“Scintille tra Meloni e Schlein” titolava ieri il Corriere della Sera nell’apertura di prima pagina. Ma sotto le scintille niente. Molti insulti, attacchi livorosi, una polemica più sterile dell’altra tra le due leader della politica italiana, ma nessuna visione del futuro e nemmeno una proposta concreta sulle tre transizioni del nostro tempo (la demografica, la digitale e la energetica) e sulle emergenze italiane (dal lavoro alla scuola, dalla sanità alla giustizia). La premier potrà anche fare il pieno dei voti alle prossime elezioni europee e la segretaria del Pd potrà forse evitare il sorpasso da parte dei Cinque Stelle ma con le posizioni espresse domenica da Meloni e da Schlein l’Italia resta imbalsamata e il suo futuro avvolto nelle nebbie.
Nel suo discorso di insediamento alle Camere nell’ottobre dell’anno scorso la Meloni rivendicò con orgoglio una visione del futuro prima ancora che contenuti alternativi al centrosinistra, ma quella visione chi l’ha mai vista? Se hai il consenso e non lo usi per modernizzare il Paese, puoi anche galleggiare e tirare a campare ma governare è un’altra cosa e prima o poi gli elettori o i mercati ti presenteranno il conto, senza bisogno di evocare inesistenti complotti. Ma se Atene piange, Sparta non ride. La Schlein si era presentata l’anno scorso da nuova segretaria del Pd, ancorché priva del consenso degli iscritti al partito, come la leader che avrebbe rifondato il Pd e costruito l’alternativa alla destra. Oggi l’evanescenza delle sue proposte è sotto gli occhi di tutti e non basta certo lo scudo protettivo pietosamente donato da Romano Prodi per nascondere il vuoto strategico e programmatico della principale forza della sinistra italiana. Per costruire un’alternativa di governo bisognerebbe anche praticare un’intelligente politica delle alleanze, ma se l’unica preoccupazione di Schlein è quella di inseguire i riluttanti Cinque Stelle e di demonizzare o ignorare le forze del Terzo Polo (da Renzi a Calenda e alla Bonino) i conti non tornano e archiviare la Meloni, che non ha le idee ma dalla sua ha i numeri, resta una chimera. Del resto, se il vero mentore della sinistra è Maurizio Landini, che passerà alla storia come il peggiore segretario della Cgil insieme a Susanna Camusso, il sole dell’avvenire può attendere.