Nascere figlio di Ezio Santin, uno, assieme a Gualtiero Marchesi, dei grandi maestri assoluti della cucina italiana, uno che per 30 anni, dalle cucine dell’Antica Osteria del Ponte a Cassinetta di Lugagnano è stato un faro di riferimento per generazioni di Chef saliti alle stelle, equivale a nascere con una bella assicurazione sulla vita. Con tanto padre, un genio dei fornelli arrivato alla cucina dopo mestieri diversi a 39 anni, il secondo in Italia a conquistare storicamente, dopo Marchesi, tre stelle Michelin, e il secondo che dopo Marchesi, a 72 anni ha avuto il coraggio di restituirle perché ne aveva a sufficienza di sentirsi sottoposto ai giudizi degli ispettori della Guida rossa, il giovane Maurizio Santin, classe 1969, avrebbe avuto una vita spianata e dorata nel raccogliere l’eredità paterna e vivere sugli allori in un ristorante che suscitava reverenza al solo nominarlo.
E invece il ragazzo Santin, ha deciso da subito che non sarebbe stato un figlio di papà. Intendiamoci, nessuna ribellione, tutt’altro. Il giovane Maurizio “figlio orgogliosissimo di uno dei padri della grande cucina italiana” pur consapevole del fatto che portare un cognome importante nel mondo del food ti fa trovare porte aperte, da subito ha scelto caparbiamente di imboccare la strada della pasticceria: “con un cognome come il mio mi sono dovuto affermare, dichiara, con ancora più forza – ma la determinazione e la passione per questo lavoro non mi hanno mai fatto difetto – in una strada simile ma parallela rispetto a quella tracciata dalla mia famiglia”.
Certo quel cognome – riconosce – gli ha assicurato una gioventù “felice, rigorosa, con una buona dose di vizi da parte di mia nonna paterna, tra Milano e Cassinetta di Lugagnano”, un delizioso borgo che occupa le due rive del Naviglio Grande, un tempo scelto dalle famiglie bene per edificarvi le ville di fuori porta. Tutto ciò ha concorso a formare il suo carattere che è deciso, meticoloso, severo ed appassionato tutte doti che lo hanno aiutato nella sua formazione professionale. Vero è che la cosa che più lo interessava da giovane era viaggiare, scoprire il mondo e fare qualcosa che lo appassionasse e oggi dice: “… sono stato fortunato: l’ho potuto fare e lo faccio tutt’ora”. Ma la passione per la pasticceria – con declinazione “da ristorazione”- l’ho respirata da sempre. E Dio solo sa quanto in pasticceria rigore determinazione e meticolosità siano fondamentali.
Il passepartout del nome e quello del carattere gli hanno così permesso di non entrare dalla porta di servizio nel mondo dell’alta formazione professionale ma di bruciare tutte le tappe. Prima tappa obbligata La Francia dove ha accesso alle cucine dei più importanti ristoranti e dove “in qualche modo riuscivo sempre a farmi assegnare alla pasticceria… era irresistibile per me”.
Decisivi per la sua formazione sono i corsi professionali di pasticceria presso la prestigiosa scuola di Gastone Lenôtre a Plaisir a quelli della scuola Etna-Università di La Sorbonne. Formatosi alle due alte scuole intraprende quindi il percorso di esperienze lavorative presso ristoranti dal nome altisonante: il Taillevent di Parigi, considerato più che un ristorante, l’incarnazione dell’alta gastronomia francese, 3 stelle Michelin, il George Blanc a Vonnas 3 stelle della Guida Michelin che ne parla in questi termini:” la cucina qui assurge al rango d’arte”, il Jamin di Joel Robuchon leader incostrastato della Guida Michelin con 32 stelle conquistate nel corso della sua straordinaria carriera, il Louis XV del Principato di Monaco di Alain Ducasse lo chef a capo di un gruppo con 1400 impiegati che controlla 20 ristoranti in vari paesi, l’unico Chef che sia riuscito nella notevole impresa di gestire contemporaneamente tre ristoranti 3 stelle Michelin in tre diversi paesi.
Oramai è un pasticciere affermato e può ritornare a casa nel ristorante di Famiglia a Cassinetta di Lugagnano 3 stelle Michelin, dove resta dal 1991 al 2004.
Quasi un atto dovuto, ma Maurizio Santin è uno spirito troppo libero per sentirsi ingabbiato in una pur dorata gabbia familiare. Ha voglia di cimentarsi in continue sfide, di arricchire il suo orizzonte culturale, di calarsi in realtà gastronomiche diverse, di approcciare nuovi modi di pasticceria. E prende il largo. Lascia Milano e approda a Roma dove diventa consulente ed executive-chef presso la Città del gusto del Gambero Rosso. Per dieci anni insegna pasticceria presso le scuole della Città del gusto-Gambero Rosso di Roma, Napoli, Catania, Palermo, è ospite-giudice nella trasmissione “Questo l’ho fatto io” sul canale GamberoRosso Channel Sky. Dal Gambero Rosso – oramai è una star tv – passa a Raiuno, dove Antonella Clerici se lo assicura per due anni come ospite nella trasmissione la Prova del cuoco, da cui elargisce dolci a mezza Italia televisiva. Contemporaneamente lo richiedono in Italia e all’estero per consulenze tecnico-professionali, diventa consulente del ristorante Sant Ambroeus di New York, diventa insegnante di pasticceria presso le scuole professionali Castalimenti e Alma, tiene corsi amatoriali presso istituti e scuole di cucina in tutta Italia. Per ben due volte è riconosciuto, nel 1998 e nel 2008, miglior pasticcere dell’anno, la Guida delle Pasticcerie del Gambero Rosso gli assegna il massimo riconoscimento le tre torte.
Frenetico, infaticabile trova anche il tempo per scrivere una serie di libri che vanno presto esauriti come “I dolci di Maurizio Santin” edito da Gambero Rosso, “Pasticceria le mie ricette di base”, “Frollini”, “I dolci di casa mia”, “Cioccosantin”, tutti pubblicati con Tommasi editore. Inoltre dal 2011 ad oggi cura una rubrica fissa sul mensile di settore “Il pasticcere” edizioni Italian Gourmet.
E non è finita qui, perché spinto sempre dalla sua voglia di sperimentare e sperimentarsi in un nuove esperienze si spinge a Palermo, dove avvia una collaborazione triennale con la caffetteria Spinnato, una vera e propria istituzione per i palermitani che affonda le sue radici nel lontano 1860, l’anno della spedizione dei mille di Garibaldi, in via principe di Belmonte, a due passi dal Politeama, centro nevralgico culturale del capoluogo siciliano.
Spinnato, un vecchio amico, lo aveva chiamato per dare un nuovo assetto al laboratorio della Caffetteria in attività dal 1860, “un‘avventura bella e stimolante”.
Ma è nel 2019 che Santin da avvio ad un nuovo importante capitolo della sua “dolce” esperienza di vita.
A Pompei, a poche centinaia di metri dall’ingresso agli scavi archeologici, meta ogni anno per quasi quattro milioni di visitatori, c’è un’antica pasticceria di tradizione, la pasticceria e gelateria De Vivo, nata negli anni trenta come panificio per i gourmet che transitavano tra gli scavi archeologici e il santuario. Dagli anni trenta a oggi la famiglia De Vivo osserva religiosamente una regola fondamentale: l’utilizzo del lievito madre, e questo ti fa capire come si senta legata alla tradizione. Sessant’anni e due generazioni dopo, oggi la pasticceria è guidata da Marco De Vivo con la moglie Ester e la figlia Simona che ha impresso una forte accelerazione all’impresa di famiglia portandola a essere una delle più affermate realtà pasticciere della Campania e quindi d’Italia nel rispetto di insegnamenti e tecniche tramandati e affinati negli anni, che oggi pur avendo mantenuto la sua struttura artigianale esporta i suoi prodotti all’estero in Francia, Svizzera, Spagna e Germania.
Un nordico che arriva a Pompei passando da Palermo? E soprattutto un Milanese innamorato della sua Milan che lascia le brume per il sole del Golfo di Napoli, una conversione? “Resto innamorato di Milano ma devo anche dire – risponde- che il sud è un’attrattiva irresistibile, qui il dolce è amato come in nessun altro luogo. Non a caso è in Sicilia e in Campania, che ha radici la pasticceria italiana”.
Cosa si propone Santin dall’incontro con De Vivo?
“Oramai abbiamo superato – sorride – la fase dell’incontro… siamo un binomio che funziona; un matrimonio ben riuscito si potrebbe dire: alta qualità, innovazione, rispetto della tradizione, guardiamo al futuro con determinazione.
Il ché tradotto in termini operativi diventa: ”ho voluto lasciare inalterata la proposta tradizionale di lievitati e di dolci tipici della tradizione partenopea, dove De Vivo è già molto affermato. l’unica attenzione che ho verso questa produzione è quella di avere sempre un controllo rigoroso sulla qualità del prodotto”.
E il primo figlio di questo matrimonio ben riuscito è stato presentato da Santin a Festa Vico, la grande kermesse gastronomica di alta cucina che si tiene ogni anno a Vico Equense alla quale partecipano oltre 80 chef stellati da tutta Italia. Un anticipo della torta dedicata a De Vivo entrata in produzione quest’anno che Santin ha presentato in forma scomposta: un dolce che richiama alcuni ingredienti che c’erano ai tempi dei romani, di conseguenza miele, pinoli, nocciole e mandorle”. Un allettante e godiuroso omaggio a Pompei quindi ma anche un “irresistibile richiamo” per i turisti di tutto il mondo che dopo la visita agli scavi “poi si fermano per una sosta golosa in pasticceria”.
Entrando nello specifico “la torta – spiega Santin – è costituita da due biscotti financier alla nocciola, un croccante di mandorle e pinoli, un inserto di biancomangiare al miele e mandorle e, infine, una bavarese al cioccolato tulakalum 70%, che presenta un’elevata acidità e freschezza che si sposa bene con gli altri elementi. il tutto è coperto da una lastra di cioccolato con lettere che compongono il nome De Vivo con un decoro in cioccolata”.
Un dolce che esprime un po’ tutta la filosofia di Maurizio Santin che va diretto al problema senza ammantarsi di grandi espedienti retorici.
“Il dolce – dice – deve essere buono e bello, ma sopratutto buono. l’abito deve essere accattivante all’occhio, ma il sapore deve conquistare. Non amo i compromessi, la qualità della materia prima, dei processi produttivi, la professionalità non sono derogabili, mai”.
“Elementary, my dear Watson”, direbbe Sherlock Holmes. Ma è con questo rigore che lo Chef pasticciere arriva diretto al palato e da lì passa ai sentimenti più godiurosi perché consapevole di dare allegria al mondo che di questi tempi ne ha molto bisogno. Perché checché se ne dica, come affermava Charles Baudelaire “Il mondo è una torta piena di dolcezza”, sta a noi assaporarla e chi la sa assaporare vive bene. Anche perché “Gli uomini vanno e vengono, ma la torta – sottolineava spiritosamente nell’800 George Augustus Salas -rimane per sempre”.