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Meloni, che fine ha fatto la premier filo-Draghi di una volta? Il richiamo della foresta e la paura di Salvini hanno cambiato la rotta

Imagoeconomica

Cosa sta succedendo a Giorgia Meloni? Prima dell’estate perfino la stampa internazionale si era convinta che Giorgia Meloni non fosse più la populista underdog che aveva vinto le elezioni sparando sul Palazzo e sull’Europa ma che fosse – come scrisse un settimanale francese – “una populista in cammino”. In cammino verso dove? Verso un futuro più da leader conservatrice che della destra reazionaria: insomma, più Thatcher che Le Pen. Ma dopo l’estate Giorgia ha cambiato marcia anche se la tragedia quotidiana di Lampedusa la obbliga a tornare sulla terra. L’autogol del grossolano decreto d’agosto sugli extraprofitti delle banche è stato lo spartiacque e il segnale che Meloni 2.0 non era più quella dei primi sei mesi a Palazzo Chigi ma aveva rispolverato la postura sovranista, interventista, statalista e, alla fin fine, populista sia in economia che soprattutto nei rapporti con l’Europa e di fronte all’emergenza migranti. Come si spiega una svolta così brusca? Prima di tutto con il richiamo della foresta, cioè dei fantasmi che hanno popolato tutta la sua storia politica e sono affiorati con forza nell’ultima campagna elettorale: la diffidenza verso l’Europa e soprattutto verso Francia e Germania, la voglia di trovare alleanze controcorrente come quella con il leader nazionalista ungherese Victor Orbàn, l’ignoranza e l’idiosincrasia verso l’economia di mercato. Ma poi ci sono i calcoli elettorali e la concorrenza sfrenata che sulla destra le fa Matteo Salvini, l’alleato in Italia della reazionaria e filoputiniana francese Marine Le Pen. Il cambio di rotta e la metamorfosi della Meloni affiorano ogni giorno soprattutto nella fallimentare politica sull’immigrazione, di cui è simbolo la strampalata idea della missione navale nel Mediterraneo alla quale a Lampedusa la Presidente della Commissione europea, Ursula Von de Leyen, non ha nemmeno prestato attenzione. La mancanza di risorse finanziarie per l’imminente manovra di bilancio fa il resto e seppellisce definitamente i sogni elettorali alimentando il senso di impotenza e la sindrome dell’accerchiamento della premier. Per questo la Meloni cerca ora un capro espiatorio dei suoi insuccessi e lo trova in Europa: No al Mes, nì al Patto di stabilità e crescita, ritardi e confusione sul Pnrr, attacchi tanto scomposti quanto gratuiti all’eurocommissario italiano Paolo Gentiloni e all’Alto Rappresentante per la politica estera Ue Josep Borrell. Ma la premier deve fare attenzione a non tirare troppo la corda perché in un Paese molto indebitato come l’Italia al tavolo del Governo c’è sempre un convitato di pietra che sono i mercati e che nel 2011 mandarono a casa Silvio Berlusconi. Il fantasma della crisi finanziaria non è per fortuna dietro l’angolo. Ma è meglio non scherzare e ancor meno gridare ai complotti. Giorgia, esci dalla bolla elettorale e ricordati dei saggi consigli del Presidente Sergio Mattarella e dell’ex premier Mario Draghi, che ti hanno sempre raccomandato di stabilire buoni rapporti con Francia e Spagna se in Europa non vuoi finire isolata, come stai rischiando ogni giorno di più.

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Categories: Politica