Mediobanca ha chiuso i primi nove mesi dell’esercizio 2021-2022 con un utile netto di 716 milioni, in crescita del 19% rispetto a un anno fa e a fronte delle aspettative (696 milioni). Ma l’attenzione del mercato oggi è rivolta ai nuovi rumors sul possibile addio di Mediobanca al Leone di Trieste, che detiene circa il 13% della compagnia oltre al 4,4% in prestito titoli, per mettere pace all’interno della compagine azionaria tra i due blocchi di azionisti: da un lato quelli guidati da Piazzetta Cuccia che hanno supportato la proposta del board (risultata vincente) e dall’altro il fronte dei privati, guidati da Leonardo del Vecchio e Francesco Gaetano Caltagirone, quest’ultimo è arrivato al 5,5% del capitale di Mediobanca dal 3,043 che deteneva. Il titolo si trova in territorio positivo a Piazza Affari: +0,61% a 9,84 euro per 8,51 miliardi di capitalizzazione.
Dopo la partita di Generali, sembrerebbe che la vera battaglia si avrà a Piazzetta Cuccia. Secondo il Sole 24 Ore, la banca starebbe lavorando alla sua uscita dalle Generali (già esplorata in passato) in cambio di una grande operazione industriale nel settore del risparmio gestito che potrebbe coinvolgere Banca Generali, Mediolanum o Azimut. In questo modo Piazzetta Cuccia trasformerebbe una partecipazione finanziaria in una industriale, mentre Caltagirone e Del Vecchio – soci rispettivamente col 9,95% e 9,82% di Generali – diventerebbero azionisti più rilevanti nel gruppo assicurativo. Ma l’ipotesi è tutta da verificare e l’esito incerto, dopo la lezione dell’assemblea Generali in cui i fondi hanno sostenuto il Ceo Donnet apprezzandone le garanzie di stabilità per il gruppo.
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La frattura fra gli azionisti di Generali è profonda e una sua ricomposizione, anche all’interno del consiglio di amministrazione, sembra davvero remota. Dopo mesi di frizioni e polemiche si rischia di assistere a nuovi scontri e contrapposizioni. E sarà proprio su Mediobanca che si giocherà la partita decisiva. Una partita in programma il prossimo ottobre, quando il cda andrà verso il rinnovo.
Mediobanca non risente della guerra: crescono utile e ricavi
Per la banca d’affari, il fatto di “non avere alcuna esposizione materiale al rischio Russia e Ucraina” ha permesso di migliorare tutte le voci di ricavo, compreso il contributo della quota in Generali, che ha portato 251 milioni di utili (+26%). Riguardo al 31 marzo 2022, il terzo trimestre del suo anno fiscale (l’istituto di Piazzetta Cuccia chiude il bilancio il 30 giugno) l’istituto ha messo a segno risultati sopra le attese, registrando ricavi per circa 700 milioni di euro (di cui commissioni nette per 202 milioni di euro) e un utile netto pari a 190 milioni di euro.
Nei primi nove mesi, i ricavi crescono del 9,3% a 2.147,1 milioni di euro, il risultato operativo del 13,4% a 994,5 milioni e l’utile netto del 18,5% a 715,9 milioni, con un indice costi/ricavi in riduzione al 44,6% (-1pp) e una profittabilità in crescita al 10% ROTE (+1pp). Il margine di interesse (+3,2% nei nove mesi di esercizio chiusi il 31 marzo) è stato trainato dal rincaro dei tassi, ma anche dalla ripresa del credito al consumo (+5%)
La base patrimoniale si conferma elevata, con un indice CET1 phase-in al 15,3%, sebbene in calo dal 16,13% di inizio esercizio e dal 16,17% di fine dicembre 2021, con impatto trascurabile della volatilità dei mercati.
Mediobanca ha spiegato in una nota che il quarto trimestre, ovvero quello in corso, “si è avviato con la vivace attività commerciale dei precedenti” e in particolare con un portafoglio crediti, soprattutto nel consumer e nei mutui ipotecari, previsto in crescita e che concorre alla crescita del margine di interesse. La pipeline di Investment e Corporate Banking resta “molto buona” e prevalentemente non legata alla stabilità dei mercati, così come la componente ricorrente dei ricavi Wealth Management. Il Cost/Income è previsto in moderata crescita scontando la consueta stagionalità dei costi di struttura e i progetti avviati.
Remunerazione al 100% e utile annuale visto in crescita
Mediobanca conferma la politica di remunerazione degli azionisti, con un payout cash pari al 70% degli utili. L’istituto ha inoltre in corso un buyback sul 3% del capitale, dopo che è già stato riacquistato il 2%” e ha confermato “una quota di utili distribuiti al 70% dei proventi totali, che, sommato al payout del buyback, assicura un remunerazione del 100%”.
L’istituto bancario ha anche formulato previsioni sull’utile netto che “è atteso in crescita rispetto allo scorso anno con un apporto dell’ultimo trimestre in linea con quello appena concluso e solo marginalmente impattato da uno scenario macroeconomico decisamente meno favorevole”. Queste dinamiche contabili dovrebbero consentire al patrimonio di “rimanere su livelli elevati con un indice Cet1 a regine superiore al 14,5%”.