Groupama se ne va, ma il Patto di Mediobanca rimane in piedi. A fare da ago della bilancia la scelta della famiglia Pesenti, nonostante la prese di posizione di qualche tempo contro le logiche dei lacci e lacciouli. “I patti di sindacato non hanno più ragione di esistere, compresi quelli di consultazione, compreso quello di Mediobanca”, aveva detto qualche tempo fa Carlo Pesenti.
Ma al dunque ha scelto una via di mezzo: ridurre al quota vincolata al patto all’1,6% dal 2,62%. Come hanno riferito fonti di Italmobiliare, il gruppo con questa scelta intende garantire stabilità, sostegno e indirizzo gestionale alla banca in una delicata fase di trasformazione del tessuto economico nazionale. Se dopo la decisione dei francesi di sfilarsi arrivata all’ultimo (anticipata da Radiocor, qualcosa di ufficiale sul tema si saprà domani, dice la compagnia), anche Pesenti avesse svincolato l’intero pacchetto infatti la quota legata al patto sarebbe scesa sotto il 30% decretando l’automatico scioglimento dello stesso (viene rinnovato automaticamente solo se riunisce una percentuale del capitale sopra il 30%).
Il Patto infatti ha perso il 4,9% dei francesi di Groupama e l’1% di Italmobiliare (Pesenti), ma anche il 3,8% di Fonsai, il 2% di Generali (che ha inaugurato una stagione di presa di distanza dalle logiche degli intrecci azionari con la gestione Greco), e lo 0,16% di Marco Brunelli. Così il Patto, salvato dalla scelta dei Pesenti, si rinnova per un soffio (oggi scade il termine per la presentazione delle disdette) scendendo al 30% (se Groupama conferma l’uscita) dal 42%. “Mi sembra una quota sufficiente”, ha commentato Gilberto Benetton (poco più del 2% in Mediobanca) a margine della cerimonia di quotazione di World Duty Free. Come