Secondo i dati preliminari pubblicati dal Centro Studi Intesa Sanpaolo, nel 2014 la crescita del PIL del Marocco ha frenato al 2,6% dal 4,4% dell’anno precedente, a seguito del calo della produzione agricola (-1,8%), laddove le condizioni climatiche meno favorevoli hanno determinato un significativo calo del raccolto di cereali. In particolare, il raccolto di frumento è sceso a 6,7 milioni di tonnellate da 9,7 mln.
La dinamica del PIL non-agricolo ha invece accelerato al 3,4%, dal 2,8%, con la spinta dell’attività di estrazione (si veda la voce fosfati) cresciuta del 12,3% dopo tre anni consecutivi di calo, e dalla generazione di energia e raffinazione, aumentata del 3,6% dopo la contrazione (-0,4%) vista nel 2013 grazie alla produzione di energia termoelettrica. Senza dimenticare il comparto servizi, nello specifico trasporti (+4,3%) e comunicazioni (+6%). L’attività manifatturiera ha accelerato (+2% da +0,7%), pur registrando una dinamica inferiore al dato medio di crescita dell’intera economia.
Al buon andamento di trasformazione alimentare (+4,7%) e tessile (2,5%) ha fatto riscontro un calo del 4,9% della raffinazione e del 2,6% delle auto. Il 2014 ha visto infine una frenata dell’attività di costruzione (+0,4% da +1,2%), causata principalmente dal rallentamento dello sviluppo immobiliare privato. La debolezza dei redditi agricoli, in uno scenario che impegna circa il 40% della forza lavoro, ha pesato sui consumi, che hanno riportato una crescita stimata a poco più del 2% rispetto a +3,7% nel 2013, nonostante il buon andamento delle rimesse. Gli investimenti fissi lordi, aumentati di un modesto 0,8%, hanno risentito del completamento negli anni scorsi di alcuni impianti industriali (auto e aereonautici) e della frenata del residenziale.
Nonostante questo, le esportazioni, cresciute del 6,1%, hanno registrato la miglior performance dal 2010, spinte dalla domanda proveniente dai mercati del Golfo. I flussi commerciali in uscita sono attesi beneficiare della ripresa della congiuntura in Europa, della diversificazione del commercio, perseguita anche grazie a importanti investimenti produttivi stranieri nel settore automobilistico e nell’avionica, e dello sviluppo degli scambi verso il Medio Oriente e l’Africa, dopo il potenziamento del porto di Tangeri, importante hub del commercio tra Africa e Europa.
Come riportato da Intesa Sanpaolo, si prevede nel 2015 un aumento reale del PIL del 4,4%, con la produzione agricola attesa crescere del 3,9% in termini reali, mentre la produzione non-agricola dovrebbe accelerare al 4,4%, dal 3,4% nel 2014. Il peso rilevante nell’economia dell’agricoltura, fortemente soggetta ad eventi climatici, rende le previsioni di crescita nel medio/lungo periodo assai aleatorie. Il tasso medio d’inflazione è sceso allo 0,4% nel 2014 dall’1,9% nel 2013, con il tasso tendenziale che tuttavia registrato una contenuta accelerazione nei mesi finali del 2014 e ad inizio 2015, spinto dall’aumento dei prezzi di alcuni prodotti alimentari dovuto al calo dei raccolti e dei costi di trasporto, a seguito dell’eliminazione dei sussidi sugli idrocarburi.
L’inflazione media è prevista dalla Banca Centrale salire all’1,2% nel corso di quest’anno. E sebbene il peso del settore agricolo resti rilevante (17% del PIL), l’economia del Marocco ha raggiunto un discreto grado di diversificazione grazie agli investimenti fatti in servizi turistici, edile, minerario, manifatturiero e alle riforme che hanno favorito l’iniziativa privata. Nell’ultimo decennio il tasso di crescita medio del PIL ha permesso di far scendere il tasso di disoccupazione dal 13,4% nel 2000 al 9,2% nel 2013. Tuttavia, il Paese ospita ancora vaste aree di sottosviluppo nelle campagne e nelle periferie delle grandi città, con focolai di tensioni sociali. Le infrastrutture, nello specifico reti dei trasporti, generazione di energia e telecomunicazioni, sono ancora insufficienti.
Il Marocco registra un ampio deficit corrente della Bilancia dei Pagamenti stimato a 6,5% del PIL nel 2014, dovuto alla parte commerciale e solo in parte bilanciato dalle rimesse dei lavoratori emigrati (8,1% del PIL nel 2013) e dai flussi dovuti al turismo (6,7% del PIL). Il Paese ha rapporti molto stretti con i mercati UE, da cui proviene quasi il 90% delle rimesse dei lavoratori emigrati, oltre il 90% dei proventi del turismo, l’80% del flusso di IDE (pari al 4,3% del PIL nel 2013) e oltre il 60% delle esportazioni.
L’inflazione contenuta e la frenata dell’economia hanno indotto la Banca Centrale ad agire sulla leva monetaria. Il tasso di riferimento, che era fermo dal 2012, è stato tagliato in due riprese nei mesi finali dello scorso anno per complessivi 50 punti base al 2,50%. L’Autorità Monetaria ha inoltre tagliato il coefficiente di riserva obbligatoria dal 4% al 2%. Il dirham marocchino segue un regime di fluttuazione controllata verso un paniere di valute in cui l’euro pesa per l’80% e il dollaro per il 20%. Di recente la Banca Centrale ha però espresso l’intenzione di passare ad un regime di cambio più flessibile entro tre anni. Nonostante la congiuntura economica meno favorevole, nel 2014 il deficit pubblico è sceso al 5% del PIL, dal 5,4% dell’anno precedente. La spesa per sussidi è prevista scendere quest’anno al 2,6% del PIL, a seguito della eliminazione a partire da inizio 2015 di tutti i sussidi sugli idrocarburi. Questo provvedimento, unito alla riforma fiscale che prevede la semplificazione dell’IVA e al controllo della spesa per salari attraverso il blocco del turnover, nell’obiettivo del Governo dovrebbe portare ad un deficit pari al 4,3% del PIL, avvicinando ulteriormente l’obiettivo di lungo termine concordato con il FMI (deficit pari al 3% del PIL nel 2017).
La bilancia dei pagamenti del Marocco registra un deficit corrente strutturale stimato al 6,5% del PIL nel 2014 (in calo dall’8,3% dell’anno precedente) determinato dall’elevato disavanzo commerciale (stimato vicino al 20% del PIL nel 2014, per la metà dovuto all’energia), solo in parte bilanciato dai surplus del conto servizi e trasferimenti. La parte finanziaria riporta invece un ampio avanzo, superiore in valore assoluto al deficit di conto corrente, grazie a IDE, prestiti e aiuti da Paesi amici. Lo scorso anno il Marocco ha raccolto 2,5 miliardi con emissioni di Eurobond (1 miliardo lo Stato, 1,5 miliardi la Compagnia dei Fosfati). Nel 2015, nell’ipotesi di un prezzo medio del petrolio attorno a 55 dollari al barile, si stima un risparmio energetico superiore ai 5 miliardi di dollari (4% del PIL) e, ceteris paribus, una diminuzione di pari ammontare del deficit commerciale e di quello corrente.
A fine 2014 le riserve valutarie ammontavano a 18,6 miliardi di dollari, in aumento rispetto a 17,9 mld. Il dato delle riserve si confronta con un fabbisogno finanziario estero nel 2015 stimato da EIU pari a 15,8 mld per un reserve cover ratio misurato sullo stock di riserve a fine 2014 di 1,2. Nel luglio scorso il FMI ha concesso al Marocco il rinnovo per altri due anni di una linea di credito precauzionale (PLL) di ammontare pari a 5,1 mld. Questo finanziamento viene concesso a Paesi che, pur avendo buoni fondamentali, si trovano a dover far fronte a un temporaneo deterioramento dei conti pubblici e/o della bilancia dei pagamenti a causa di shock esterni. Ad oggi, il Marocco non ha ancora utilizzato questa linea, nonostante la posizione finanziaria netta esterna ammonti al 61% del PIL a settembre 2014 e il debito estero pari al 43% del PIL a fine 2014.
Nonostante i miglioramenti, persistono tuttavia diversi elementi di debolezza, come una produzione manifatturiera fortemente orientata verso settori ad alta intensità di lavoro, dunque sottoposta alle pressioni competitive sui mercati internazionali, e un’eccessiva dipendenza da un settore primario ancora poco meccanizzato e soggetto alla variabilità delle condizioni climatiche. A questo si aggiungono la condizione di povertà in cui si trova una quota considerevole della popolazione e un tasso di crescita insufficiente ad assorbire la disoccupazione. Nonostante la relativa stabilità politica interna, le tensioni politiche nella regione medio-orientale rappresentano un freno per i flussi dall’estero, soprattutto IDE e turismo. Il Marocco è, con Israele, l’unico Paese del Sud Mediterraneo il cui debito sovrano in valuta è considerato investment grade per S&P e Fitch (BBB-) e appena sotto l’investment grade per Moody’s (Ba1). Questa valutazione è sostenuta dal livello adeguato delle riserve valutarie in relazione al fabbisogno esterno e dagli sforzi fatti di recente dal Governo, sotto la spinta del FMI, sulla strada del consolidamento fiscale e delle riforme, su tutte la riduzione dei sussidi. La discesa del prezzo del petrolio, oltre a migliorare la posizione esterna del Paese, si prevede possa aiutare a ridurre l’impatto sull’economia dell’eliminazione dei sussidi sugli idrocarburi.