Da aprile 2020 a dicembre 2021, sui mercati globali, i prezzi delle materie prime sono decollati. La tendenza coinvolge sia le commodity energetiche, sia quelle agricole e industriali: il balzo più spettacolare è stato senza dubbio quello del gas naturale, aumentato addirittura del 1.692%, ma anche l’olio di soia ha più raddoppiato il proprio valore (+108%), mentre il rame ci è andato vicino (+89%).
Le cause dei rincari delle materie prime
Come si spiega una dinamica del genere? Secondo uno studio di Cassa Depositi e Prestiti dal titolo “Cosa succede alle materie prime?”, le ragioni vanno ricercate n quattro ordini di fattori: congiunturali, strutturali, geopolitici e speculativi.
1) Cause congiunturali
Sul primo fronte, lo studio sottolinea in particolar modo il disallineamento molto marcato fra domanda e offerta. Tuttavia, hanno inciso in modo più che significativo anche i tagli alla produzione del petrolio da parte dei Paesi OPEC+, oltre alle condizioni climatiche estreme che si sono registrate in più parti del pianeta.
2) Cause strutturali
Nel secondo gruppo di cause individuate dagli analisti di Cdp rientra il forte incremento della domanda delle commodities necessarie per il raggiungimento degli obiettivi connessi alla transizione ecologica.
3) Cause geopolitiche
Sul versante della geopolitica, svolgono un ruolo decisivo pochi attori (come Usa, Russia e Arabia Saudita), nonché il verificarsi di alcuni eventi destabilizzanti che hanno rallentato le catene di fornitura globali.
4) Cause speculative
Infine, va tenuto conto che molte commodity sono dei veri e propri asset finanziari e che, in questa fase, la speculazione ha amplificato le pressioni al rialzo sui loro prezzi.
La dipendenza energetica dell’Europa
I rincari di tutte le materie prime hanno un peso determinante sull’andamento dell’economia europea. Nel Vecchio Continente, infatti, la fornitura di gran parte delle materie prime più importanti – dal rame al nickel, passando per litio, cobalto e manganese – è soddisfatta da Paesi terzi. Basti pensare che oltre il 98% delle terre rare arriva dalla Cina, mentre l’87% del litio è australiano e il 71% del platino ha origine sudafricana. In Italia, la produzione di gas è ai minimi dal 1954 e oltre il 45% del nostro fabbisogno è coperto dalle forniture russe. È per questo che l’inizio di un nuovo conflitto in Ucraina sarebbe un disastro sotto il profilo energetico: se la Nato inasprisse le sanzioni contro la Russia, Mosca reagirebbe di sicuro chiudendo i rubinetti del gas, con conseguenze disastrose per la ripresa delle economie europee in generale e italiana in particolare.
Puntare sulla diversificazione delle materie prime
Gli studiosi della Cdp rimarcano quindi che l’Europa dovrebbe ridurre la propria dipendenza energetica attraverso una serie di interventi: “investire in innovazione, diversificare le forniture da Paesi terzi e rafforzare l’uso circolare delle risorse, al fine di garantire un approvvigionamento sicuro e resiliente delle materie prime”. In particolare, l’Italia ha già un vantaggio competitivo, essendo il Paese europeo con la più alta percentuale di riciclo sulla totalità dei rifiuti raccolti.