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Medio Oriente, Unifil accusa Israele: “Idf ha sparato contro una delle nostre postazioni”. Altra strage a Gaza

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Le tensioni al confine tra Libano e Israele hanno raggiunto un punto critico, riflettendo un clima di instabilità che ha colpito anche le forze di interposizione delle Nazioni Unite. L’Unifil afferma che martedì 22 ottobre, i soldati israeliani hanno attaccato una postazione della missione di pace nei pressi del villaggio di Dhayra, costringendo i caschi blu a ritirarsi per evitare gravi conseguenze. Non è il primo attacco di questo tipo; altri episodi hanno precedentemente sollevato preoccupazioni sulle operazioni dell’Unifil, che l’Onu ha descritto come “estremamente difficili”.

Nel frattempo, l’esercito israeliano continua a bombardare le posizioni di Hamas a Gaza, e quelle di Hezbollah in Libano, alimentando un ciclo di violenza che sembra non avere fine. Infine, l‘Iran si prepara a una possibile rappresaglia contro Israele, aumentando le tensioni nella regione e rendendo sempre più lontana una tregua duratura.

L’Unifil: “I soldati Idf hanno aperto il fuoco”

L’Unifil afferma che il 22 ottobre scorso i soldati israeliani hanno aperto il fuoco contro una delle loro postazioni vicino al villaggio di Dhayra, nel sud del Libano. Secondo una nota ufficiale, i caschi blu erano impegnati nell’osservazione delle operazioni condotte dall’Idf per sgomberare abitazioni nella zona. Quando i soldati israeliani si sono resi conto di essere sotto osservazione, hanno risposto con colpi di arma da fuoco, costringendo i membri dell’Unifil a ritirarsi per evitare di essere colpiti.

Intanto, i due membri del contingente indonesiano, feriti durante un attacco israeliano alle basi Unifil il 10 ottobre, sono finalmente tornati in servizio dopo tre giorni trascorsi in terapia intensiva. “Siamo pronti a svolgere la nostra missione e a sostenere la Risoluzione 1701”. In un video diffuso dall’Onu, i due peacekeeper raccontano gli eventi di quel giorno drammatico, ribadendo il loro impegno per la stabilità nella regione nonostante la tensione crescente.

Nuova strage a Gaza

Negli ultimi giorni, Gaza ha visto un’intensificazione della violenza, culminata in un devastante raid aereo israeliano nel campo profughi di Jabalia, che ha raso al suolo 10 edifici residenziali, provocando circa 150 tra morti e feriti. Le squadre di soccorso stanno cercando di operare in condizioni estremamente difficili, ostacolate da continui attacchi che mettono in pericolo la loro sicurezza. La già fragile infrastruttura sanitaria ha subito gravi danni, con l’ospedale Kamal Adwan di Beit Lahia, nel nord di Gaza, attualmente sotto assedio israeliano e con molti pazienti e operatori intrappolati all’interno.

Attacco al valico di frontiera Libano-Siria

Uno degli eventi salienti è stato il bombardamento da parte dell’esercito israeliano del valico di Jusiyah, situato nella valle della Beqaa. Questo valico è considerato strategico per Hezbollah, il gruppo armato libanese, poiché funge da punto di transito per armi e rifornimenti diretti dalla Siria a Hezbollah. L’Idf ha giustificato l’attacco affermando che si tratta di un’operazione necessaria per interrompere il flusso di armamenti verso un gruppo che considera una minaccia diretta alla sua sicurezza. Inoltre, dall’inizio degli scontri transfrontalieri, si stima che 163 operatori sanitari in Libano abbiano perso la vita.

In un contesto simile di crescente violenza, tre giornalisti sono stati uccisi in un altro attacco aereo israeliano, questa volta nell’est del Libano, vicino al confine con la Siria. I reporter lavoravano per l’emittente panarabo Al Mayadeen, vicina a Hezbollah. Ma le tensioni non si limitano a Gaza e al confine con il Libano. Un razzo lanciato nella zona di Shomera, in Galilea, ha causato sei feriti.

Egitto e Qatar: ultimi sforzi per un cessate il fuoco

Nel tentativo di trovare uno spiraglio, David Barnea, capo del Mossad, si è recato al Cairo per incontrare il collega egiziano Hassan Mahmoud Rashad. Le discussioni vertono su un possibile cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi, con l’appoggio del premier israeliano Netanyahu. Tuttavia, i progressi rimangono incerti, e lo scenario regionale non sembra offrire molte vie d’uscita. Prossimo passo sarà Doha, dove Barnea tenterà di riaprire i negoziati con il Qatar. Nel frattempo, il segretario di Stato americano Antony Blinken si trova a Londra, dove è atteso per incontri con i suoi omologhi della Giordania e degli Emirati, oltre che con il primo ministro ad interim del Libano, nel tentativo di affrontare la crisi in corso e cercare vie per una possibile de-escalation.

Spionaggio a favore dell’Iran

In un altro sviluppo preoccupante, sette cittadini israeliani sono stati incriminati per attività di spionaggio a favore dell’Iran. Si sostiene che questi individui abbiano condotto circa 600 missioni di raccolta informazioni, monitorando obiettivi sensibili in Israele per un compenso totale di circa 300mila dollari. Questo episodio sottolinea l’ampiezza della rete di spionaggio iraniana e il livello di infiltrazione che essa ha raggiunto all’interno di Israele.

Teheran e l’ombra di un’incombente rappresaglia

L’Iran si sta preparando a una guerra con Israele, pur sperando ancora di evitarla. Lo scrive il New York Times citando funzionari di Teheran. La preparazione è in atto, e si parla di possibili rappresaglie se Israele colpisse infrastrutture strategiche. Tra le opzioni iraniane vi è il lancio di missili balistici e, in ultima istanza, la minaccia di interrompere le forniture energetiche nella regione. Tuttavia, i preparativi israeliani per un’imminente rappresaglia sembrano rimandati, forse per condizioni meteo avverse o per pressioni diplomatiche in corso. Un quadro che non lascia spazio a facili soluzioni, con i vertici di ogni parte consapevoli che una mossa sbagliata potrebbe portare ad una spirale irreversibile.

Ogni evento, ogni movimento sembra rendere più lontana una tregua, e il bilancio umano si aggrava di ora in ora.

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