Tutto avrebbe potuto immaginare Giorgio d’Antiochia, Ammiraglio greco siriaco di rito ortodosso presso il re Normanno Ruggero II, quando, nel 1143 fece edificare, in quel di Palermo, la chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio, che la sua dedica devozionale sarebbe stata sopravanzata, nei secoli, dal nome di un monastero edificato cinquant’anni dopo, nel 1194, nell’area attigua alla chiesa da Eloisa Martorana nobildonna palermitana. Il monastero, fondato per le “nobili signore dell’ordine di San Benedetto”, chiamate sull’inizio “nobili signore di Santa Maria dell’Ammiraglio”, (monache di clausura sulle quali fiorirono numerose dicerie per via di un camminamento sotterraneo che sbucava su un terrazzo nel cuore della città, su Piazza Vigliena) ben presto estese la sua denominazione anche alla Chiesa voluta da Giorgio d’Antiochia, e la Chiesa divenne così La Martorana.
E non è solo questo. Perché né Giorgio d’Antiochia né tantomeno la nobildonna Eloisa avrebbero potuto mai immaginare che i loro edifici religiosi avrebbero legato il loro nome in futuro non a riti sacri, celebrazioni eucaristiche, feste devozionali, bensì ad una prelibatezza dolciaria la cui fama – chiedendo perdono a Dio, alla Madonna e a tutti i santi per l’affermazione – li avrebbe sopravanzati di gran lunga nella cultura popolare.
Il motivo? L’enorme successo che la “Pasta Riali di mennule” ( Pasta reale di mandorla) una variopinta specialità dolciaria tipica di queste parti, più comunemente chiamata, appunto, Pasta di Martorana riscontrò non solo fra i clienti del monastero ma in tutta Palermo e poi in tutta Italia.
Il giardino era spoglio e le suorine provvidero…
Tradizione vuole che nel giugno del 1537 Carlo V abbia visitato il giardino del monastero – ma altra voce popolare parla del Vescovo o del Papa in persona – che, come era usanza dell’epoca, tramandata fino ai giorni nostri, era ricco di alberi di aranci. Ma, in quella stagione, privi di frutti. Le “nobili signore” non si persero d’animo, si ingegnarono per conferire bellezza e grazia al proprio giardino, e per sopperire alla mancanza di frutta naturale pensarono bene di realizzare dei frutti variopinti – e verosimili alla vista – con la pasta di mandorle. Fu così che gli alberi d’aranci per la visita del papa o del re – ognuno può scegliere la versione che più gli aggrada, risultarono carichi di tutte le frutta immaginabili e possibili, arance, mandarini, fragole, noci, castagne, datteri, banane, ( le suorine già che c’erano pensarono bene di sbizzarrire la propria fantasia) rendendo quel giardino un Eden delle meraviglie.
La cosa fece un tale effetto che le suorine pensarono bene a quel punto di trasformare quell’omaggio reverente all’autorità in una florida attività commerciale. E i golosi dolcetti finirono presto sulle tavole non solo dei palermitani.
Attività che ebbe fine, per le “nobili signore di Santa Maria dell’Ammiraglio”, nel 1866 allorché le corporazioni religiose vennero soppresse. A quel punto si fecero avanti i pasticceri cittadini che pensarono bene di continuare la tradizione di quei fruttini colorati che, erano arrivati nel frattempo sulle tavole della corte reale per cui gli squisiti dolci di mandorla vennero nominati Pasta reale.
Buoni per la ricorrenza dei defunti e per le feste di Natale
I frutti di Martorana, oramai definitivamente chiamati così da tutti, sono entrati di peso nella tradizione della vita dei siciliani. Non tutti sanno che questi deliziosi dolci sono collegati in Sicilia alla ricorrenza del 2 novembre ovvero alle festività dei defunti. A Palermo e a Catania soprattutto le scuole, per l’occasione, chiudono due giorni. Seguendo un’antica tradizione che si collega ai banchetti per i defunti che si tenevano un po’ in tutta l’area mediterranea, come è testimoniato da pitture rinvenute nelle tombe etrusche del Lazio e della Toscana, si organizza la “Fiera dei morti” in pieno centro. Una tradizione che ha una doppia valenza: offerta di cibo alle anime dei defunti – come nella tradizione funeraria etrusco-greco-romana ma soprattutto offerta simbolica per instillare loro il principio che la morte non deve essere concepita come evento tragico della vita ma solamente come un passaggio naturale e sereno nell’altro mondo e conseguentemente invitarli al rispetto per i defunti.
Ben altro significato assumono i frutti di Martorana nelle festività di Natale e Capodanno non solo in Sicilia ma sulle tavole degli italiani dove esprimono allegria con il loro variopinto mondo di dolcezze. E di questi tempi è frequente vedere questi frutti come raffinato completamento delle tavole natalizie che appaiono nei negozi di Dolce e Gabbana nel mondo.
Epperò, a dire il vero, se la leggenda di cui si è detto prima è tutta siciliana, secondo alcuni studiosi di tradizioni gastronomiche l’origine della Martorana non sarebbe proprio isolana. Secondo alcune tesi l’idea originaria di realizzare dei frutti variopinti con un impasto di mandorle e zucchero si sarebbe concretizzata inizialmente in Calabria dove questo straordinario dolce assume la denominazione di morticeddi, ovvero morticelli, nome che si fa risalire al fatto che i piccoli frutti di pasta reale somiglierebbero alla frutta finta rinvenuta nelle antiche tombe. Alcuni reperti si possono vedere al Museo Nazionale della Magna Grecia che si trova a Reggio Calabria, lo stesso che ospita i meravigliosi Bronzi di Riace. Qui infatti sono conservate le formine in terracotta, rinvenute nelle sepolture della città greca, che hanno la forma di piccolo frutti colorati. Secondo una tradizione della Magna Grecia si usava infatti portare nelle sepolture dei parenti frutti di terracotta affinché ai defunti non mancasse mai la vista di quello che avevano goduto in vita.
Ciò non toglie nulla comunque al fatto che la Martorana abbia avuto la massima diffusione e visibilità in Sicilia.
La base della Martorana è composta da farina di mandorle e miele ed è un prodotto inserito nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani P.A.T. del Ministero delle politiche agricole alimentari e Forestali ed è riconosciuto come Prodotto Agroalimentare Tradizionale siciliano.
Attenzione però a non confondere la Martorana con il Marzapane che invece è molto più dolce. Quest’ultimo è realizzato con pasta di mandorle amalgamata con albume d’uovo ad uovo e zucchero. Il nome deriva da Marci Panis ovvero Pane di San Marco e risale ai veneziani che addirittura lo esportavano nell’Europa settentrionale in forma di pani contrassegnati con il leone di San Marco.
Tornando alla Martorana un indirizzo sicuro per rifornirsi di questa eccellenza siciliana è la storica Pasticceria Cappello a Palermo. Una lunga tradizione familiare nell’arte del dolce cominciata nel 1940 in Via Colonna Rotta e oggi portata avanti da Salvatore Cappello con tutto l’onore e l’onere di tenere alta la tradizione di famiglia. Per conoscere la storia della Pasticceria Cappello bisogna compiere qualche passo indietro negli anni. Il capostipite, Bartolomeo, era nato nel 1887 a Boccadifalco, frazione di Palermo, dove aveva avviato una piccola attività di allevatore per la produzione del latte. A causa di una diatriba nata per la vendita di una pecora sul cui prezzo si era testardamente impuntato venne, da giovane, soprannominato “Bartolo tre lire”.
Poco dopo l’inizio della 2° guerra mondiale, insieme alla moglie Provvidenza ed al figlio Giovanni, si trasferì a Palermo aprendo nel 1944 una latteria visti i bisogni primari post bellici. Fino al 1960 la latteria continuò la sua attività unitamente a quella di piccolo bar per la mescita di caffè e cappuccini, e in estate, di produzione artigianale di gelato sotto la direzione della nonna Assunta coadiuvata dal figlio più grande Bartolomeo junior e dal piccolo Salvatore. Ma è proprio lo zio di Salvatore, Giuseppe Ferruggia, che consigliò al nipote di avviare un’attività di piccola pasticceria insegnandogli la preparazione dei notissimi “cannoli siciliani”, del “buccellato” e delle “genovesi”.
Salvatore si innamora così del suo mestiere. Diventa un esperto. Maestro Cioccolatiere, Maestro Pasticciere, inventa nuovi dolci, li crea come fossero opere d’arte, viene invitato più volte in tv. La Pasticceria Cappello è inserita tra le pasticcerie italiane “storiche” di Panorama, nella guida “L’Italia dei dolci” del Touring Club Italiano dell’Eurochocolate e della Confederazione Nazionale dell’Artigianato e, inoltre, è dal 2003 nelle guide “Bar d’Italia” e “Pasticcerie d’Italia” del Gambero Rosso, oltre far parte dal 1997 dell’Accademia Maestri Pasticceri d’Italia.
Giovanni junior, figlio di Salvatore, diventa anche lui un “piccolo maestro pasticciere”, partecipa a concorsi internazionali e si sforza di raggiungere il papà guardando con un sorriso la foto, del bisnonno “zìu Bartolo tre lire”. Ed ecco a seguire la ricetta che Salvatore Cappello in vista delle feste natalizie regala ai lettori di First&Food per realizzare i dolci in casa, nelle due versioni, metodo a freddo e metodo a caldo.
Pasticceria Cappello
Via Colonna Rotta, 68,
Telefono 091 489601
Via Nicolò Garzilli, 19
90134 Palermo PA
Telefono 091 611 3769
RICETTA DELLA MARTORANA NELLE DUE VERSIONI
Metodo a freddo
Ingredienti:
500 gr di polvere di Mandorle
500 gr di Zucchero impalpabile
50 gr di Miele
Acqua q.b.
Procedimento:
Impastare la polvere di mandorle, lo zucchero e il miele. Se la massa dovesse risultare troppo dura e asciutta aggiungere un po’ d’acqua.
Metodo a caldo
Ingredienti:
500 gr di polvere di Mandorle
10 gr di polvere di Mandorle amare
600 gr di Zucchero semolato
200 gr di Acqua
100 gr di Glucosio
400 gr circa di Zucchero impalpabile
Procedimento:
Portare ad ebollizione l’acqua, lo zucchero semolato e il glucosio e far cuocere per 5-6 minuti. Versare sulle polveri di mandorle ed impastare. Asciugare aggiungendo lo zucchero impalpabile.
Modellare la frutta di martorana sbizzarrendo la propria fantasia, utilizzando gli appositi stampini in gesso oppure semplicemente con le mani. In questa fase è necessario l’utilizzo di amido di mais per non far attaccare la martorana alle mani e agli stampini.
Far riposare la frutta di martorana per un giorno.
Per colorare la frutta di martorana servono: pennelli di varie dimensioni, colori alimentari idrosolubili e alcool puro miscelato ad acqua al 50%.
Spolverare la frutta per togliere l’amido in eccesso. Passare con il colore giallo chiarissimo (molto diluito) e lasciare asciugare. Colorare i frutti e lasciare asciugare.
Se si desidera, su alcuni frutti come ad esempio i mandarini, si può passare la gomma lacca liquida per alimenti per renderli lucidi. Su altri frutti come le mandorle o le albicocche passare con un batuffolo di cotone appena appena impregnato di zucchero a velo non igroscopico o di amido.