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Mediobanca: i fondi comuni rendono più dei titoli di Stato

I risparmiatori che negli ultimi 15 anni hanno scelto i fondi comuni aperti hanno guadagnato il 6,4% – Il patrimonio a fine 2017 è salito ad un totale di 335 miliardi – Italia sedicesima al mondo.

Mediobanca: i fondi comuni rendono più dei titoli di Stato

I fondi comuni italiani crescono lentamente, ma rendono molto più dei titoli di Stato. Questo uno dei dati più interessanti contenuti nella 27esima edizione dell’”Indagine su fondi e sicav italiani” realizzata da Mediobanca.

Negli ultimi cinque anni, i fondi comuni nostrani hanno sempre registrato una raccolta netta positiva, con sottoscrizioni che, dal 2012 al 2017, hanno superato di anno in anno i riscatti. Prendendo in considerazione l’ultimo anno di studio, il 2017, la raccolta netta è salita di circa 22 miliardi di euro e il trend positivo è continuato anche nei primi sei mesi dell’anno in corso, periodo in cui le sottoscrizioni hanno “vinto” sui riscatti per 3 miliardi di euro, nonostante rendimenti negativi per circa il 2%.

Ma quanto è grande questo settore nel nostro Paese? Poco, rispetto agli altri. Secondo l’analisi di Mediobanca infatti, l’industria italiana si posiziona al sedicesimo posto al mondo, preceduta dall’India, con un’incidenza dei patrimoni gestiti sul prodotto interno lordo pari al 15%. Se nel calcolo inseriamo però anche i fondi di diritto lussemburghese e irlandese promossi da gestori italiani, l’Italia sale al 12esimo posto. Parlando in numeri, a fine 2017 i 1.308 fondi messi sotto esame dalla banca milanese arrivano a un patrimonio complessivo di 335 miliardi – 210 relativi ai fondi comuni aperti – a fronte degli oltre 41mila miliardi di patrimonio dell’industria mondiale.

Tornando all’anno in corso, dati positivi arrivano anche sui risultati di gestione, con utili ante imposte per 9 miliardi di euro (su un patrimonio da gestire che a inizio anno era pari a 307 miliardi).

Per quanto riguarda i vari comparti, si legge nel report: “il rendimento netto medio del patrimonio è valutabile al 2,2%, beneficiando delle performance dei fondi azionari (7,7%), flessibili (2,3%) e bilanciati (2,1%), come pure dei fondi pensione, sia negoziali (2,5%) che aperti (3,7%); gli obbligazionari si sono fermati allo 0,5%, i fondi di mercato monetario hanno riportato una perdita (-0,5%).

In aumento – all’1,3% del patrimonio – i costi di gestione, mentre la rotazione del portafoglio rimane sui livelli minimi degli ultimi trenta anni.

Ampliando l’orizzonte temporale di riferimento invece, gli investitori che negli ultimi 15 anni hanno puntato sui fondi comuni aperti italiani hanno guadagnato in conto capitale il 6,4% (+0,4% medio annuo). Una percentuale di tutto rispetto, soprattutto se si fa un paragone con i Bot a 12 mesi “Il confronto col tasso risk free – scrive Mediobanca risulta favorevole nei 9 anni post 2008 (+13,5% complessivo, +1,2% annuo) e nell’ultimo quinquennio (+10% in conto capitale, +1,9% annuo). Prendendo in considerazione il solo 2017, a fronte del +2,2% di rendimento registrato dai gestori, si segnala il una performance pari a -0,2% per i Bot.

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