La reprimenda all’Italia dell’eurocommissario Pierre Moscovici per il suo immobilismo in materia di riforme e risanamento dei conti pubblici non poteva essere più sferzante (“I vostri sforzi strutturali sono pari a zero”), ma anche più tempestiva. Ed è la ragione per la quale il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è deciso a rompere gli indugi, i veti e i controveti delle forze politiche e a mandare in campo, subito dopo le consultazioni di lunedì, un tecnico super partes per formare un governo di tregua, con orizzonte temporale limitato a pochi mesi e aperto a tutti. Un tecnico delle istituzioni che prepari la manovra economica, prima che si scatenino i mercati e, accompagni il Paese al ritorno al voto in autunno o, al massimo, nei primi mesi del 2019.
Lega e Cinque Stelle mugugnano ma, se faranno mancare i loro voti in Parlamento al nuovo governo, sarà comunque l’Esecutivo del presidente super partes a gestire in modo neutrale la campagna elettorale in sostituzione del governo Gentiloni.
Puntuale è arrivato infatti il No di Luigi Di Maio “Io spero che non ci sia opposizione, e che si vada al voto il prima possibile. Se metteranno il presidente Mattarella in condizione di individuare questo “governo di tregua”, gli altri partiti saranno stati i traditori del popolo”, ha dichiarato il leader del Movimento 5Stelle, conversando con i cronisti in Transatlantico.
Matteo Salvini lancia invece una controproposta: “Se di governo tecnico, di scopo o istituzionale, l’incarico va dato partendo da chi ha vinto le elezioni, escludo qualsiasi tecnico alla Monti. E ribadisco l’invito a M5S come fare insieme un governo a tempo per fare poche cose e bene”. Un nuovo invito che però non scioglie “il nodo Berlusconi”.
In ogni caso a dirigere le operazioni che portano al voto non sarà né Matteo Salvini nè Luigi Di Maio che, salvo impensabili ripensamenti dell’ultima ora, hanno sprecato due mesi e fallito la ricerca di un’intesa che portasse alla formazione di una maggioranza e di un governo in grado di avviare la legislatura.
Una mano al Colle per il governo di tregua viene dalla pace tra le correnti nel Pd che, nella Direzione di ieri, ha escluso di poter appoggiare qualunque governo guidato da Salvini o da Di Maio, ma si è detto pronto ad accompagnare gli sforzi del Presidente della Repubblica per far uscire la crisi politica dall’impasse.
I nomi dei possibili candidati a Palazzo Chigi sono tanti – dal giurista Sabino Cassese ai personaggi di vertice della Banca d’Italia o agli ex presidenti della Corte Costituzionale – ma la verità è che il Quirinale non ha ancora deciso. Però Mattarella ha ben chiaro quale debba essere il profilo del nuovo presidente del Consiglio: un uomo super partes, esperto di conti pubblici e di istituzioni e con una forte vocazione europeista.
L’obiettivo principale del nuovo governo sarà quello di definire e far approvare la nuova manovra economica per mettere in sicurezza i conti pubblici ed evitare che scatti l’aumento dell’Iva nel 2019, ma anche quello di rappresentare dignitosamente l’Italia agli imminenti appuntamenti europei.
Allo stato, non pare che nell’agenda del nuovo governo ci debba essere la riforma elettorale, salvo che le forze politiche non si muovano autonomamente ma ciò richiederebbe tempo.