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Medici, infermieri e maestre: come funziona il taglio delle pensioni future dei dipendenti pubblici nella Manovra 2024

Imagoeconomica

Dal 2024 le pensioni saranno più basse per molti: arriva la stretta alla quota retributiva degli assegni per alcune categorie di dipendenti pubblici con anzianità inferiore a 15 anni. È quanto stabilito dalla manovra del governo, che non solo ha ridotto le chance di pensionamento anticipato restringendo Quota 103 ma ha anche rivisto al ribasso i coefficienti utilizzati per il calcolo delle quote retributive per gli assegni di medici, infermieri e insegnanti, in particolare quelli che hanno iniziato a lavorare prima del 1996.

Cosa cambia per le pensioni dei dipendenti pubblici con la Manovra 2024

La Legge di Bilancio 2024 conferma (art.33) la stretta sulle pensioni future dei dipendenti pubblici: “Adeguamento aliquote rendimento gestioni previdenziali”. Ma cosa vuol dire? A partire dal prossimo anno alcune categorie di dipendenti pubblici (sanitari, dipendenti di enti locali, insegnanti di asilo e di scuole elementari parificate, ufficiali giudiziari, aiutanti ufficiali giudiziari e coadiutori) che andranno in pensione si troveranno un assegno molto più leggero. E non di poco. Diverso è il caso di chi appartiene alla Cassa Stato (Ctps) o al Fondo pensione lavoratori dipendenti di Inps escluse dalle novità introdotte con la Manovra 2024.

Il provvedimento – che ora è al vaglio del Parlamento – riguarda i dipendenti pubblici che hanno iniziato a lavorare dopo il 1981 e prima del 1995. Chi di loro lascerà il lavoro nel 2024 lo farà con una quota di pensione retributiva inferiore ai 15 anni. Infatti dal 1996 l’assegno pensionistico si calcola con il nuovo regime contributivo basato sull’ammontare dei contributi versati e non più sulla base degli ultimi stipendi ricevuti.

Le nuove aliquote di rendimento previste per il 2024

Con il ricalcolo inserito nella Legge di Bilancio il governo intende abolire il vantaggio goduto da queste categorie sul rendimento della quota retributiva della pensione. Le aliquote attualmente previste dalla legge 965/1965, indubbiamente molto vantaggiose, e usate per calcolare le pensioni fino al 31 dicembre 2023 stabiliscono dei parametri non lineari.

Facciamo un esempio. Chi ha lavorato un anno o anche pochi mesi prima del 1995 ha un rendimento del 24%. Nel caso dei dipendenti privati, invece, per ottenere lo stesso rendimento occorrono 12 anni di lavoro. Il dipendente pubblico che ha lavorato due anni prima del 1995, beneficia di un rendimento del 12% per ciascuno dei due anni. E così a scalare fino a stabilizzarsi al 2,5% con 15 anni di anzianità.

Secondo i calcoli del Sole 24 Ore, con il vecchio sistema per il dipendente pubblico mille euro di retribuzione determinavano una quota di pensione di circa 240 euro. L’esecutivo guidato da Giorgia Meloni vuole ora sostituire la vecchia tabella dei coefficienti del 1965 con un’altra che parte da zero e veda crescere i coefficienti del 2,5% all’anno, analogamente a quanto avviene per il settore privato. Vuol dire che chi ha mille euro di retribuzione, con un anno di anzianità vede ridursi la quota di pensione da 240 euro a 25 euro, mentre con 14 anni di anzianità passa a 350 euro (prima era circa 360).

La novità, come si è già detto, non riguarda coloro che possiedono più di 15 anni di contributi versati nel sistema retributivo, che si vedranno applicare – anche in futuro – i vecchi coefficienti di rendimento. Insomma, la differenza tra il vecchio e il nuovo regime proposto è sostanziale per chi ha pochi anni di anzianità antecedenti al 1995, quasi nulla col crescere degli anni di retribuzione e di contribuzione.

Pensioni dei dipendenti pubblici: gli effetti delle nuove regole sugli assegni

Secondo la Cgil, la misura interesserà un numero enorme di persone se consideriamo che sono 700 mila i lavoratori pubblici che nei prossimi anni andranno in pensione. Per chi ha uno stipendio annuale di 30 mila euro lordi, il taglio della pensione può arrivare a oltre 6 mila euro l’anno, con 40 mila euro di reddito il taglio sale a quasi 9 mila euro e con 50 mila euro di stipendio annuale il taglio sfora i 10 mila euro. Le cifre più elevate sono quelle per i dirigenti: con cinque anni versati prima del 1996, perderebbero 800 euro l’anno di pensione; con 14 anni di contributi invece si vedrebbero l’assegno tagliato di 15.500 a causa del meccanismo perverso di ricalcolo che favorisce ci ha meno anzianità retributiva rispetto a chi ne ha di più. Si tratta di 1.300 euro lordi in meno al mese.

Sciopero nazionale venerdì 17 novembre

Una vera e propria batosta che potrebbe innescare pesanti ripercussioni soprattutto per settori già in crisi, come la sanità, favorendo un’uscita di massa dei professionisti al fine di mettere al riparo l’assegno pensionistico. Ammesso che il governo non faccia un passo indietro, come ventilato dal sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon dopo l’esplosione delle proteste che sfoceranno nello sciopero di otto ore proclamato per venerdì 17 novembre. “C’è la possibilità di correggerla”, ha detto, specificando che qualcosa potrebbe essere ritoccato dallo stesso Governo sotto forma di maxi-emendamento. “Magari procedendo con maggiore gradualità per tutte le categorie interessate”.

Calderone: “Correzione in maxiemendamento”

Il ministro del Lavoro, Marina Calderone, durante la presentazione del manifesto del lavoro cooperativo di Legacoop presso il Cnel, è intervenuta sulla possibilità di apportare correzioni al taglio delle pensioni dei medici del Servizio Sanitario Nazionale: “Tutte le riflessioni sono utili e quando la legge di bilancio fa un percorso parlamentare può arricchirsi di altri contributi, soprattutto se vengono da un maxiemendamento governativo: certamente comprendo le preoccupazioni dei medici, e non soltanto di loro ma anche di altre categorie interessate da questo intervento. Tuttavia sono certa che si possa trovare una misura che da un lato non tradisca le aspettative di chi già guarda alla pensione e dall’altro però tenga conto che quando si parla di norme pensionistiche è importante creare un equilibrio tra gestioni e soprattutto un equilibrio nella gestione che non possa privilegiare alcuni penalizzando tanti altri”.

Aggiornato martedì 7 novembre 2023 alle ore 10:43.

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Categories: Pensioni