Giovedì sera, in un duello televisivo su France 2, Gabriel Attal, il giovane Primo ministro francese, fedelissimo del Presidente Emmanuel Macron, ha fatto letteralmente a pezzi il Presidente dei lepenisti, Jordan Bardella che è in testa ai sondaggi per le prossime elezioni europee. A un certo punto Attal ha sferrato il colpo del ko chiedendo come si concilia il fatto che qualche anno fa il Rassemblement National (RN), il partito guidato da Marine Le Pen, volesse uscire dalla Ue mentre oggi vuole restare dentro per indebolirla dall’interno. Mentivate allora o mentite oggi, ha chiedo perfidamente Attal? Colpito e affondato sul punto più debole della strategia lepenista, Bardella ha balbettato dimostrando plasticamente l’inconsistenza della politica europea di RN, con cui oggi cinguettano sia Matteo Salvini che Giorgia Meloni.
In Francia la campagna elettorale è tutta su temi europei, in Italia invece si parla solo di temi nazionali
Ma quello che più ha colpito gli spettatori italiani che hanno potuto collegarsi e seguire il dibattito televisivo su France 2 è che il duello tra Attal e Bardella è stato interamente dedicato ai temi europei. E’ l’esatto opposto di quanto invece succede in Italia. Bastava leggere i titoli dei principali giornali italiani di domenica 26 maggio. “Tra Schlein e Meloni – titolava in apertura la Repubblica – la sfida è su diritti e libertà”. E il Corriere della Sera aggiungeva: “Sfida della premier su Telemeloni: lo scontro è su diritti e salari”. Diritti, libertà e salari e, se volete, sanità: ecco i temi, tutti nazionali, che stanno dominando la deprimente campagna elettorale italiana. Della politica europea nemmeno l’ombra, con la lodevole eccezione degli Stati Uniti d’Europa di Emma Bonino e Matteo Renzi che, al contrario, parlano dell’elezione diretta del futuro Presidente del Consiglio della Ue, di nuova governance per prendere le decisioni europee a maggioranza, di allargamento dell’Europa all’Ucraina e ai Paesi balcanici e di eurobond per l’energia e per la difesa comune. Non a caso Bonino e Renzi sono gli unici leader italiani che, candidandosi alle europee, hanno solennemente promesso che, se eletti, sceglieranno di stare nel Parlamento europeo e lasceranno quello italiano. L’esatto opposto delle candidature truffa (sono parole di Romano Prodi) degli altri leader italiani – dalla Meloni alla Schlein e da Tajani a Calenda che non si sognano nemmeno lontanamente di lasciare il Parlamento italiano e che non metteranno mai piede a Strasburgo.
Il confronto tra la campagna elettorale francese e quella italiana è umiliante per noi
Il confronto tra come si sta svolgendo la campagna per il rinnovo del Parlamento europeo in Francia e come sta avvenendo in Italia è umiliante per noi. E allora non meravigliamoci se in Europa contiamo poco mentre la Francia e la Germania dominano la scena. L’Italia, salvo rare eccezioni, vive su un binario morto e interpreta le prossime elezioni europee solo per misurare la forza interna delle diverse forze politiche con grotteschi giochi di prestigio come le candidature del generale Roberto Vannacci per la Lega, che stuzzica gli istinti più bassi della popolazione, e quella dell’ex direttore dell’Avvenire Marco Tarquinio per il Pd che vorrebbe che non si dessero più armi all’Ucraina con grande gioia della Russia.
In uno storico discorso alla Sorbona qualche settimana fa il Presidente francese Macron, che è l’unico vero europeista sulla scena internazionale, ha detto che la Francia è l’Europa e l’Europa è la Francia. L’Italia della Meloni e della Schlein è invece l’Italietta dei pannicelli caldi che non prova nemmeno lontanamente a misurarsi sulle grandi sfide europee del nostro tempo e considera marginali la transizione energetica, la transizione digitale e la crisi demografica. Ma così non si va lontano. Semmai si va sempre più indietro.