MEDIOBANCA, DECOLLANO I GRANDI GIOCHI
DOPO IL BLITZ VINCENTE SUI DIRITTI FONSAI
La ricreazione è finita. L’ordine di Mediobanca, alla vigilia del cda di piazzetta Cuccia dedicato all’indformativa sul “caso Nagel” (il famoso “papello” siglato assieme a Salvatore Ligresti), torna a regnare sui recinti virtuali di Piazza Affari. Le prove?
Innanzituto il blitz sui diritti Fonsai. Manco il tempo di ironizzare sugli acqusiti con il contagocce del primo giorno dell’asta (975 in tutto) ed ecco l’annuncio a sorpresa: sono stati collocati tutti i 1.153.386 diritti restanti al prezzo simbolico di 0,0002 euro, che danno il diritto a sottoscrivere il 31,7% del capitale ordinario Fonsai.
Sono stati ceduti questa mattina 1.153.386 diritti al prezzo simbolico di 0,0002 euro, che si aggiungono ai 975 diritti venduti nell’asta di ieri.
In due sedute si è pertanto esaurito il quantitativo dei diritti (1.154.361) che non erano stati esercitati al termine dell’offerta che si è chiusa il primo agosto, validi per la sottoscrizione di azioni ordinarie Fonsai pari al 31,7% delle azioni offerte, per un controvalore di 291 milioni circa.
Si capirà presto chi, oltre ad Unipol che si si era detta disponibile a procedere in sede d’asta diritti per sottoscrive un altro 4,9%, abbia risposto all’appello di Mediobanca ed Unicredit, co-leader del consorzio. A questi prezzi, del resto, Fonsai appare a sconto rispetto a Generali, cosa che può aver convinto più di un investitore istituzionale o gestore di private a caccia di occasioni.
Quel che è sicuro è che l’operazione è un buon tonico per l’appeal di piazzetta Cuccia, seriamente lesa dalle vicende estive: le traversie del braccio di ferro con la famiglia Ligresti, culminate nel gran pasticcio della lettera siglata da Nagel assieme a don Salvatore; lo “strappo” con Giovanni Perissinotto, congedato bruscamente dalla guida delle Generali; il rovescio subito in Impregilo dal gruppo Gavio, storico cliente di Mediobanca; gli stessi attacchi a Marco Tronchetti Provera in Camfin, Prelios e nella stessa Pirelli da parte del socio Malacalza, quasi a conferma che, esaurita la centralità della banca d’affari nel panorama finanziario nostrano, siano diventate possibili incursioni un tempo impensabili.
Su tutto, infine, le discussioni sulla futura strategia di Mediobanca, che potrebbe prendere il via con la scissione del business bancario dalla holding di partecipazioni in cui figurano Generali, Telco, Rcs. A nulla, come succede in questi casi, è servita la smentita della banca d’affari. Anche perché, nell’ultima settimana , quasi a confermare i rumors, ha preso il volo titolo Rcs (+135% in sei sedute).
In realtà, le indagini della Consob hanno appurato che i movimenti di Rcs sono frutti di trading reso possibile dall’infimo flottante più che manovre di azionisti intenzionati a conquistare nuove posizioni in via Solferino. Lo stesso, probabilmente, vale anche per l’impennata di Camfin, cassaforte di Pirelli, titolo schizzato alle stelle grazie agli acquisti di chi vuol cavalcare il braccio di ferro tra i due litiganti, che domani si affronteranno (probabilmente a muso duro) nel cda di Gpi, la scatola che controlla Camfin (che sau volta controlla Pirelli e Prelios). Opraioni di respiro corto, insomma, rese possibili dall’assenza sulla scena dei player principali, impegnati a definire dietro le quinte lo scenzio d’autunno.
Ora, l’attesa è finita. Alla vigilia della “prima” d’autunno di piazzetta Cuccia, giusto a ridosso della Scala, le anomalie estive si spengono: sia Rcs che Camfin arretrano dell’11 per cento abbondante. A conferma che nessuno vuol restare con il cerino in mano quando entrano in campo i “tenori” della situazione.
Si vedrà domani, però, se i vari tenori saranno all’altezza della situazione. Il mercato si attende che Nagel e Renato Pagliaro diano risposte adeguate alle attese, tracciando la rotta futura del player più importante della finanza privata italiana. In questa cornice, prende quota l’ipotesi che Nagel possa annunciare, tanto per cominciare, l’avvio del parziale disimpegno dal Leone di Trieste: per ridurre il “consumo di capitale” in ottica di Basilea , infatti, la banca potrebbe scendere dal 13,2 al 10%.
Per ora è solo un’ipotesi tra le tante. Grande sarebbe la delusione se ci si limitasse a confermare lo “statu quo” di guardiano di partecipazioni che richiedono una gestione dinamica, mica un azionista stacca cedole. Come ha rilevato un report di Intermonte, un’eventuale scissione “farebbe apprezzare il titolo perché farebbe emergere il valore del business bancario oggi valorizzato zero dal mercato visto che solo le partecipazioni quotate rappresentano il 90% dell’attuale capitalizzazione di Mediobanca”.
L’interesse , insomma, è alto. Dopo i rovesci di luglio, Mediobanca arriva rinfrancata alla prova del Cda. Nell’ultimo mese, complici le tante voci, il titolo di piazzetta Cuccia ha messo a segno un balzo superiore al 50 per cento, compreso il progresso odierno superiore al 3 per cento.