Se nei paesi del Medio Oriente e del Nord Africa la diffusione della pandemia sembra rallentare, ma non accenna ancora ad arrestarsi, i governi della regione si sono preparati a una graduale riapertura, con progressivi allentamenti del lockdown. Nel suo complesso, l’area registra oltre 700mila casi di contagio, con Arabia Saudita e Iran di gran lunga i paesi più colpiti, ma anche Stati meno popolosi come Bahrein, Kuwait e Qatar hanno registrato un elevato tasso di incidenza del COVID-19. In questo contesto sono stati stanziati in misura diversa pacchetti di stimolo e sostegno economico, di cui i più consistenti sono stati quelli di Emirati Arabi Uniti (77,2 miliardi di dollari), Arabia Saudita (32 miliardi), Israele (23 miliardi) e Qatar (20 miliardi). Ma, nonostante il cauto ottimismo, in tutta la regione rimane elevato il timore di una nuova ondata di contagi nella seconda metà dell’anno. E, come riportato dall’ISPI, i governi si trovano di fronte alla difficile scelta tra il contrasto al coronavirus e il rilancio dell’economia.
Se in Arabia Saudita è stato avviato un processo in tre fasi, partendo dalla riduzione dell’orario del coprifuoco, la ripresa dei voli interni e riapertura degli uffici, rimangono invece bloccati i pellegrinaggi nei luoghi santi di Mecca e Medina così come i voli internazionali. Allo stesso tempo è stato dichiarato come nella situazione attuale la riduzione della spesa pubblica sia una priorità, tagliando 26,6 miliardi da progetti e iniziative di riforma. Proprio il programma di riforme del principe ereditario Mohammed bin Salman, contenuto nella Vision 2030, subirà considerevoli tagli di fronte alla mutata situazione economica. Fiore all’occhiello dei megaprogetti sauditi, NEOM, una futuristica smart city sulle coste del Mar Rosso il cui costo si aggira intorno ai 500 miliardi, sarà tra i primi a subire dei ritardi.
Negli Emirati alla riapertura di centri commerciali, ristoranti e spiagge sono invece corrisposte nuove misure restrittive sui viaggi interni con l’obbligo per i residenti di richiedere un permesso. È inoltre giunta ufficialmente a fine maggio la decisione del Bureau International des Expositions (BIE) di rinviare Expo Dubai 2020 di un anno: dal 1° ottobre 2021 al 31 marzo 2022. Lo scoppio della pandemia, con la conseguente chiusura di molti paesi colpiti dal COVID-19, la sospensione delle attività e il blocco dei collegamenti internazionali hanno di fatto bloccato l’avvio della fase di costruzione dei padiglioni, mentre il clima di incertezza rende difficile ogni previsione di breve e medio termine.
Il Qatar, dal canto suo, ha predisposto una ripartenza in quattro fasi da metà di giugno, ferma restando la possibilità di reintrodurre restrizioni in caso di necessità.
Il settore più colpito dalla crisi pandemica è quello dei viaggi e del turismo, seguito dal comparto alberghiero e catering, da idrocarburi e trasporti, tutti ambiti cruciali per stabilità economica e occupazione, nonché nei piani di sviluppo economico di molti paesi, in particolare Arabia Saudita, Emirati ed Egitto. Per quest’ultimo il crollo del turismo avrà conseguenza pesanti proprio per la rilevanza che il settore riveste nell’economia nazionale, sia in termini occupazionali (circa il 10 % della forza lavoro), sia per l’incidenza sul Pil (tra il 10 e il 15%) sia per le entrate di valuta straniera. Se nel 2019 le entrate dal turismo ammontavano a 13 miliardi, per il 2020 il settore potrebbe registrare un crollo del 75%. Particolarmente difficile anche la situazione della Giordania, dove il turismo costituisce il 12,5% del Pil. Qui il governo ha promosso diversi pacchetti di sostegno al settore che tuttavia risultano insufficienti e riflettono le limitate capacità economiche del paese che ha fatto nuovamente ricorso ai prestiti FMI. Da questo contesto di crisi opportunità di crescita emergono invece per farmaceutica e comparto sanitario nonché per ICT, e-commerce e servizi digitali.
Il Fondo Monetario Internazionale ha previsto una contrazione del Pil della regione Mena di oltre il 3% nel 2020 con dati che vanno dal -12% del Libano, che sta attraversando una gravissima crisi finanziaria, al -1,1% del Kuwait. Se la recessione avrà ricadute più pesanti in Israele (-6,3%), Iran (-6%) e Algeria (-5,2%), non saranno risparmiate neanche le monarchie petrolifere del Golfo (Arabia Saudita -2,3%, Emirati -3,5%, Oman -2,8%, Qatar -4,3%,) dove l’effetto della pandemia si è sommato al crollo del prezzo del greggio. Non va infine escluso che il forte disagio socio-economico nella regione possa dare luogo a nuove e più diffuse ondate di protesta che la pandemia sembra avere solo temporaneamente interrotto.