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Meloni alla Casa Bianca: quando la Cenerentola ritrova coraggio e sa stupire il principe Biden

Creative Commons Presidenza del Consiglio

Diciamolo subito. Le premesse non erano delle migliori. Anzi, tutt’altro. I due consiglieri diplomatici di Palazzo Chigi, Francesco Talò e Luca Ferrari, con l’aiuto costante dell’ambasciatrice negli Usa, Mariangela Zappia, da mesi stavano cercando, non senza qualche difficoltà, di definire con lo staff della Casa Bianca una possibile data (prima della pausa estiva) per la tanto attesa visita della premier Giorgia Meloni a Washington. Non che occasioni di incontro tra Meloni e Joe Biden fossero mancate negli ultimi tempi durante i vari vertici internazionali, ultimo il summit Nato a Vilnius. Ma, a nove mesi dal suo insediamento a Palazzo Chigi, e dopo avere garantito una postura fortemente antiputiniana, Meloni puntava soprattutto a un colloquio ad hoc con Biden, strutturato e approfondito sui principali temi dell’agenda internazionale: dalla guerra in Ucraina alle nuove condizioni da porre alla Cina per la Via della Seta, dalle misure contro l’inflazione alle catene di approvvigionamento, dal rafforzamento della cooperazione economica bilaterale alle misure per garantire la stabilità nel Mediterraneo e nell’Africa subsahariana. Tutti temi che saranno oggetto della presidenza italiana del G7 l’anno prossimo, agenda che ora, dopo i risultati dell’incontro di giovedì tra la premier e il presidente Usa, sarà il frutto di un più stretto coordinamento tra Roma e Washington.

Quando Biden era preoccupato per le elezioni italiane

L’ottobre del 2022 sembra ormai figlio di un’altra epoca. Allora Biden si mostrò molto preoccupato. “Visto cosa è successo  alle elezioni in Italia? Visto cosa sta succedendo nel mondo?  Il motivo per cui mi preoccupo è che non possiamo essere ottimisti”, disse allora il presidente Usa. Ma proprio da lì parte un lavoro di tenace e costante ricucitura diplomatica in cui si enfatizzano le posizioni filo atlantiste del nuovo Governo di centro-destra italiano  e soprattutto le decisioni prese sugli aiuti militari all’Ucraina di Zelenski. Si arriva così alla primavera scorsa anche se la data del colloquio slitta sempre più verso l’estate e il rischio che Meloni (che aveva sostenuto personalmente la candidatura Trump) possa subire la stessa sorte di Orban e Bolsonaro, che non sono stati ricevuti alla Casa Bianca, si fa sempre più concreto. 

New York Times: Meloni in Italia un’altra cosa  

La data viene, alla fine, stabilita per il 27 luglio, giovedì scorso,  poco prima della chiusura per ferie e alle 15 del pomeriggio, l’ora del caffè. Piccoli dettagli protocollari che racchiudono sempre un loro significato. È solo di qualche giorno fa, peraltro, l’editoriale di David Broder sul New York Times che chiarisce  il mutamento di posizioni di Meloni e il contrasto tra una politica estera da potenza occidentale e le posizioni sovraniste in politica interna. “Prima delle elezioni italiane dello scorso autunno – scrive Broder – Giorgia Meloni era ampiamente descritta come una minaccia. Da quest’estate, tutto — la sua ammirazione giovanile per Benito Mussolini, i legami del suo partito con i neofascisti, la sua retorica spesso estrema — è stato perdonato. Elogiata per la sua praticità e il sostegno all’Ucraina, Meloni si è affermata come partner occidentale affidabile, al centro delle riunioni del G7 e dei vertici della Nato. La visita a Washington suggella il suo status di membro apprezzato della comunità internazionale. Ma la storia di un’agitatrice populista diventata pragmatica trascura un aspetto importante: ciò che sta accadendo in Italia”.

Meloni: non mi sono mai sentita Cenerentola

Alla stampa italiana, giovedì sera, Meloni chiarirà subito che i rapporti tra Italia e Usa restano indissolubili “indipendentemente dai governi di diversa natura che si sono avvicendati nei due Paesi”. “La vicinanza con il Partito Repubblicano – aggiunge – non mi impedisce di avere un ottimo rapporto con Biden”. E soprattutto afferma di non essersi mai sentita nello studio ovale come  “Cenerentola” perché “sono pienamente consapevole del mio ruolo e del peso del Paese che rappresento”.

Gli Usa guardano all’agenda del G7 italiano

Nella dichiarazione congiunta gli Stati Uniti affermano di “attendere con ansia la leadership italiana del G7 nel 2024, che aumenterà gli sforzi per accelerare la transizione verso l’energia pulita e per affrontare le sfide globali più urgenti, tra cui la crisi climatica, la povertà, l’insicurezza alimentare, la sicurezza economica, le forniture di minerali critici e la migrazione, impegnandosi nel dialogo e nella cooperazione su tutti questi temi con i Paesi in via di sviluppo, in particolare con i Paesi africani. I leader sono uniti nell’impegno di aumentare il livello di ambizione e di impegno nel sostenere i Paesi in via di sviluppo duramente colpiti da molteplici crisi e nell’accelerare i progressi verso gli Obiettivi di sviluppo sostenibile”. 

Uscita mordiba dalla Via della Seta con Pechino

I rapporti con la Cina restano una delle priorità  della politica estera Usa. Biden e Meloni affrontano anche il problema di come dialogare con Pechino e rendere sostenibili le loro ambizioni nell’interesse dell’Occidente. “Gli Stati Uniti e l’Italia – afferma il comunicato congiunto – sono fermamente impegnati per un Indo-Pacifico libero, aperto, prospero, inclusivo e sicuro. Gli Stati Uniti accolgono con favore la maggiore presenza dell’Italia nella regione. Le due parti ribadiscono l’importanza vitale di mantenere la pace e la stabilità attraverso lo Stretto di Taiwan, che è strumentale alla sicurezza e alla prosperità regionale e globale”.

 Sulla Nuova Via della Seta il cui accordo dovrà essere rivisto a settembre Meloni assicura che Biden non ha fatto alcuna pressione, perché gli States ”si fidano dell’Italia”. Lo sganciamento progressivo dal Memorandum tra Roma e Pechino da quanto si è capito avverrà in modo soft anche perché i rapporti con la Cina vanno in ogni caso preservati. Meloni andrà presto in Cina su invito delle autorità di quel Paese: “Il viaggio non è stato ancora calendarizzato – dice –  ma credo che debba essere una delle prossime missioni con l’obiettivo di portare avanti un dialogo costruttivo”.

Supply chain  sicure contro la crisi

Altro tema al centro dell’incontro con Biden l’imponente piano degli States per contrastare l’inflazione (IRA) che sta producendo inevitabili contraccolpi in l’Europa. Meloni chiede “che le aziende italiane non siano penalizzate” e si punti a trovare “il giusto equilibrio tra apertura e protezione delle nostre economie e dei nostri interessi strategici”. La situazione economica – concordano i due presidenti – richiede il derisking, la diversificazione e la riduzione delle dipendenze eccessive “per costruire catene di approvvigionamento (supply chain) resilienti e sicure”. Se ne discuterà in maniera più operativa nel Consiglio per il Commercio e la Tecnologia tra Stati Uniti e Unione Europea e il Consiglio per l’Energia tra Stati Uniti e Unione Europea”.

L’aiuto di Biden al Piano Mattei per l’Africa

In un’ora e mezzo di colloquio l’incontro si sviluppa tra qualche battuta (“la prima volta che ti ho vista mi sembrava di conoscerti già da tempo”, conferma il Presidente statunitense) e si fa  dettagliato soprattutto sul Piano Mattei per l’Africa, gli aiuti alla Tunisia, l’attenzione sul quadrante Mediterraneo. Stati Uniti e l’Italia condividono  “l’intento di rafforzare le relazioni con l’Africa sulla base di un partenariato tra pari e rilevano l’importanza di mobilitare il settore privato, i nostri partner delle Nazioni Unite, le banche multilaterali di sviluppo e le istituzioni finanziarie internazionali a sostegno di questi sforzi”. Joe Biden e Giorgia Meloni riconoscono “la minaccia esistenziale posta dal cambiamento climatico affermano e il loro impegno a intraprendere azioni decisive in questo decennio per mantenere a portata di mano l’obiettivo condiviso di limitare l’aumento della temperatura media globale a 1,5 gradi Celsius”. Meloni ottiene l’aiuto di Biden per realizzare il Piano Mattei, garantire stabilità in Tunisia e Libia e nel resto del Nord Africa.

Resta invece fuori dallo Studio Ovale la questione della maternità surrogata. In Italia è avviato il percorso per renderla reato universale, mentre negli States la Gpa è pratica consolidata. 

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