Con una rotta tortuosa, fra tempeste e ricorrenti rischi di naufragio, il vascello del Parlamento ha doppiato con successo il capo del Quirinale. L’approdo raccoglie un diffuso consenso, non solo in Italia. Il rinnovato mandato al Presidente Mattarella dà una scossa positiva alla politica italiana e consente di sperare che l’ultimo anno di una legislatura tormentata possa produrre frutti positivi per il Paese.
Ma non sarà facile: per il Governo Draghi, che sia ancora in carica il Capo dello Stato che, avendo per primo colto l’esigenza di una compagine di unità nazionale, ne ha promosso la nascita, è senza dubbio un tonico. Tuttavia, i componenti del composito schieramento che lo sostiene in Parlamento saranno prevedibilmente portati a scaricare sull’Esecutivo pretese, delusioni, conflitti interni e regolamenti di conti con gli alleati, che i sei giorni di convulsa contesa per il Colle più alto hanno creato e/o esacerbato.
D’altro canto, incalzano le emergenze (sanitaria, economica e sociale). richiamate da Mattarella mentre esprimeva adesione e rispetto per il voto del Parlamento. E sull’orizzonte internazionale si addensano nubi pesanti. Ciò impone al Governo scelte che dovranno essere tempestive ma non saranno agevoli, anche tenendo conto di un fattore: il mutamento degli indirizzi di politica monetaria che la corsa dell’inflazione sta già producendo negli Stati Uniti e, pur se in forma più limitata, causerà, a seguire, nell’Eurozona.
Una matassa davvero difficile da sbrogliare. Tuttavia, la sfida per il Quirinale ha logorato le leadership di quasi tutte le forze politiche e ha innescato divisioni interne in alcuni casi laceranti. Ne deriva che il Presidente del Consiglio oggi è più forte e dispone di maggiori possibilità di imporre un andamento più incisivo e spedito all’azione di governo, rispetto a quanto accaduto negli ultimi mesi.
Basterà? Difficile dare una risposta se due incognite non assumono in tempi brevi contorni più definiti. La prima riguarda l’andamento dei processi politici interni in atto nella Lega e nel Movimento 5 Stelle che, durante i giorni del Quirinale, hanno registrato le maggiori scosse politiche.
Per la Lega va considerato che il suo leader ha dovuto affrontare una scelta impegnativa: quella di salvaguardare la presenza nella maggioranza di governo o il rapporto con Fratelli d’Italia. Alla fine, ha prevalso la prima opzione, il che sembrerebbe indicare che nel tessuto della Lega, e soprattutto nelle realtà del Nord, va guadagnando terreno un approccio maggiormente vicino, agli indirizzi politico-programmatici del Governo Draghi. Il che, nel caso, sarebbe positivo.
Invece nel Movimento 5 Stelle la tensione fra il capo politico, l’ex- premier Giuseppe Conte, e una consistente area parlamentare legata al ministro degli Esteri Di Maio è diventata tanto evidente da non escludere l’ipotesi di una rottura con contraccolpi, in questo caso, meno prevedibili.
La seconda incognita è relativa al destino della legge elettorale, che, negli ultimi giorni, è tornata in rilievo nel dibattito politico con una spinta verso un ritorno al proporzionale che si è fatta più pressante. Si tratta di una questione che investe, in definitiva, più che il Governo, la responsabilità delle forze politiche. Ma l’onda lunga di eventuali contrasti fra queste ultime, sul merito del provvedimento da adottare, potrebbe riflettersi in ulteriori difficoltà per la vita dell’Esecutivo.
La rielezione del Presidente Mattarella – del quale sarà importante ascoltare il messaggio alle Camere il prossimo giovedì – è un netto segnale in favore della stabilità. Ma lo spettacolo caotico andato in scena nei giorni scorsi impone di non dare nulla per scontato.