-centro sembra sensibile alle sirene del costruttore, editore e finanziere romano Francesco Gaetano Caltagirone che, malgrado le ripetute sconfitte rimediate sul campo, caldeggia un uso più restrittivo della lista del Cda uscente per la formazione dei nuovi vertici societari. In altre parole: più potere ai soci che ai manager. Meloni condivide e dice che i mercati gradiscono un maggior potere agli azionisti anziché ai manager ma sembra dimenticare due cose: la prima è che la diffusione della lista del Cda uscente è parte delle best practice internazionali. Il secondo aspetto da non trascurare ricorda che tutte le volte in cui la lista del Cda è stata sottoposta al voto delle assemblee i grandi fondi internazionali che fanno il mercato e che guardano ai risultati di bilancio e ai dividendi anziché alle beghe di potere l’hanno sostenuta apertamente. Qualcuno lo spieghi alla premier.
Gentile dott. Locatelli
Sicuramente possono essere mosse molte critiche all’attuale governo, ma mi consenta di dirle che, a mio parere, quelle da lei qui espresse non sono significative.
Al netto dei suoi personali giudizi, lei cita tre fatti specifici.
Mancata ratifica del MES. Può essere un errore, ma è da sempre stata la posizione del partito Fratelli d’Italia. Non è una sorpresa. Lo sarebbe stata il contrario
Privatizzazioni future. Mi sembra prematuro dire che saranno fatte male, visto che al momento non è ancora stato deciso nulla di operativo. La decisione in se mi sembra corretta.
Decreto per i Cda. E’ un fatto certamente importante , ma anche molto complesso. Mi sembra molto semplicistico attribuirlo solo alle pressioni del noto costruttore romano.
Cordiali saluti
Le critiche che ho rivolto alla premier Meloni non riguardavano l’intera attività di Governo ma i suoi orientamenti sui temi caldi della finanza emersi dalla sua conferenza stampa del 4 gennaio. La bocciatura parlamentare del Mes non sarà una sorpresa assoluta ma è certamente un fatto che isola l’Italia dal resto dei Paesi dell’eurozona che hanno approvato da tempo la riforma e che priva il nostro Paese e l’Europa di uno scudo nel caso di eventuali crisi finanziarie e bancarie: non è un’opinione ma la realtà. Quanto alle privatizzazioni non ho scritto che saranno fatte male ma che occorrerebbe inserirle in una chiara strategia, che per ora non si vede. Infine sulla lista del Cda non ho scritto che il decreto è solo il frutto delle pressioni di Caltagirone ma che su questo punto le posizioni di Meloni e del costruttore romano coincidono mentre si differenziano nettamente dalle best practice internazionali. In ogni caso grazie molte dell’attenzione.
Grazie per la cortese risposta.
Con i miei migliori auguri per la sua attività professionale