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Meloni delude ancora: la legge di Bilancio 2025 è senza coraggio e senza visione e la crescita non c’è

Imagoeconomica

Anche sulla legge di Bilancio 2025 la Meloni delude ancora, cioè tradisce non solo le sue promesse elettorali (che però erano pura fantasia), ma anche le sue dichiarazioni programmatiche pronunciate al momento dell’insediamento del suo governo. Si tratta infatti di una legge di Bilancio vecchio stile, non c’è nulla di innovativo, manca un’anima che indichi in quale direzione si vuole andare per tener fede all’impegno più volte dichiarato, di voler aprire una fase nuova per la nostra economia e per l’intero paese.

Dopo i tentennamenti in politica estera, con le stravaganti posizioni sull’utilizzo delle armi che forniamo all’Ucraina, e con la freddezza nei confronti di Israele che combatte per la sua sopravvivenza, ora si capisce che anche in politica economica il governo non sa che pesci prendere.

Come sostiene l’ex ministro dell’economia Giovanni Tria, è un bene che sia una manovra povera perché così non fa danni, nel senso che si riesce a contenere il deficit entro limiti ragionevoli tanto che i mercati hanno reagito abbastanza bene e soprattutto lo spread non si è impennato. 

L’assenza di provvedimenti credibili per la crescita

Ma le cose positive finiscono qui. Come ha scritto Carlo Cottarelli mancano provvedimenti credibili in favore della crescita. Ci si limita da un lato a confermare le deduzioni contributive e fiscali già in vigore e dall’altro a mettere insieme un po’ di entrate ancora una volta una tantum come quella sulle banche, oppure derivanti da tagli imposti a ministeri ed enti locali che rischiano di portare ad una riduzione delle spese di investimento visto che sforbiciare le spese correnti non è affatto semplice.

Extraprofitti e accise: un gioco pericoloso per il mercato e l’ambiente 

Ancora più grave dell’ammontare dei prelievi è il segnale che viene mandato al mercato. Sulle banche, dopo aver “cianciato” a lungo di extraprofitti, si è finito per chiedere un prestito posticipando il conteggio di alcune detrazioni che saranno recuperate più avanti. Ma il solo parlare di extraprofitti non fa certo bene agli investitori, specie stranieri, che vorremmo attirare in Italia! E per fortuna non si è fatto nulla sulle accise visto che l’idea di aumentare quelle sul diesel e diminuire quelle sulla benzina era assolutamente in contraddizione con gli obiettivi ambientali dato che il diesel emette molto meno Co2 della benzina. È assurdo quindi agevolare quest’ultima e penalizzare il diesel.

Fisco, tagli inefficaci: opportunità sprecata per i giovani

Per quel che riguarda la conferma del taglio del cuneo fiscale e dell’Irpef per i redditi bassi si tratta di una misura che non porta alcun nuovo beneficio ai cittadini ma che evita un potenziale aggravio della tassazione sulla busta paga. Insomma, tutto rimane com’è oggi. L’errore è stato fatto lo scorso anno quando si è finanziata una spesa presumibilmente permanente, con entrate una tantum. 

Per contro è stata aumentata la progressività del prelievo fiscale sui redditi medio alti riducendo fortemente le detrazioni fiscali. Anche in questo caso si va in contraddizione con la necessità del nostro paese di trattenere i giovani più brillanti che preferiscono andare all’estero dove le retribuzioni sono più elevate.

Spesa pubblica: riforme inefficaci e investimenti in stallo

Nulla c’è sul versante del taglio delle spese, a parte una sforbiciata lineare all’ultimo minuto. Taglio che invece dovrebbe essere basato su una seria politica di revisione e riorganizzazione della macchina pubblica cercando i veri sprechi. Anche sul versante degli investimenti non si chiariscono le ragioni del flop delle spese per Pnrr ferme ad appena 20 miliardi mentre quest’anno erano previste più del doppio.

Una politica fiscale da ripensare

Insomma, come sostiene Enzo Cipolletta, economista, attuale presidente degli editori italiani, forse si riuscirà a tenere sotto controllo i conti pubblici, ma per il resto si cammina nel solco della tradizione degli ultimi anni e non è certo positivo. In realtà la politica fiscale è prigioniera da un lato dalle regole europee e dall’altro dalla necessità di prorogare quanto è stato concesso in passato, e che sarebbe politicamente ed economicamente impossibile togliere. 

Se si allarga lo sguardo all’intera Europa si scorge il paradosso di una situazione in cui nessun paese cresce (a parte qualche piccola eccezione come la Spagna), ma le regole impongono a tutti gli Stati di fare una politica fiscale sostanzialmente restrittiva.

Cipolletta sostiene da tempo che in questa situazione occorrerebbe una politica espansiva da parte di Bruxelles. È ovvio che i singoli Stati, come avviene negli Usa, debbano mantenere il Bilancio in ordine, ma poi ci vorrebbe un’autorità federale che spende quando è necessario per mantenere alto il tasso di crescita. Noi europei siamo ancora lontani di questo assetto. Ma ormai è una cosa talmente evidente che per forza ci si dovrà muovere verso la creazione di un ministero dell’economia europeo dotato degli opportuni strumenti finanziari.

Manovra 2025: un’occasione sprecata per coraggio e visione

In definitiva siamo di fronte ad una legge di Bilancio senza coraggio e senza visione. Il ministro Giorgetti è riuscito a calmare i bellicosi propositi di molti suoi colleghi di governo che avrebbero voluto spendere molto di più in aumenti di pensioni o estensione della flat tax, ma certo non ha impiegato bene il tempo che aveva per proporre qualche provvedimento capace di dare un segnale pro-crescita, pro-aumento della produttività del sistema, avviando una seria revisione della spesa pubblica dove si annidano tanti sprechi.

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