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Meloni “ha perso una grande occasione e con i suoi errori ha indebolito il Governo e l’Italia”. Intervista a Luigi Zanda

Imagoeconomica

È cambiato il vento nella politica italiana e oggi il futuro del Governo Meloni è più incerto di soli pochi mesi fa e si possono aprire nuovi orizzonti così come, per altri versi, sta succedendo in America con la candidatura presidenziale di Kamala Harris? Politico di lungo corso, parlamentare per cinque legislature in cui è stato Presidente dei senatori del Pd e in precedenza assistente di Francesco Cossiga prima al Viminale e poi al Quirinale, Luigi Zanda è un osservatore speciale che per la sua esperienza e per la sua competenza può aiutarci a interpretare correttamente l’attuale fase politica italiana e anche le prospettive della campagna presidenziale americana dopo il ritiro di Joe Biden. È quello che fa in questa intervista a FIRSTonline dove mette in fila tutti gli errori della premier Meloni, ne valuta attentamente le possibili conseguenze e intravede elementi di novità sia nel centrodestra (dalla famiglia Berlusconi al buon risultato elettorale di Forza Italia) che attorno al centrosinistra (con la caduta dei veti tra Renzi e Schlein) che possono preparare nuovi scenari. Così come il ritiro di Joe Biden dalla corsa alla Casa Bianca e la candidatura della Harris “hanno fortunatamente modificato” la campagna elettorale americana e riaperto la sfida a Donald Trump. Ma ecco l’intervista a Zanda.

Il Governo Meloni sembrava avere il vento in poppa fino alle elezioni europee ma lo strappo della premier sulle nomine europee, con l’isolamento dell’Italia e la spaccatura della maggioranza nazionale, sembra aver fatto perdere il tocco magico alla Presidente del Consiglio: per l’Italia e per Meloni è cambiato il sentiment?

“La premier Meloni ha commesso un errore grave di analisi politica e non ha saputo interpretare correttamente la fase che stiamo attraversando. Ha pensato che la sua vittoria elettorale di due anni fa la facesse diventare il capo dell’Italia e non il presidente del Consiglio. Da questa erronea lettura sono derivati errori molto gravi: 1) il disegno costituzionale sul premierato nell’illusione che così il Presidente del Consiglio avrebbe ricevuto quel consenso popolare che le avrebbe dato pieni poteri, senza comprendere che trasformare la nostra Repubblica parlamentare in Repubblica presidenziale non risponde ai principi fondamentali della Costituzione, che la Consulta ha dichiarato inviolabili. Da qui l’immediata reazione contraria del centrosinistra e la diffidenza, sia pure ben dissimulata, dei suoi alleati di governo (Lega e Forza Italia), giustamente insofferenti a un progetto di dominio assoluto della premier; 2) il familismo con cui ha caratterizzato la sua gestione del Governo e del partito e la disinvoltura con cui ha permesso a Salvini di imporre l’Autonomia differenziata; 3) la testarda opposizione all’approvazione del Mes che ha spinto l’Italia in un angolo buio e bloccato l’Europa su un meccanismo fondamentale di contrasto delle crisi finanziarie”.

È così che la premier ha perso il tocco magico e che il sentiment del Paese non le è più favorevole come all’inizio?

“In realtà il tocco magico Giorgia Meloni non l’ha mai avuto e il sentiment del Paese è stato di sorpresa perché l’Italia non era pronta ad avere un Governo di destra con antiche radici nel fascismo. Meloni ha così perso la grande occasione di trasformare il centrodestra da posizioni nostalgiche e nazionaliste in una forza politica conservatrice e liberale di stampo europeo”.

Il No alla nomina di Ursula von der Leyen alla Presidenza del Consiglio e di Antonio Costa alla Presidenza del Consiglio europeo è stato dunque l’apogeo di questa deriva di Meloni?

“Nelle relazioni internazionali la premier ha confidato troppo nella sua furbizia e ha creduto che i rapporti con i diversi Paesi e i loro leader si potessero risolvere con le pubbliche relazioni (i viaggi frequenti, i bacetti con Ursula von der Leyen, i sorrisini agli ospiti) senza comprendere che la politica estera è fatta d’altro e non si improvvisa. L’idea di Fratelli d’Italia di comunicare il suo voto nel Parlamento europeo se non dopo l’elezione di von der Leyen è stata una di quelle furbizie che non pagano. Ma, soprattutto, non dimentichiamo che in Europa l’Italia è tuttora il Paese che blocca 26 Paesi dell’Unione europea con la mancata firma del Mes, un vulnus grave perché mostra l’attitudine a sacrificare gli interessi della Ue ai propri interessi di parte o di partito”.

La scena politica italiana appare oggi meno statica di qualche mese fa e le esternazioni della famiglia Berlusconi, non prive di critiche verso Meloni e favorevoli a un maggior attivismo di Forza Italia, hanno sorpreso: è un altro elemento che può indebolire il Governo Meloni?

“La famiglia Berlusconi ha un’influenza indiscussa su Forza Italia perché ha un credito economico molto consistente verso il partito, ma l’elemento politico più interessante è che nelle ultime elezioni europee Forza Italia ha preso più voti della Lega di Salvini e che questo “successo” potrebbe aver spinto il suo gruppo dirigente a immaginare una nuova mirabolante stagione, tanto che Tajani ha avuto l’imprudenza di dire che FI punta ad arrivare al 20%. Gli effetti sulla stabilità della maggioranza sono evidenti perché Meloni si trova così ad avere a che fare con una Forza Italia più ambiziosa e più mediasettizzata e un Salvini molto preoccupato del suo futuro tanto da accentuare il suo trumpismo putiniano. Ecco perché il futuro politico del Governo Meloni è meno tranquillo dei suoi primi due anni e oggi la coalizione rischia di diventare più difficile di fronte alle sfide economiche che la attendono, a cominciare dalla nuova Legge di bilancio e dai nuovi vincoli europei”.

La fine dei veti reciproci tra Pd e Renzi e la possibilità di allargare il campo della sinistra al centro sono un’altra novità di stagione: dove può portare?

“In Italia, non essendoci un bipartitismo come nel Regno Unito e negli Stati Uniti, si può governare solo con le coalizioni, che stanno in piedi solo se c’è un partito pivot. La prima necessità del centrosinistra italiano è quella di avere un Pd forte ed è infatti bastato che il Pd arrivasse al 24% alle elezioni europee perché Conte cambiasse atteggiamento e Renzi si accostasse al Pd. Sia Renzi che i Cinque Stelle sono due novità positive, ma bisogna tenere gli occhi aperti, perché Conte ci ha abituato ai suoi mutamenti di posizione e quella di Renzi è stata per il Pd una scissione dolorosissima. Detto ciò, ho molta stima dell’intelligenza e vivacità mentale di Renzi, ma finora le sue iniziative politiche sono state guidate dal suo desiderio di essere sempre lui al centro della scena. Se Renzi riuscirà a contenere il suo protagonismo, i suoi rapporti di coalizione con il centrosinistra potranno trarre grande beneficio. In democrazia bisogna sempre subordinare gli interessi personali a quelli generali e questo vale anche per Renzi”.

Oggi quante probabilità ha il Governo Meloni di arrivare alla fine naturale della legislatura?

“Finora Meloni si è sempre detta interessata a governare con la maggioranza uscita dalle elezioni politiche fino al 2027, ma se gli strappi di Salvini e le ambizioni di Tajani dovessero rendere molto difficile la navigazione, se la premier non fosse in grado ricostituire un buon rapporto con l’Europa e se le difficoltà economiche del Paese si rivelassero maggiori del previsto, allora le elezioni anticipate diventerebbero l’unica soluzione possibile”.

C’è chi dice che sul piano internazionale Meloni cominci a strizzare l’occhio a Trump: lei che cosa ne pensa e che effetti avrebbe sulla politica economica, della difesa ed internazionale dell’Italia?

“Sul piano internazionale il peso specifico di Meloni è molto relativo, ma per tutta l’Europa il rapporto con gli Stati Uniti è vitale. Nella geopolitica degli ultimi decenni è emersa sempre più l’importanza della variante militare che pone il tema della sicurezza come prioritario per tutte le democrazie e la sicurezza della Ue dipende dai rapporti con gli Usa, chiunque governi in America, siano essi i Repubblicani o i Democratici. Questo vale per l’Italia così come per la Francia, la Spagna, la Polonia e gli altri partner europei. Dopodiché la rinuncia di Biden a correre per la Presidenza degli Usa ha fortunatamente modificato lo scenario, trasformando il baldanzoso Trump in una figura vecchia, usurata e caratterizzata da comportamenti personali che per molti giudici americani sono stati sufficienti a incriminarlo per gravissimi reati in materia fiscale, sessuale e per il suo appoggio all’aggressione di Capitol Hill”.

Questo vuol dire che Kamala Harris ha qualche speranza di ribaltare la situazione e di conquistare la Casa Bianca per i Democratici americani?

“Se nei prossimi cento giorni la Harris saprà condurre la sua campagna elettorale con intelligenza ed efficacia, la vittoria di Trump, considerata certa fino a poche settimane fa, diventerà impossibile, anche perché c’è un elettorato repubblicano, conservatore ma democratico, che ha paura dei comportamenti pericolosi di Trump. È una parte dell’elettorato repubblicano che forse non voterà per la Harris ma che molto probabilmente non andrà a votare. Harris può farcela per la sua personalità, la sua carica di speranza e la sua visione del futuro, ma non deve fare sconti a Trump, costringendolo ogni giorno sulla difensiva. Non ce l’aspettavamo ma la partita si è riaperta”.

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