Il future sul greggio Wti, punto di riferimento del mercato nordamericano, si è riportato in alto, sfiorando la soglia del 100 dollari al barile, il massimo da metà gennaio, prima di ritornare sotto quota 99 $. E il contratto sul Brent a Londra ha brevemente toccato il picco di 117 dollari, un livello mai visto dalla fine del luglio scorso.
Non è colpa solo del gelo in Europa e della conseguente parziale paralisi che ha colpito le forniture di gas naturale. E nemmeno degli spiragli intravisti nella crisi greca, né dell’indebolimento appena accusato dal dollaro rispetto all’euro.
Il terreno favorevole ai rincari può contare su un paio di elementi diversi. Il primo e più evidente è la tensione sempre acuta che distingue i rapporti dell’Occidente con l’Iran, il secondo paese esportatore dell’Opec, alle spalle dell’Arabia Saudita. La virtuale assenza di petrolio iraniano sul mercato europeo offre un solido sostegno al Brent, mentre il greggio di Teheran prende altre vie: la cinese Unipec ha noleggiato una superpetroliera, la Takamine, capace di trasportare 265mila tonnellate di petrolio, per fare carico al terminale iraniano di Kharg Island. Un contratto che non pare destinato a rimanere isolato.
Quanto al West Texas Intermediate, il rincaro degli ultimi due giorni si deve alle statistiche settimanali sugli stock commerciali negli Stati Uniti, che secondo i dati del Dipartimento dell’Energia denunciano un modesto aumento del greggio e secondo l’American Petroleum Institute addirittura un consistente e inatteso calo.
A tenere alto il divario tra le quotazioni del Brent e quelle del Wti restano comunque due fattori importanti, che agiscono da freno per i prezzi del benchmark americano. Uno è il consueto intasamento del terminale di Cushing, l’hub dell’Oklahoma che è unico punto di consegna per il Nymex, la borsa merci in cui si scambiano i future sul Wti.
L’altro fattore è il rallentamento della domanda americana di benzina e, di conseguenza, di petrolio. Nel suo ultimo rapporto, il Dipartimento dell’Energia ha infatti sottolineato che nel trimestre in corso la domanda americana di greggio calerà del 2,1% rispetto allo stesso periodo del 2011, a 18,69 milioni di barili al giorno, il livello più basso degli ultimi 14 anni. Sarà un freno ai rincari, certo, ma forse piuttosto blando, se si considera che proprio il Dipartimento prevede che il prezzo medio del Wti quest’anno si collocherà comunque sopra la soglia dei 100 dollari al barile, esattamente a 100,40.