“Non so se questa è la vostra Europa, ma certamente non è la mia.” Con queste parole, la premier Giorgia Meloni si è rivolta alle opposizioni nel corso della sua replica alla Camera, dopo la discussione sulle sue comunicazioni in vista del Consiglio Ue. In un’Aula già tesa, ha scelto di citare alcuni passaggi del Manifesto di Ventotene, scatenando immediate reazioni.
“Non mi è chiarissima neanche la vostra idea di Europa”, ha aggiunto Meloni, facendo riferimento alla manifestazione di sabato in piazza del Popolo, dove, ha detto, molti avevano evocato il Manifesto di Ventotene. “Spero che non l’abbiano mai letto, perché l’alternativa sarebbe spaventosa”, ha proseguito, dichiarandosi “contenta” di poter citare testualmente alcuni passaggi del testo scritto nel 1941 da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi.
Meloni ha quindi letto una serie di estratti, “a beneficio di chi ci guarda da casa e per chi non dovesse averlo mai letto”:
- “La rivoluzione europea, per rispondere alle nostre esigenze, dovrà essere socialista”
- “La proprietà privata deve essere abolita, limitata, corretta, estesa caso per caso”
- “Nelle epoche rivoluzionarie, in cui le istituzioni non debbono già essere amministrate, ma create, la prassi democratica fallisce clamorosamente”
- “Nel momento in cui occorre la massima decisione e audacia, i democratici si sentono smarriti, non avendo dietro di sé uno spontaneo consenso popolare, ma solo un torbido tumultuare di passioni”
- “La metodologia politica democratica sarà un peso morto nella crisi rivoluzionaria”
Caos in Aula, proteste e sospensione della seduta
Le parole della premier hanno scatenato un’ondata di proteste dalle opposizioni, tra urla e fischi, mentre il centrodestra applaudiva. “Fermi, fermi”, ha detto Meloni cercando di placare il clamore, ma il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, è stato costretto a sospendere la seduta per riportare l’ordine. Alla ripresa, le opposizioni hanno chiesto alla premier di scusarsi, ma lei ha invece rilanciato con un’ulteriore citazione:
“Il partito rivoluzionario attinge la visione e la sicurezza di quel che va fatto non da una preventiva consacrazione da parte dell’ancora inesistente volontà popolare, ma dalla coscienza di rappresentare le esigenze profonde della società moderna (…). Attraverso questa dittatura del partito rivoluzionario si forma il nuovo Stato, e intorno ad esso la nuova vera democrazia.”
A quel punto, in Aula è esploso il caos: deputati in piedi, urla da entrambi gli schieramenti, accuse reciproche. “Qui è accaduto un atto grave”, ha attaccato Federico Fornaro (Pd), accusando Meloni di strumentalizzare il Manifesto di Ventotene, simbolo dell’Europa federale e dell’opposizione ai nazionalismi. Anche Marco Grimaldi (Avs) e Alfonso Colucci (M5s) hanno protestato, con quest’ultimo che ha esclamato: “Vergogna, non c’è più spazio per il fascismo!”
Al rientro in Aula, la premier ha riso ascoltando le critiche, scatenando ancora di più la rabbia delle opposizioni. Dopo una conferenza dei capigruppo, Fontana ha invitato i deputati a mantenere toni consoni all’Aula, sottolineando l’importanza di “onorare chi ha sacrificato la propria vita per la libertà e la giustizia”. Un chiaro riferimento a Spinelli e Rossi.
Il punto di massimo scontro è arrivato quando Matteo Richetti (IV) ha ripetutamente evocato la parola “fascismo”, suscitando l’ira di Galeazzo Bignami (FdI), che ha urlato “Ma basta!”. A quel punto, la seduta è stata nuovamente sospesa, con i parlamentari di entrambi gli schieramenti in piedi e urlanti, in un clima di totale caos.